Mancano infermieri e operatori sanitari mentre le residenze assistenziali costano sempre di più per colpa dei rincari e la burocrazia ostacola i nuovi accreditamenti.
Mancano infermieri e operatori sanitari mentre le residenze assistenziali costano sempre di più per colpa dei rincari e la burocrazia ostacola i nuovi accreditamenti.Il sistema delle Rsa si sta sgretolando tra mancanza di personale, esplosione dei costi e la burocrazia che rallenta gli accreditamenti di nuove strutture. Secondo il rapporto Osservatorio long term care di Cergas Bocconi-Essity, che ha coinvolto e 24 Rsa in tutto il Paese, mancano all’appello il 26% degli infermieri, il 13% degli operatori sanitari e il 18% dei medici a causa della carenza strutturale di figure dedicate e di una rivalità tra settore sanitario e sociosanitario nell’attrarre nuove leve. E quelle che ci sono non bastano per assistere i circa 4 milioni di italiani non più autosufficienti. Questo rischia di compromettere i servizi offerti. La Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche ha stimato che il fabbisogno di infermieri è di circa 65.000 unità. Attualmente queste figure professionali iscritte agli ordini sono 460.000, di cui il 60% impiegati nel Sistema sanitario nazionale, 50.000 svolgono ibera professione e altri 100.000 lavorano nel privato e privato convenzionato. Un infermiere ha uno stipendio variabile in base all’età, all’esperienza e all’indennità, ma compreso tra 1.400 e 1.700 euro al mese. Il punto dolente è l’assenza di un percorso di carriera. Un giovane appena terminati i tre anni di università trova subito lavoro, ma le possibilità di carriera e guadagno sono molto limitate.Nelle case di riposo, solo in Lombardia mancano qualche migliaio di infermieri. Le assunzioni aperte dalle strutture ospedaliere (che pure lamentano carenza di personale) hanno contribuito a sottrarre queste figure professionali alle Rsa, anche perché i contratti pubblici sono più appetibili. C’è poi il tema dei costi. Le rette per i posti convenzionati sono per il 40% coperte dalle Regioni, mentre il resto è a carico delle famiglie. Per adeguare la spesa almeno agli aumenti legati al caro bollette e all’inflazione, servirebbe un incremento dall’8% al 10%. Senza un intervento strutturato pubblico, le Rsa devono tagliare le spese riducendo gli investimenti, ricorrendo agli ammortizzatori sociali, riorganizzando i servizi e chiedendo prestiti alle banche. L’alternativa è aumentare le quote a carico delle famiglie, strada che la maggior parte degli enti vorrebbe scongiurare. A causa del caro energia in numerose strutture ci sono stati aumenti delle rette fino a 1.400 euro l’anno. Un onere che ricade su famiglie già alle prese con l’inflazione. Un altro problema che assilla il settore è rappresentato dalle procedure cavillose per concedere gli accreditamenti alle nuove strutture. Un caso recente è quello del centro geriatrico San Raffaele di Matera, di nuova costruzione, che potrebbe ospitare centinaia di persone e dare lavoro a tanti professionisti sanitari, Infermieri, fisioterapisti. Non può operare a pieno regime perché la Regione Basilicata non concede l’accreditamento. La Fials Matera (la Federazione autonomie locali) aveva proposto per evitare l’ingolfamento degli ospedali di dislocare i reparti di geriatria nelle Rsa. I ritardi nella concessione degli accreditamenti a nuove strutture è un problema comune a molte Regioni soprattutto nel Mezzogiorno, sicché si finisce per scaricare sulle famiglie l’onere dell’assistenza.
Francesco Zambon (Getty Images)
Audito dalla commissione Covid Zambon, ex funzionario dell’agenzia Onu. Dalle email prodotte emerge come il suo rapporto, critico sulle misure italiane, sia stato censurato per volontà politica, onde evitare di perdere fondi per la sede veneziana dell’Organizzazione.
Riavvolgere il nastro e rivedere il film della pandemia a ritroso può essere molto doloroso. Soprattutto se si passano al setaccio i documenti esplosivi portati ieri in commissione Covid da Francesco Zambon, oggi dirigente medico e, ai tempi tragici della pandemia, ufficiale tecnico dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Di tutte le clamorose notizie diffusamente documentate in audizione, ne balzano agli occhi due: la prima è che, mentre gli italiani morivano in casa con il paracetamolo o negli ospedali nonostante i ventilatori, il governo dell’epoca guidato da Giuseppe Conte (M5s) e il ministro della salute Roberto Speranza (Pd) trovavano il tempo di preoccuparsi che la reputazione del governo, messa in cattiva luce da un rapporto redatto da Zambon, non venisse offuscata, al punto che ne ottennero il ritiro. La seconda terribile evidenza è che la priorità dell’Oms in pandemia sembrava proprio quella di garantirsi i finanziamenti.
Quest’anno in Brasile doppio carnevale: oltre a quello di Rio, a Belém si terrà la Conferenza Onu sul clima Un evento che va avanti da 30 anni, malgrado le emissioni crescano e gli studi seri dicano che la crisi non esiste.
Due carnevali, quest’anno in Brasile: quello già festeggiato a Rio dei dieci giorni a cavallo tra febbraio e marzo, come sempre allietato dagli sfrenati balli di samba, e quello - anch’esso di dieci giorni - di questo novembre, allietato dagli sfrenati balli dei bamba che si recheranno a Belém, attraversata dall’equatore, per partecipare alla Cop30, la conferenza planetaria che si propone di salvarci dal riscaldamento del clima.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Il 9 novembre 1971 si consumò il più grave incidente aereo per le forze armate italiane. Morirono 46 giovani parà della «Folgore». Oggi sono stati ricordati con una cerimonia indetta dall'Esercito.
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Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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Teresa Ribera (Ansa)
Il capo del Mef: «All’Ecofin faremo la guerra sulla tassazione del gas naturale». Appello congiunto di Confindustria con le omologhe di Francia e Germania.
Chiusa l’intesa al Consiglio europeo dell’Ambiente, resta il tempo per i bilanci. Il dato oggettivo è che la lentezza della macchina burocratica europea non riesce in alcun modo a stare al passo con i competitor mondiali.
Chiarissimo il concetto espresso dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: «Vorrei chiarire il criterio ispiratore di questo tipo di politica, partendo dal presupposto che noi non siamo una grande potenza, e non abbiamo nemmeno la bacchetta magica per dire alla Ue cosa fare in termini di politica industriale. Ritengo, ad esempio, che sulla politica commerciale, se stiamo ad aspettare cosa accade nel globo, l’industria in Europa nel giro di cinque anni rischia di scomparire». L’intervento avviene in Aula, il contesto è la manovra di bilancio, ma il senso è chiaro. Le piccole conquiste ottenute nell’accordo sul clima non sono sufficienti e nei due anni che bisogna aspettare per la nuova revisione può succedere di tutto.










