2019-08-11
Le ammucchiate non portano mai bene a nessuno
La paura fa la forza, nel senso che unisce anche chi si detesta e fino a ieri non se le mandava a dire. Così, se i fedelissimi di Matteo Renzi prima di mercoledì erano pronti a giurare e spergiurare che mai si sarebbero alleati con i grillini, adesso che le elezioni si avvicinano, e il rischio di andare tutti a casa sostituiti da altri esponenti Pd scelti dal nuovo segretario si fa concreto, il no al Movimento 5 stelle è diventato un sì alla mozione contro Matteo Salvini e presto potrebbe diventare un sì anche alla legge per ridurre i parlamentari.Due modi come altri per allungare la legislatura e chiudere le finestre elettorali, facendo in modo che non si possa votare entro l'autunno e, grazie alla riforma del numero di onorevoli, neppure nel 2020, perché prima si devono rifare i collegi elettorali e magari rivedere la legge che regola le urne, correggendola in senso proporzionale. Oh, certo, Nicola Zingaretti dice che non esistono strade diverse dal voto e chiude la porta al governo di scopo, tipo quello elettorale di cui si è parlato. Ma il segretario del Pd è un comandante senza esercito, perché quello di cui in apparenza dispone sulla carta risponde a Renzi e non a lui. Del resto, è l'ex Rottamatore che il ha messi in lista ed è sempre lui, tramite Luca Lotti, che controlla la corrente parlamentare più numerosa. Dunque, se il senatore semplice di Scandicci, lo stesso che cercò di mantenere la poltrona di segretario per stoppare le trattative con i 5 stelle, cambia idea, presto la potrebbero cambiare anche numerosi parlamentari del Partito democratico, i quali dallo slogan «con i grillini non si governa» potrebbero passare a un «con i grillini non si governa, a meno che...».Quanto a loro, agli esponenti del Movimento, che in caso di elezioni secondo le simulazioni vedrebbero passare la truppa da 216 deputati a 122, per scendere, se il centrodestra fosse unito, addirittura a 88, ovviamente farebbero qualsiasi cosa pur di salvarsi, dunque anche allearsi con uno come Renzi e con i suoi fedelissimi. I modi per salvare le apparenze sono tanti. Basterebbe, per esempio, che si facesse un governo con l'appoggio esterno, ossia un monocolore grillino, con uno scopo ben preciso, ossia gestire l'ordinaria amministrazione e nel frattempo fare la riforma del numero di parlamentari, e il gioco sarebbe fatto. Così la legislatura potrebbe proseguire, almeno per un altro anno. I numeri sarebbero super risicati. Anzi, forse mancherebbero, ma qualche aiutino in corso d'opera si potrebbe trovare, magari imbarcando qualcuno di Forza Italia.Insomma, la paura fa la forza, anche di immaginare un super inciucio, con tutti dentro pur di fermare Salvini e la sua irresistibile ascesa. Certo, con i grillini, i resti del partito di Silvio Berlusconi e i seguaci di Renzi, il primo ostacolo sarebbe la manovra, che il trio dovrebbe intestarsi. Per quanto Bruxelles possa chiudere un occhio per aiutare la strana alleanza e tener lontano Salvini da Palazzo Chigi, alla fine le decisioni vanno prese e fuori, a fare opposizione battendo l'Italia in lungo e in largo, ci sarebbe il Capitano leghista, con il suo 38 per cento. Il rischio di salvare la poltrona per qualche mese, ma di regalare altri voti al capo leghista sarebbe altissimo, soprattutto perché l'uno contro tutti è proprio il gioco che al ministro dell'Interno riesce meglio. L'inciucione dunque è un grande azzardo, anche perché le ammucchiate non hanno mai portato bene a nessuno.È vero, in queste ore, pur di arrestare la marcia del Capitano leghista si passa in rassegna ogni ipotesi, comprese quelle più incredibili. È la forza della paura e, forse, della disperazione. Una cosa è certa. Tutto si deciderà in una settimana. Quella di Ferragosto. Se la mozione di sfiducia verrà calendarizzata senza giochi al rinvio, il destino di Giuseppe Conte sarà deciso, e insieme ad esso quello della legislatura. Diversamente, ne vedremo delle belle, ossia doppi salti carpiati per giustificare ciò che è impossibile giustificare. Nell'uno e nell'altro caso sarà un'estate - e soprattutto un autunno - da cardiopalmo. Prepariamoci.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Il Comune di Merano rappresentato dal sindaco Katharina Zeller ha reso omaggio ai particolari meriti letterari e culturali della poetessa, saggista e traduttrice Mary de Rachewiltz, conferendole la cittadinanza onoraria di Merano. La cerimonia si e' svolta al Pavillon des Fleurs alla presenza della centenaria, figlia di Ezra Pound.