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2022-03-08
Le 7 città italiane da visitare in metro
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Napoli
Quella di Napoli è la più antica del Paese: inaugurata nel 1925 per collegare il quartiere periferico di Bagnoli con Via Gianturco, tocca i punti principali del capoluogo campano. Nonostante sia la più vecchia d’età, la metropolitana napoletana è oggi la più moderna e artistica tra quelle italiane e vale la pena prenderla almeno una volta anche solo per questo.
Sono infatti fioccati diversi riconoscimenti, soprattutto per la famosa fermata Toledo, definita dal CNN la “stazione più impressionante d’Europa”. Progettata dall’architetto spagnolo Óscar Tusquets, è nota soprattutto per la Galleria del Mare, con i suoi mosaici a tema marino.
Ma la creatività con cui è stata allestita questa fermata si sviluppa su più livelli: mentre si sale per raggiungere la celeberrima via che le ha dato il nome, è possibile ammirare i mosaici di William Kentridge, l’opera “Men at work” (che omaggia gli operai che hanno lavorato alla costruzione della metropolitana) e “Razza umana”, opera fotografica di Oliviero Toscani. Ma anche “Engiadina”, mosaico in pietra e ceramica di Vietri a opera di Francesco Clemente (1952); “The Flying – Le tre finestre”, di Ilya ed Emilia Kabacov; “Il teatro è vita. La vita è teatro – Don’t ask where the love is gone”, 9 ritratti in bianco e nero dell’artista Shirin Neshat. Infine “Molten copper poured on the rim of the bay of Naples”, lettere in pvc su pannelli, create dall’artista Lawrence Weiner.
La fermata Toledo fa parte della linea 1, quella che collega il centro cittadino al Vomero. La linea 6, invece, corre in superficie e ha solo 4 stazioni.
Per cominciare a conoscere Napoli, suggeriamo di salire a bordo della prima, partendo proprio dalla zona della fermata Toledo: i Quartieri Spagnoli, Piazza del Plebiscito e tutte le vie del cuore pulsante della città.
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Dormire a Napoli
- LH51 B&B, Via Colonnello Carlo Lahalle 51: struttura nuovissima in posizione nevralgica;
- B&B May Dream, Corso Meridionale 39: camere molto curate a 10 minuti dalla stazione centrale.
Mangiare a Napoli
- Tandem Ragù, Via Giovanni Paladino 51: ottimo ragù in tutte le salse (è il caso di dirlo);
- È Pronto O Mangia’, Via Cesare Rosaroli 65: pesce fresco e ottime linguine al cartoccio;
- Trattoria Nannì, Via Tommaso Senise 2/3/4: piatti semplici, a partire dall’ottimo pane.
Roma

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Nella capitale venne costruita la seconda metropolitana in ordine di tempo: era il 1955 quando fu inaugurata la linea Termini - E42, oggi conosciuta come linea B.
Certo, Roma non può vantarsi della sua metropolitana: anche a causa dei reperti archeologici di cui i sotterranei sono colmi, le linee sono solo 3 e piuttosto vetuste, a esclusione di qualche treno.
La migliore (quanto a estetica, servizi e zone coperte) è la A: tra i capolinea di Anagnina e Battistini si stende la maggior parte delle bellezze romane, anche se il simbolo di Rom (il Colosseo) si trova esattamente di fronte all’omonima uscita della B. C’è poi la C, in verità più utile agli abitanti che non ai turisti, salvo alcune zone di interesse collettivo, come il quartiere Pigneto.
Snodo principale delle prime due linee è la stazione Termini, dov’è possibile fare il cambio dall’una all’altra. Se si vuole visitare l’immenso centro storico della Città Eterna, conviene dunque munirsi di biglietto giornaliero (e scarpe da ginnastica) e saltare da Piazza di Spagna a Piazza del Popolo (fermata Flaminio), da Colosseo a Circo Massimo. Consigliamo di dedicare una giornata alla linea A e una alla B, per massimizzare il tempo.
Dormire a Roma
- DNB House Hotel, Via Cavour 85/a: un posto accogliente situato nel caratteristico Rione Monti, tra la Stazione Termini e il Colosseo;
- Bloom Hotel Rome, Via Giuseppe Missori 19: hotel dall’arredamento molto originale, a due passi dal Vaticano.
Mangiare a Roma
- Il Salotto del Colosseo, Via di S. Giovanni in Laterano 42: molto buono anche il pesce;
- Contrario. Vineria con Cucina, Via Ostilia 22: pasta fatta in casa e buoni piatti di pesce;
- Bono Bottega Nostrana - Piazza di Spagna, Largo della Fontanella di Borghese 85: assolutamente da provare i panini.
Milano

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Milano è la terza in ordine di tempo: la metropolitana ha quasi 60 anni. La sua babele di linee, divise per colori (rossa, verde, gialla, lilla e blu), servono in maniera efficiente tutta la città.
Tale divisione è anche simbolica. Si può dire che la M1 (linea rossa) sia quella adibita ai luoghi di lavoro, collegando il Duomo alla Fiera di Milano. Il cuore della città è toccato invece dalla verde, dalla gialla e dalla lilla.
Se, per esempio, volete lustrarvi gli occhi in Via Montenapoleone, dovete prendere la gialla, che passa anche dal Duomo. Da qui (ossia dalla cattedrale dell’arcidiocesi milanese) è possibile raggiungere a piedi Galleria Vittorio Emanuele II, il Teatro alla Scala, Il Castello Sforzesco, Parco Sempione e altre centralissime zone, Navigli inclusi (se si ha ancora energia).
Dormire a Milano
- Rooms Milano Duomo, Passaggio degli Osii 1: stanze estremamente accoglienti a breve distanza dal Duomo;
- Combo Milano, Ripa di Porta Ticinese 83: un luogo di design ai Navigli.
Mangiare a Milano
- Vero Sapore Greco, Via delle Ore 2: ottimo ristorante greco in cui mangiare pita gyros a volontà;
- Spazio Niko Romito Ristorante, 4° Piano de Il Mercato del Duomo, Piazza del Duomo, Galleria Vittorio Emanuele II, 1: ottime materie prime per un ristorante con vista sul Duomo;
- Aethos Kitchen, Piazza Ventiquattro Maggio 8: vale la pena anche solo per il risotto funghi e tartufo.
Genova

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Quella di Genova è una metropolitana leggera, vale a dire un mezzo con minor frequenza rispetto alla metropolitana classica. C’è solo 1 linea, che copre 8 stazioni e collega il centro storico al quartiere di Rivarolo.
Nata nel 1990, offre la possibilità di fermarsi nei luoghi più interessanti del capoluogo ligure. In particolare, le fermate De Ferrari e San Giorgio: la prima prende il nome dalla piazza, cuore di Genova che comprende il Palazzo Ducale, Via XX Settembre e il Teatro Carlo Felice. La fermata San Giorgio, invece, si inoltra nella zona del porto antico, laddove sorgono l’omonimo palazzo e il celeberrimo Acquario.
Dormire a Genova
- L’Ancora Luxury Apartment, Molo Ponte Francesco Morosini 10/6: un monolocale dotato di tutti i comfort;
- Pippi’s Aquarium Home with A/C, Via del Campo 5, int. 1: appartamento in posizione perfetta per visitare la città.
Mangiare a Genova
- Zimino, Vico delle Scuole Pie 4: piatti della tradizione culinaria ligure;
- Mangiabuono, Vico Vegetti 3 R: da provare la calamarata con le acciughe fresche;
- Da Leccarsi i Baffi, Piazza Cavour 91r: ottimo l’antipasto di fritto e verdure.
Catania

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Nel 1999 nasce la metropolitana di Catania, gestita dalla Ferrovia Circumetnea. È una delle metropolitane più moderne del Paese e, con 11 stazioni, copre circa 8,8 km, dal centro storico al quartiere di Nesima.
Per arrivare nel cuore della città, bisogna scendere alla fermata Stesicoro, che è anche uno dei capolinea. Qui si trova proprio l’area del Barocco catanese e qui si trovano le zone di maggior interesse, dall’omonima piazza all’anfiteatro romano, da Via Etnea a Villa Bellini.
Dormire a Catania
- Strange Apartment, via Giuseppe Terranova 20: struttura molto bella e vicina al centro
- Duomo Luxury Suite Catania, Via Erasmo Merletta 19: camere dotate di idromassaggio.
Mangiare a Catania
- Mm!! Trattoria, Via Pardo 34: da provare la caponata di polpo;
- Putì, Via Sant’Euplio 108: pesce freschissimo;
- Trattoria Il Mare, Via San Michele 7: piatti casalinghi in una trattoria tipica.
Torino

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La metropolitana di Torino - la prima totalmente automatica - è stata inaugurata nel 2006. Come quella di Genova, è del tipo “leggera” e si estende per 15 km.
Le fermate sono ben 23. I capolinea Fermi e Lingotto. La fermata Porta Nuova è quella che consente di vistare il centro del capoluogo piemontese. Da lì ai luoghi simbolo come i Musei Reali e la Mole Antonelliana non occorre poi troppa pazienza.
Dormire a Torino
- Open Space in Turin, Via Pietro Egidi 6: gentilezza, pulizia, centralità;
- Alloggio Fronte Egizio, Via Maria Vittoria 2: begli appartamenti vicinissimi al Museo Egizio.
Mangiare a Torino
- Antica Bruschetteria Pautasso, Piazza Emanuele Filiberto, 4: ottima la bagna càuda;
- Fratelli Bruzzone Trattoria, Via Maria Vittoria 34/a: ottimi gli agnolotti burro e salvia;
- La Via del Sale, Via S. Francesco da Paola, 2: cucina piemontese e ligure.
Brescia

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Ultima per data di costruzione la metro leggera di Brescia, inaugurata nel 2013. Interamente automatica, come quella di Torino, è lunga 13,7 km. 17 le stazioni, di cui la principale è Vittoria, situata nell’omonima piazza.
Da qui si può partire per esplorare la città, con le sue piazze della Loggia e “dei due Duomi”, il Tempio Capitolino, il castello, le chiese, il Teatro Grande e la città sotterranea. Insomma, Brescia è indubbiamente una città da esplorare in lungo e in largo.
Dormire a Brescia
- B&B Hotel Brescia, Piazzale Cremona 20: camere ampie a due passi dal centro;
- Centro Paolo VI, Via Gezio Calini 30: struttura d’epoca con stanze sontuose.
Mangiare a Brescia
- La Vineria, Via X Giornate, 4: da provare i casoncelli bresciani al brasato;
- Osteria Enrico VIII° Al Pintù dal 1908, Vicolo Sant'Agostino, 7/a: ottimo lo stracotto al vino rosso;
- Casa Nani, Via Antiche Mura, 5: spicca la pasta cacio e pepe.
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Quante sono le città italiane dotate di metropolitana? Poche, ma «di sostanza»: a Milano, Roma, Napoli, Torino, Brescia, Catania e Genova possiamo organizzare viaggi brevi ma intensi, grazie alla presenza di un mezzo in grado di farci percorrere grandi distanze in poco tempo. Napoli Quella di Napoli è la più antica del Paese: inaugurata nel 1925 per collegare il quartiere periferico di Bagnoli con Via Gianturco, tocca i punti principali del capoluogo campano. Nonostante sia la più vecchia d’età, la metropolitana napoletana è oggi la più moderna e artistica tra quelle italiane e vale la pena prenderla almeno una volta anche solo per questo. Sono infatti fioccati diversi riconoscimenti, soprattutto per la famosa fermata Toledo, definita dal CNN la “stazione più impressionante d’Europa”. Progettata dall’architetto spagnolo Óscar Tusquets, è nota soprattutto per la Galleria del Mare, con i suoi mosaici a tema marino. Ma la creatività con cui è stata allestita questa fermata si sviluppa su più livelli: mentre si sale per raggiungere la celeberrima via che le ha dato il nome, è possibile ammirare i mosaici di William Kentridge, l’opera “Men at work” (che omaggia gli operai che hanno lavorato alla costruzione della metropolitana) e “Razza umana”, opera fotografica di Oliviero Toscani. Ma anche “Engiadina”, mosaico in pietra e ceramica di Vietri a opera di Francesco Clemente (1952); “The Flying – Le tre finestre”, di Ilya ed Emilia Kabacov; “Il teatro è vita. La vita è teatro – Don’t ask where the love is gone”, 9 ritratti in bianco e nero dell’artista Shirin Neshat. Infine “Molten copper poured on the rim of the bay of Naples”, lettere in pvc su pannelli, create dall’artista Lawrence Weiner. La fermata Toledo fa parte della linea 1, quella che collega il centro cittadino al Vomero. La linea 6, invece, corre in superficie e ha solo 4 stazioni. Per cominciare a conoscere Napoli, suggeriamo di salire a bordo della prima, partendo proprio dalla zona della fermata Toledo: i Quartieri Spagnoli, Piazza del Plebiscito e tutte le vie del cuore pulsante della città. iStock Dormire a Napoli LH51 B&B, Via Colonnello Carlo Lahalle 51: struttura nuovissima in posizione nevralgica; B&B May Dream, Corso Meridionale 39: camere molto curate a 10 minuti dalla stazione centrale. Mangiare a Napoli Tandem Ragù, Via Giovanni Paladino 51: ottimo ragù in tutte le salse (è il caso di dirlo); È Pronto O Mangia’, Via Cesare Rosaroli 65: pesce fresco e ottime linguine al cartoccio; Trattoria Nannì, Via Tommaso Senise 2/3/4: piatti semplici, a partire dall’ottimo pane. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/le-7-citta-italiane-da-visitare-in-metro-2656873956.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="roma" data-post-id="2656873956" data-published-at="1646764615" data-use-pagination="False"> Roma iStock Nella capitale venne costruita la seconda metropolitana in ordine di tempo: era il 1955 quando fu inaugurata la linea Termini - E42, oggi conosciuta come linea B.Certo, Roma non può vantarsi della sua metropolitana: anche a causa dei reperti archeologici di cui i sotterranei sono colmi, le linee sono solo 3 e piuttosto vetuste, a esclusione di qualche treno.La migliore (quanto a estetica, servizi e zone coperte) è la A: tra i capolinea di Anagnina e Battistini si stende la maggior parte delle bellezze romane, anche se il simbolo di Rom (il Colosseo) si trova esattamente di fronte all’omonima uscita della B. C’è poi la C, in verità più utile agli abitanti che non ai turisti, salvo alcune zone di interesse collettivo, come il quartiere Pigneto.Snodo principale delle prime due linee è la stazione Termini, dov’è possibile fare il cambio dall’una all’altra. Se si vuole visitare l’immenso centro storico della Città Eterna, conviene dunque munirsi di biglietto giornaliero (e scarpe da ginnastica) e saltare da Piazza di Spagna a Piazza del Popolo (fermata Flaminio), da Colosseo a Circo Massimo. Consigliamo di dedicare una giornata alla linea A e una alla B, per massimizzare il tempo.Dormire a RomaDNB House Hotel, Via Cavour 85/a: un posto accogliente situato nel caratteristico Rione Monti, tra la Stazione Termini e il Colosseo;Bloom Hotel Rome, Via Giuseppe Missori 19: hotel dall’arredamento molto originale, a due passi dal Vaticano.Mangiare a RomaIl Salotto del Colosseo, Via di S. Giovanni in Laterano 42: molto buono anche il pesce;Contrario. Vineria con Cucina, Via Ostilia 22: pasta fatta in casa e buoni piatti di pesce;Bono Bottega Nostrana - Piazza di Spagna, Largo della Fontanella di Borghese 85: assolutamente da provare i panini. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/le-7-citta-italiane-da-visitare-in-metro-2656873956.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="milano" data-post-id="2656873956" data-published-at="1646764615" data-use-pagination="False"> Milano iStock Milano è la terza in ordine di tempo: la metropolitana ha quasi 60 anni. La sua babele di linee, divise per colori (rossa, verde, gialla, lilla e blu), servono in maniera efficiente tutta la città.Tale divisione è anche simbolica. Si può dire che la M1 (linea rossa) sia quella adibita ai luoghi di lavoro, collegando il Duomo alla Fiera di Milano. Il cuore della città è toccato invece dalla verde, dalla gialla e dalla lilla.Se, per esempio, volete lustrarvi gli occhi in Via Montenapoleone, dovete prendere la gialla, che passa anche dal Duomo. Da qui (ossia dalla cattedrale dell’arcidiocesi milanese) è possibile raggiungere a piedi Galleria Vittorio Emanuele II, il Teatro alla Scala, Il Castello Sforzesco, Parco Sempione e altre centralissime zone, Navigli inclusi (se si ha ancora energia).Dormire a MilanoRooms Milano Duomo, Passaggio degli Osii 1: stanze estremamente accoglienti a breve distanza dal Duomo;Combo Milano, Ripa di Porta Ticinese 83: un luogo di design ai Navigli.Mangiare a MilanoVero Sapore Greco, Via delle Ore 2: ottimo ristorante greco in cui mangiare pita gyros a volontà;Spazio Niko Romito Ristorante, 4° Piano de Il Mercato del Duomo, Piazza del Duomo, Galleria Vittorio Emanuele II, 1: ottime materie prime per un ristorante con vista sul Duomo;Aethos Kitchen, Piazza Ventiquattro Maggio 8: vale la pena anche solo per il risotto funghi e tartufo. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/le-7-citta-italiane-da-visitare-in-metro-2656873956.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="genova" data-post-id="2656873956" data-published-at="1646764615" data-use-pagination="False"> Genova iStock Quella di Genova è una metropolitana leggera, vale a dire un mezzo con minor frequenza rispetto alla metropolitana classica. C’è solo 1 linea, che copre 8 stazioni e collega il centro storico al quartiere di Rivarolo.Nata nel 1990, offre la possibilità di fermarsi nei luoghi più interessanti del capoluogo ligure. In particolare, le fermate De Ferrari e San Giorgio: la prima prende il nome dalla piazza, cuore di Genova che comprende il Palazzo Ducale, Via XX Settembre e il Teatro Carlo Felice. La fermata San Giorgio, invece, si inoltra nella zona del porto antico, laddove sorgono l’omonimo palazzo e il celeberrimo Acquario.Dormire a GenovaL’Ancora Luxury Apartment, Molo Ponte Francesco Morosini 10/6: un monolocale dotato di tutti i comfort;Pippi’s Aquarium Home with A/C, Via del Campo 5, int. 1: appartamento in posizione perfetta per visitare la città.Mangiare a GenovaZimino, Vico delle Scuole Pie 4: piatti della tradizione culinaria ligure;Mangiabuono, Vico Vegetti 3 R: da provare la calamarata con le acciughe fresche;Da Leccarsi i Baffi, Piazza Cavour 91r: ottimo l’antipasto di fritto e verdure. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem4" data-id="4" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/le-7-citta-italiane-da-visitare-in-metro-2656873956.html?rebelltitem=4#rebelltitem4" data-basename="catania" data-post-id="2656873956" data-published-at="1646764615" data-use-pagination="False"> Catania iStock Nel 1999 nasce la metropolitana di Catania, gestita dalla Ferrovia Circumetnea. È una delle metropolitane più moderne del Paese e, con 11 stazioni, copre circa 8,8 km, dal centro storico al quartiere di Nesima.Per arrivare nel cuore della città, bisogna scendere alla fermata Stesicoro, che è anche uno dei capolinea. Qui si trova proprio l’area del Barocco catanese e qui si trovano le zone di maggior interesse, dall’omonima piazza all’anfiteatro romano, da Via Etnea a Villa Bellini.Dormire a Catania- Strange Apartment, via Giuseppe Terranova 20: struttura molto bella e vicina al centroDuomo Luxury Suite Catania, Via Erasmo Merletta 19: camere dotate di idromassaggio.Mangiare a CataniaMm!! Trattoria, Via Pardo 34: da provare la caponata di polpo;Putì, Via Sant’Euplio 108: pesce freschissimo;Trattoria Il Mare, Via San Michele 7: piatti casalinghi in una trattoria tipica. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem5" data-id="5" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/le-7-citta-italiane-da-visitare-in-metro-2656873956.html?rebelltitem=5#rebelltitem5" data-basename="torino" data-post-id="2656873956" data-published-at="1646764615" data-use-pagination="False"> Torino iStock La metropolitana di Torino - la prima totalmente automatica - è stata inaugurata nel 2006. Come quella di Genova, è del tipo “leggera” e si estende per 15 km.Le fermate sono ben 23. I capolinea Fermi e Lingotto. La fermata Porta Nuova è quella che consente di vistare il centro del capoluogo piemontese. Da lì ai luoghi simbolo come i Musei Reali e la Mole Antonelliana non occorre poi troppa pazienza.Dormire a TorinoOpen Space in Turin, Via Pietro Egidi 6: gentilezza, pulizia, centralità;Alloggio Fronte Egizio, Via Maria Vittoria 2: begli appartamenti vicinissimi al Museo Egizio.Mangiare a TorinoAntica Bruschetteria Pautasso, Piazza Emanuele Filiberto, 4: ottima la bagna càuda;Fratelli Bruzzone Trattoria, Via Maria Vittoria 34/a: ottimi gli agnolotti burro e salvia;La Via del Sale, Via S. Francesco da Paola, 2: cucina piemontese e ligure. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem6" data-id="6" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/le-7-citta-italiane-da-visitare-in-metro-2656873956.html?rebelltitem=6#rebelltitem6" data-basename="brescia" data-post-id="2656873956" data-published-at="1646764615" data-use-pagination="False"> Brescia iStock Ultima per data di costruzione la metro leggera di Brescia, inaugurata nel 2013. Interamente automatica, come quella di Torino, è lunga 13,7 km. 17 le stazioni, di cui la principale è Vittoria, situata nell’omonima piazza.Da qui si può partire per esplorare la città, con le sue piazze della Loggia e “dei due Duomi”, il Tempio Capitolino, il castello, le chiese, il Teatro Grande e la città sotterranea. Insomma, Brescia è indubbiamente una città da esplorare in lungo e in largo.Dormire a BresciaB&B Hotel Brescia, Piazzale Cremona 20: camere ampie a due passi dal centro;Centro Paolo VI, Via Gezio Calini 30: struttura d’epoca con stanze sontuose.Mangiare a BresciaLa Vineria, Via X Giornate, 4: da provare i casoncelli bresciani al brasato;Osteria Enrico VIII° Al Pintù dal 1908, Vicolo Sant'Agostino, 7/a: ottimo lo stracotto al vino rosso;Casa Nani, Via Antiche Mura, 5: spicca la pasta cacio e pepe.
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Veniamo al profeta, Pellegrino Artusi, il Garibaldi della cucina tricolore. Scrivendo il libro La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene (1891), l’uomo di Forlimpopoli trapiantato a Firenze creò un’identità gastronomica comune nel Paese da poco unificato, raccogliendo le ricette tradizionali delle varie Regioni - e subregioni - italiane valorizzando le tipicità e diffondendone la conoscenza. È così che suscitò uno slancio di orgoglio nazionale per le diverse cucine italiane che, nei secoli, si sono caratterizzate ognuna in maniera diversa, attraverso i vari coinvolgimenti storici, la civiltà contadina, la cucina di corte (anche papale), quella borghese, le benefiche infiltrazioni e contaminazioni di popoli e cucine d’oltralpe e d’oltremare, e, perché no, anche attraverso la fame e la povertà.
Orio Vergani, il custode, giornalista e scrittore milanese (1898-1960), è una figura di grande rilievo nella storia della cucina patria. Fu lui insieme ad altri innamorati a intuire negli anni Cinquanta del secolo scorso il rischio che correvano le buone tavole del Bel Paese minacciate dalla omologazione e dall’appiattimento dei gusti, insidiate da una cucina industriale e standardizzata. Fu lui a distinguere i pericoli nel turismo di massa e nell’alta marea della modernizzazione. Il timore e l’allarme sacrosanto di Vergani erano dettati dalla paura di perdere a tavola l’autenticità, la qualità e il legame col territorio della nostra tradizione gastronomica. Per combattere la minaccia, l’invitato speciale fondò nel 1953 l’Accademia italiana della cucina sottolineando già nel nome la diversità dell’arte culinaria nelle varie parti d’Italia.
L’Accademia, istituzione culturale della Repubblica italiana, continua al giorno d’oggi, con le sue delegazioni in sessanta Paesi del mondo e gli 8.000 soci, a portare avanti il buon nome della cucina italiana. Non è un caso se a sostenere il progetto all’Unesco siano stati tre attori, due dei quali legati al «profeta» romagnolo e al «custode» milanese: la Fondazione Casa Artusi di Forlimpopoli e l’Accademia italiana della cucina nata, appunto, dall’intuizione di Orio Vergani. Terzo attore è la rivista La cucina Italiana, fondata nel 1929. Paolo Petroni, presidente dell’Accademia, commenta: «Il riconoscimento dell’Unesco rappresenta una grandissima medaglia al valore, per noi. La festeggeremo il terzo giovedì di marzo in tutte le delegazioni del mondo e nelle sedi diplomatiche con una cena basata sulla convivialità e sulla socialità. Il menu? Libero. Ogni delegazione lo rapporterà al territorio e alla tradizione.
L’Unesco ha riconosciuto la cucina italiana patrimonio immateriale andando oltre alle ricette e al semplice nutrimento, considerandola un sistema culturale, rafforzando il ruolo dell’Italia come ambasciatrice di un modello culturale nel mondo in quanto la nostra cucina è una pratica sociale viva, che trasmette memoria, identità e legame con il territorio, valorizzando la convivialità, i rituali, la condivisione famigliare, come il pranzo della domenica, la stagionalità e i gesti quotidiani, oltre a promuovere inclusione e sostenibilità attraverso ricette antispreco tramandate da generazione in generazione. Il riconoscimento non celebra piatti specifici come è stato fatto con altri Paesi, ma l’intera arte culinaria e culturale che lega comunità, famiglie e territori attraverso il cibo. Riconosce l’intelligenza delle ricette tradizionali nate dalla povertà contadina, che insegnano a non sprecare nulla, un concetto di sostenibilità ancestrale. Incarna il legame tra la natura, le risorse locali e le tradizioni culturali, riflettendo la diversità dei paesaggi italiani».
Peccato che non tutti la pensino così, vedi l’attacco del critico e scrittore britannico di gastronomia Giles Coren sul Times. Dopo aver bene intinto la penna nell’iperbole, nella satira e nell’insulto, Coren è partito all’attacco alla baionetta contro, parole sue, il riconoscimento assegnato dall’Unesco, riconoscimento prevedibile, servile, ottuso e irritante. Dice l’opinionista prendendosela anche con i suoi connazionali snob: «Da quando scrivo di ristoranti, combatto contro la presunta supremazia del cibo italiano. Perché è un mito, un miraggio, una bugia alimentata da inglesi dell’alta borghesia che, all’inizio degli anni Novanta, trasferirono le loro residenze estive in Toscana».
Risponde Petroni: «Credo che l’articolo di Coren sia una burla, lo scherzo di uno che in fondo, e lo ha dimostrato in altri articoli, apprezza la cucina italiana. Per etichettare il tutto come burla, basta leggere la parte in cui elogia la cucina inglese candidandola al riconoscimento Unesco per il valore culturale del “toast bruciato appena prima che scatti l’allarme antincendio”, gli “spaghetti con il ketchup”, il “Barolo britannico”, i “noodles cinesi incollati alla tovaglia” e altre perle di questo genere. C’è da sottolineare, invece, che la risposta dell’Unesco è stata unanime: i 24 membri del comitato intergovernativo per la salvaguardia del Patrimonio culturale immateriale hanno votato all’unanimità in favore della cucina italiana. Non c’è stato nemmeno un astenuto. La prima richiesta fu bocciata. Nel 2023 l’abbiamo ripresentata. È la parola “immateriale” che ci bloccò. È difficile definire una cucina immateriale senza cadere nel materiale. Per esempio l’Unesco non ha dato il riconoscimento alla pizza in quanto pizza, ma all’arte napoletana della pizza. Il cammino è stato molto difficile ma, alla fine, siamo riusciti a unificare la pratica quotidiana, i gesti, le parole, i rituali di una cucina variegata e il risultato c’è stato. La cucina italiana è la prima premiata dall’Unesco in tutta la sua interezza».
Se Coren ha scherzato, Alberto Grandi, docente all’Università di Parma, autore del libro La cucina italiana non esiste, è andato giù pesante nell’articolo su The Guardian. Basta il titolo per capire quanto: «Il mito della cucina tradizionale italiana ha sedotto il mondo. La verità è ben diversa». «Grandi è arrivato a dire che la pizza l’hanno inventata gli americani e che il vero grana si trova nel Wisconsin. Che la cucina italiana non risalga al tempo dei Romani lo sanno tutti. Prima della scoperta dell’America, la cucina era un’altra cosa. Quella odierna nasce nell’Ottocento da forni e fornelli borghesi. Se si rimane alla civiltà contadina, si rimane alle zuppe o poco più. Le classi povere non avevano carne da mangiare». Petroni conclude levandosi un sassolino dalla scarpa: l’esultanza dei cuochi stellati, i «cappelloni», come li chiama, è comprensibile ma loro non c’entrano: «Sono contento che approvino il riconoscimento, ma sia chiaro che questo va alla cucina italiana famigliare, domestica».
A chi si deve il maggior merito del riconoscimento Unesco? «A Maddalena Fossati, la direttrice de La cucina italiana. È stata lei a rivolgersi all’Accademia e alla Fondazione Casa Artusi. Il documento l’abbiamo preparato con il prezioso aiuto di Massimo Montanari, accademico onorario, docente all’Università di Bologna, e presentato con il sostegno del sottosegretario alla Cultura, Gianmarco Mazzi».
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Gianluigi Cimmino (Imagoeconomica)
Yamamay ha sempre scelto testimonial molto riconoscibili. Oggi il volto del brand è Rose Villain. Perché questa scelta?
«Negli ultimi tre anni ci siamo avvicinati a due canali di comunicazione molto forti e credibili per i giovani: la musica e lo sport. Oggi, dopo il crollo del mondo degli influencer tradizionali, è fondamentale scegliere un volto autentico, coerente e riconoscibile. Gran parte dei nostri investimenti recenti è andata proprio in questa direzione. Rose Villain rappresenta la musica, ma anche una bellezza femminile non scontata: ha un sorriso meraviglioso, un fisico prorompente che rispecchia le nostre consumatrici, donne che si riconoscono nel brand anche per la vestibilità, che riteniamo tra le migliori sul mercato. È una voce importante, un personaggio completo. Inoltre, il mondo musicale oggi vive molto di collaborazioni: lo stesso concetto che abbiamo voluto trasmettere nella campagna, usando il termine «featuring», tipico delle collaborazioni tra artisti. Non a caso, Rose Villain aveva già collaborato con artisti come Geolier, che è stato nostro testimonial l’anno scorso».
I volti famosi fanno vendere di più o il loro valore è soprattutto simbolico e di posizionamento del brand?
«Oggi direi soprattutto posizionamento e coerenza del messaggio. La vendita non dipende più solo dalla pubblicità: per vendere bisogna essere impeccabili sul prodotto, sul prezzo, sull’assortimento. Viviamo un momento di consumi non esaltanti, quindi è necessario lavorare su tutte le leve. Non è che una persona vede lo spot e corre subito in negozio. È un periodo “da elmetto” per il settore retail».
È una situazione comune a molti brand, in questo momento.
«Assolutamente sì. Noi non possiamo lamentarci: anche questo Natale è stato positivo. Però per portare le persone in negozio bisogna investire sempre di più. Il traffico non è più una costante: meno persone nei centri commerciali, meno in strada, meno negli outlet. Per intercettare quel traffico serve investire in offerte, comunicazione, social, utilizzando tutti gli strumenti che permettono soprattutto ai giovani di arrivare in negozio, magari grazie a una promozione mirata».
Guardando al passato, c’è stato un testimonial che ha segnato una svolta per Yamamay?
«Sicuramente Jennifer Lopez: è stato uno dei primi casi in cui una celebrità ha firmato una capsule collection. All’epoca era qualcosa di totalmente nuovo e ci ha dato una visibilità internazionale enorme. Per il mondo maschile, Cristiano Ronaldo ha rappresentato un altro grande salto di qualità. Detto questo, Yamamay è nata fin dall’inizio con una visione molto chiara».
Come è iniziata questa avventura imprenditoriale?
«Con l’incoscienza di un ragazzo di 28 anni che rescinde un importante contratto da manager perché vuole fare l’imprenditore. Ho coinvolto tutta la famiglia in questo sogno: creare un’azienda di intimo, un settore che ho sempre amato. Dico spesso che ero già un grande consumatore, soprattutto perché l’intimo è uno dei regali più fatti. Oggi posso dire di aver realizzato un sogno».
Oggi Yamamay è un marchio internazionale. Quanti negozi avete nel mondo?
«Circa 600 negozi in totale. Di questi, 430 sono in Italia e circa 170 all’estero».
Il vostro è un settore molto competitivo. Qual è oggi il vostro principale elemento di differenziazione?
«Il rapporto qualità-prezzo. Abbiamo scelto di non seguire la strada degli aumenti facili nel post Covid, quando il mercato lo permetteva. Abbiamo continuato invece a investire su prodotto, innovazione, collaborazioni e sostenibilità. Posso dire con orgoglio che Yamamay è uno dei marchi di intimo più sostenibili sul mercato. La sostenibilità per noi non è una moda né uno strumento di marketing: è un valore intrinseco. Anche perché abbiamo in casa una delle massime esperte del settore, mia sorella Barbara, e siamo molto attenti a non fare greenwashing».
Quali sono le direttrici di crescita future?
«Sicuramente l’internazionale, più come presenza reale che come notorietà, e il digitale: l’e-commerce è un canale dove possiamo crescere ancora molto. Inoltre stiamo investendo tantissimo nel menswear. È un mercato in forte evoluzione: l’uomo oggi compra da solo, non delega più alla compagna o alla mamma. È un cambiamento culturale profondo e la crescita sarà a doppia cifra nei prossimi anni. La società è cambiata, è più eterogenea, e noi dobbiamo seguirne le evoluzioni. Penso anche al mondo Lgbtq+, che è storicamente un grande consumatore di intimo e a cui guardiamo con grande attenzione».
Capodanno è un momento simbolico anche per l’intimo. Che consiglio d’acquisto dai ai vostri clienti per iniziare bene l’anno?
«Un consiglio semplicissimo: indossate intimo rosso a Capodanno. Mutande, boxer, slip… non importa. È una tradizione che non va persa, anzi va rafforzata. Il rosso porta amore, ricchezza e salute. E le tradizioni belle vanno rispettate».
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