2021-04-27
Lavorare da casa non è così smart
Il miglioramento della vita dei dipendenti è tutto da verificare, mentre c'è un evidente peggioramento della qualità professionale. E l'accesso ai servizi della Pa è uno slalom. «Lo smart working presenta il conto». «Ansie da prestazione, dilatazione dei tempi di lavoro e per il 48,3% degli intervistati disturbi fisici legati alla inadeguatezza delle postazioni domestiche. Ma anche un 16,7% che non vuole rinunciarci». È quanto emerge, in sintesi, da una ricerca della fondazione studi dell'Ordine dei consulenti del lavoro. Anche in questo caso in Italia le posizioni a riguardo dello smart working si sono radicalizzate, soprattutto all'interno dei cosiddetti opinion makers, tra coloro che lo rifiutano a priori perché è sicuramente un male e coloro che, viceversa, lo esaltano come se fosse la strada maestra della liberazione dei lavoratori dall'alienazione del lavoro. Tutti novelli Marx, con la differenza che Marx aveva studiato e questi parlano per dare aria a denti e gengive. La ricerca, per la verità ben fatta, ci fornisce dati sui vantaggi e gli svantaggi dello smart working sui quali conviene riflettere. Partiamo dai vantaggi. Gli intervistati pongono al primo posto la riduzione delle spese per spostamenti, poi una migliore conciliazione lavoro-privato, un miglioramento delle competenze digitali, la riduzione delle spese di baby sitter e colf, il ricongiungimento familiare e lo spostamento in luoghi diversi dalla residenza. Quindi si potrebbe dire che lo smart working migliora le condizioni dei lavoratori, della loro vita, ma sarebbe da approfondire se a questo miglioramento è corrisposto o corrisponde un miglioramento della qualità del lavoro, perché le cose non possono essere disgiunte. Se no è una considerazione monca. Inoltre, non ci convince affatto il punto della riduzione delle spese per baby sitter e colf, soprattutto per quanto riguarda le baby sitter, perché vorremo andare a vedere la vita delle mamme che lavorano e che si sono trovate a casa con i figli che seguivano la scuola con la didattica a distanza. Vorremmo proprio capire dove sta il miglioramento della vita di queste donne. Se andiamo poi a vedere gli svantaggi troviamo al primo posto gli allungamenti dei tempi di lavoro, poi l'indebolimento delle relazioni di lavoro, poi il sovraccarico di lavoro seguito dai problemi fisici per l'inadeguatezza delle postazioni, la disaffezione verso il lavoro e l'inadeguatezza degli spazi domestici e collegamenti internet. Quindi: miglioramento tutto da verificare della vita dei lavoratori, peggioramento certo ed evidente della qualità del lavoro. E questo non riguarda quattro gatti, ma ad aprile 2021 riguarda il 31,7% del totale dei lavoratori, cioè 7,3 milioni, uno su tre. Del resto, il lavoro in molti casi richiede rapporto con gli altri lavoratori perché si può anche pensare da soli sul lavoro, ma si capisce e si fa meglio insieme agli altri. A nostro avviso non è sana una società che vive di lavoro virtuale perché i rischi e i pericoli di una vita che si sta spostando sempre più verso il virtuale (vedi le generazioni X e Z vissute in una specie di placenta virtuale, quella di Internet) sono talmente evidenti che pensare di teorizzare la desiderabilità di un lavoro sempre più virtuale (cioè in assenza di relazioni umane) rivela una visione dell'uomo e della società che, almeno per quanto ci riguarda, ci sembrano prive di umanità stessa. Ci insospettisce poi un altro dato che è il seguente e cioè l'incidenza dello smart working per settore, infatti, dopo il 54,5 % dei servizi alle imprese (commercialisti, avvocati, architetti, ecc.) c'è al secondo posto la Pubblica amministrazione. Siccome sappiamo per certo che molti di questi sono coloro che svolgono servizi al cittadino in un Paese dove moltissimi abitanti non hanno capacità di utilizzo delle tecnologie (pensiamo solo agli anziani) e dove, ci dice l'Unicef, che il 27% delle famiglie ha dichiarato di non avere dispositivi sufficienti per supportare le esigenze scolastiche e lavorative, immaginate voi il livello di difficoltà di accesso alla Pubblica amministrazione che lo smart working può avere causato ad un numero notevolissimo di cittadini. Speriamo che questa ricerca sia letta da quei futurologi improvvisati che teorizzano la società del futuro perché non sanno cosa dire su quella presente, salvo suscitare riso e dileggio. Ma soprattutto a chi ha responsabilità sull'organizzazione della legislazione del lavoro.