2020-02-10
L’attivista trans ammette: «Il cambio di sesso non ci rende persone felici»
Andrea Long Chu in Femmine mette in dubbio le operazioni di riassegnazione. E pure l'Economist critica l'aumento di cliniche e il blocco della pubertà dei minori.C'è un libro fondamentale per capire fino a che punto si stia spingendo l'ideologia Lgbt. Lo scrive Andrea Long Chu, attivista transgender americana, e lo pubblica Nero edizioni. Si intitola Femmine e contiene tesi sul gender da far drizzare i peli sulla nuca. Tuttavia Andrea Long Chu ci regala una lezione importantissima. Sfidando le convenzioni e gli stereotipi della sua area politica, questa studiosa ha pubblicato tempo fa un articolo esplosivo sul New York Times intitolato «La mia nuova vagina non mi renderà felice». Stiamo parlando di una militante convinta che, per diventare donna, basti desiderarlo, una pronta a sostenere che «siamo tutti donne», soprattutto gli uomini. Eppure ha avuto il coraggio di dire che gli interventi chirurgici di rassegnazione del sesso non servono a dare maggiore felicità ai trans. Se perfino una saggista su posizioni estreme dice una cosa del genere, vuol dire che sugli interventi per il cambio di sesso è necessario aprire una seria, serissima riflessione. E domandarsi se non sia il caso di mettere un freno all'ideologia secondo cui tutto è concesso e chiunque può diventare uomo o donna stendendosi sul lettino di un chirurgo. La Chu non è la sola personalità «di sinistra» e mettere nero su bianco i propri dubbi. L'Economist, tempio del pensiero liberal, la settimana scorsa ha dedicato una approfondita inchiesta ai farmaci che bloccano la pubertà ai minorenni. Ha pubblicato dati allarmanti mostrando che negli Usa di cliniche per il cambio di sesso nel 2007 ce n'era soltanto una, adesso sono già 50. Nel Regno Unito, invece, il numero di ragazzini in cura presso i centri che si occupano di disturbi dell'identità di genere aumenta del 50% ogni anno. Le reazioni di fronte a questi numeri sono diverse. Alcuni Stati americani hanno deciso di vietare il cambio di sesso ai minorenni. Il primo a proporre un provvedimento di questo tipo è stato il South Dakota a gennaio. Le risposte del mondo dei media e della cultura, però, sono molto diverse. L'esplosione dei cambi di sesso è salutata dai più come un progresso di cui compiacersi, si festeggiano i diritti finalmente riconosciuti alla minoranza trans. L'Economist, che pure ha un punto di vista progressista, avanza parecchi dubbi sul modo in cui è gestita la diffusione dei bloccanti della pubertà. Mostra che gli effetti collaterali sono ancora poco conosciuti, e che gli studi sull'argomento sono carenti. Non solo: secondo la rivista, l'insistenza delle associazioni e dei gruppi di pressione Lgbt, infiammando il clima sulle istanze trans, non permette una analisi serena della questione. Una faccenda che dovrebbe essere materia per psichiatri, medici ed esperti si è tramutata in una battaglia politica. Il cambio di sesso non è più una soluzione estrema per la disforia di genere, ma è divenuto un tema identitario. Non c'è più in gioco la salute dei singoli, ma i presunti diritti di una minoranza. Chiunque osi esprimere dubbi - persino sulle riviste scientifiche - rischia l'accusa di transfobia. Addirittura Andrea Long Chu è stata accusata di remare contro la comunità trans benché lei stessa sia transgender (nonché molto impegnata sul versante politico). Ma se perfino alcuni sostenitori della causa Lgbt cominciano a farsi venire dubbi sulla opportunità di somministrare farmaci ai minorenni e sulla effettiva efficacia degli interventi chirurgici, significa che il problema esiste ed è anche abbastanza grave. Il politicamente corretto, purtroppo, continua a impedire ogni dibattito. Anche in Italia. Da qualche tempo il «farmaco trans», la triptorelina, è di fatto liberalizzato, e fornito a spese dello Stato. Ci sono state polemiche, ma nessun cambio di rotta. Anzi, sembra che il nostro Paese stia avviandosi lungo il sentiero tracciato dagli Usa e dal Regno Unito negli anni passati. A parte qualche radiosa eccezione (come la mozione presentata mesi fa dalla Lega di Massimiliano Fedriga in Friuli Venezia Giulia contro il blocca pubertà) non si fa altro che parlare di discriminazioni, di leggi contro l'omotransfobia, di corsi contro il bullismo... Fra un po' anche solo esprimere dubbi sull'uso della triptorelina diventerà proibito in nome dei diritti della minoranza. E quando ci accorgeremo di aver provocato danni pesanti, sarà troppo tardi.