2022-09-28
L’allarme: «Mrna nel latte materno». Sieri obsoleti a chi fa la prima dose
Lo studio su «Jama Pediatrics» ha rilevato del codice genetico fino a 45 ore dopo l’iniezione alla madre. Ignoti gli effetti sui neonati. Intanto, pur di non farli scadere, i farmaci vecchi son rifilati a chi inizia il ciclo vaccinale.Tracce di mRna vaccinale Pfizer e Moderna sono state trovate nel latte materno di cinque mamme americane, su undici che erano state inoculate. Praticamente in una donna su due, una percentuale altissima che lascia sgomenti, pensando a quanto viene raccomandato il vaccino anti Covid in gravidanza e durante l’allattamento. La rilevazione è stata compiuta da ricercatori del Nyu Langone Hospital di Long Island, New York, e pubblicata due giorni fa sulla prestigiosa rivista medica Jama Pediatrics. Undici donne, che avevano partorito nei sei mesi precedenti la vaccinazione, sono state monitorate raccogliendo campioni del loro latte un’ora prima della puntura e nei cinque giorni successivi. Sono poi stati esaminati i 131 campioni di latte materno espresso (Ebm), e in quelli di cinque mamme è stata rilevata la presenza di molecole di Rna messaggero. Le concentrazioni più alte (anche quattro volte più elevate) erano nelle vescicole extracellulari, importanti mediatori della comunicazione intercellulare che hanno un ruolo chiave in alcuni processi fisiologici e nella diffusione di patologie quali cancro, infezioni e malattie neurodegenerative. L’mRna dentro le vescicole risulta protetto e può comodamente entrare in qualsiasi altra cellula, anche distante, quindi la scoperta è decisamente allarmante. «Poco è stato riportato sulla biodistribuzione e localizzazione delle nanoparticelle lipidiche nei tessuti umani dopo la vaccinazione con mRna Covid-19», scrive Nazeeh N. Hanna, capo della neonatologia e direttore del laboratorio di ricerca su donne e bambini al Nyu Langone Hospital, autore dello studio americano assieme ad altri colleghi. Per poi prospettare uno scenario da paura. «Ipotizziamo che dopo la somministrazione, i vaccini a mRna contenenti nanoparticelle lipidiche vengano trasportati alle ghiandole mammarie tramite via ematogena e/o linfatica. Inoltre, è possibile che l’mRna vaccinale possa essere rilasciato nel citoplasma della cellula del tessuto mammario, dove può essere incorporato all’interno delle nascenti vescicole extracellulari, che vengono successivamente secrete nel latte materno». Che cosa può provocare la Spike in una creatura di pochi giorni o pochi mesi? Nessuno è in grado di affermarlo, però i ginecologi di mezzo mondo, compresi gli italiani, escludono problemi pur nella scarsità di studi effettuati. «I Centers for disease control and prevention raccomandano di offrire i vaccini mRna Covid-19 alle persone che allattano al seno, sebbene non sia stato studiato il possibile passaggio nel latte materno con conseguente esposizione dei bambini a meno di 6 mesi», avvertono i ricercatori. Rna messaggeri, che entrano nelle cellule umane e cominciano a interagire con l’apparato per la sintesi proteica presente, con lo scopo di creare la proteina Spike, non sono state trovati nel latte materno raccolto prima della vaccinazione e oltre le 48 ore dall’inoculo ma, precisa il professor Hanna, «non abbiamo testato la possibile esposizione cumulativa all’mRna del vaccino dopo un frequente allattamento al seno nei bambini». E questa è un’altra affermazione che prospetta scenari davvero allarmanti per la salute dei neonati. Nella circolare dello scorso settembre dell’ancora ministro della Salute, Roberto Speranza, si dichiara, invece, che «nonostante le donne in allattamento non siano state incluse nei trial di valutazione dei vaccini contro la Covid-19, l’efficacia della vaccinazione è ritenuta analoga a quella rilevata tra delle donne non in gravidanza». Avete letto bene, le neo mamme non erano incluse nelle sperimentazioni, così come Pfizer non ha mai dichiarato di avere dati certi sulla sicurezza del vaccino anti Covi in gravidanza. Ma tanto che importa la salute delle sempre meno mamme e dei loro piccoli, basta dire che va sempre bene. Aggiungeva, la circolare, che i vaccini attualmente autorizzati sono tutti «non vivi e vi è unanime consenso che non esista plausibilità biologica a sostegno di un possibile danno al neonato nutrito dal latte di madre vaccinata». Già, ma che cosa accade con vaccini che usano un codice genetico per istruire le cellule del nostro corpo a produrre proteine, che poi il sistema immunitario riconoscerà come estranee, producendo anticorpi e in seguito cellule della memoria? «La vaccinazione non espone il lattante a rischi e gli permette di assumere, tramite il latte, anticorpi contro Sars-CoV-2», rassicura (a questo punto, senza evidenze scientifiche) il ministero della Salute. I ricercatori del Nyu Langone Hospital la pensano diversamente. Sostengono che molto si deve ancora approfondire e che «deve essere considerata la potenziale interferenza dell’mRna del vaccino Covid-19 con la risposta immunitaria a più vaccini di routine somministrati ai bambini durante i primi 6 mesi di età». Sempre in tema di vaccinazioni, qualcuno dell’Aifa o del ministero della Salute dovrebbe spiegare perché a chi non si è mai fatto una dose va dato il vaccino vecchio, contro un virus che non c’è più, mentre per il quarto richiamo viene dato quello appena arrivato, aggiornato, come ha dichiarato Luca Sbrogiò, direttore del dipartimento di Prevenzione dell’Ulss 6 Euganea. Siamo certi che sia una regola, inconcepibile, valida in tutte le strutture sanitarie del Paese con l’unico scopo di utilizzare le dosi in eccesso, prima che scadano.