2018-12-25
Latitanti sotto l'albero. Il cognato di Fini passa a Dubai anche questo Natale
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Il Parlamento ha ratificato il trattato di estradizione tra Italia e Emirati Arabi, ma da Dubai non arrivano ancora le firme. Insieme con Giancarlo Tulliani sono in tanti i ricercati in tutto il mondo dalla giustizia italiana. Quattro sono considerati i più pericolosi e non c'è solo Matteo Messina Denaro. «E natale vulusse turnaaaa», cantava così negli anni '80 il neomelodico napoletano Gianni Celeste nel brano «Nu latitante», canzone da molti criticata perché un evidente riferimento alla camorra e a chi sfugge alla giustizia. Eppure la vita dei latitanti, dei fuggiaschi, di chi ha sulla testa una richiesta di estrazione è un tema rilevante, sia per le forze dell'ordine, internazionali e nostrane, sia per i rapporti bilaterali del governo italiani con i paesi che li ospitano. Da almeno tre mesi si aspetta per di più la ratifica da parte degli Emirati Arabi sul trattato di estradizione che potrebbe permettere alla polizia italiana di riacciuffare il cognato di Gianfranco Fini, Giancarlo Tulliani, da anni latitante a Dubai. Quella firma però continua a non arrivare e così, insieme al parente dell'ex leader di Alleanza Nazionale, rimangono al caldo del mare del golfo persico ancora 8 persone. Del resto tra i ricercati più pericolosi del mondo ci sono quattro italiani. Sono ritenuti di massima pericolosità, fanno parte di un programma speciale di ricerca dove tutte le forze di polizia collaborano per acciuffarli. Non sarà facile. Stiamo parlando di Attilio Cubeddu, Marco Di Lauro, Matteo Messina Denaro e Giovanni Motisi. Se la storia di Messina Denaro è quella più nota, è ritenuto l'ultimo erede dei Corleonesi di Totò Riina, degli altri tre si parla molto poco. Detto «U pacchiuni» ("il ciccione") 59 anni, palermitano doc, è ricercato dal '98 per omicidio, dal 2001 per associazione di tipo mafioso e dal 2002 per strage. Dal 10 dicembre 1999 è ricercato anche in campo internazionale. Ha un ergastolo da scontare, è considerato il killer di fiducia di Riina: stando alla testimonianza di un collaboratore di giustizia era presente quando si parlò per la prima volta di ammazzare il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Di Lauro è invece un camorrista, scomparso dal 7 dicembre 2004 durante un maxi blitz che è passato alla storia come la "notte delle manette": lui riuscì a svignarsela. Cubeddu, il custode del sequestro Soffiantini del 1997, esponente di spicco dell'anonima sarda, invece è scomparso dal 1998, anche se c'è chi sostiene che sia stato ucciso proprio per un regolamento di conti. Se per questi 4 di notizia ormai se ne hanno molto poche, quest'anno c'è stata appunto la speranza che almeno la latitanza a Dubai di esponenti politici di spicco finisse. E invece, nonostante l'iter sia ormai concluso in Italia, per qualche cavillo burocratico la situazione non si sblocca. Così Tulliani, latitante dal 2017, è finito nei guai nella inchiesta sul riciclaggio che coinvolge il re dello slot machine, Francesco Corallo. Non solo. Da quelle parti c'è anche Amedeo Matacena, latitante a Dubai dal 2013, condannato a tre anni con sentenza definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, dal maggio del 2014 è ricercato con un mandato di cattura internazionale nella inchiesta per trasferimento fraudolento di beni e procurata inosservanza della pena che vede tra gli altri indagati anche l'ex ministro dell'Interno Claudio Scajola. Ma prima di loro due, nella scala di valori, c'è di sicuro Raffaele Imperiale, che da quando vive negli Emirati Arabi, pare arrivi a spendere ogni mese almeno 400.000 euro. Lo spiegarono le stime tracciate fino a gennaio del 2016, quando scattarono arresti e sequestri di soci e capitali: non pare abbia cambiato tenore di vita. Ultimamente di latitanza a Dubai ha parlato anche l'ex agente del Sismi Francesco Pazienza, ex faccendiere, coinvolto in tanti misteri italiani. Interrogato dalla Dia di Reggio Calabria che sta indagando sulle protezioni di cui avrebbe goduto Matacena, l'ex iscritto alla P2 di Licio Gelli ha spiegato che la latitanza dorata dell'ex esponente di Forza Italia è stata possibile grazie all'ex presidente della commissione giustizia Nico D'Ascola, che nella precedente legislatura avrebbe fatto di tutto per non ratificare il trattato di estradizione: D'Ascolta ha smentito bollando come «falso» tutto quanto è stato riportato. Ma proprio a dicembre si è tornati a parlare anche di Andrea Nucera, latitante ad Abu Dhabi dal 2012, coinvolto anche nell'inchiesta su Banca Carige perché alcuni dirigenti gli prestavano soldi nonostante il gruppo avesse ricevuto l'interdittiva antimafia dalla Prefettura di Savona. Ne hanno scritto i giornalisti di Irpi (Investigative Reporting Project Italy) Lorenzo Bagnoli e Luca Rinaldi, raccontando delle fortune di Nucera in Repubblica Ceca. «Io non faccio il latitante. Io faccio l'esiliato, disse a Chi l'ha visto? nell'aprile del 2017. E' stato rinviato a giudizio nel 2018, intanto ha aperto un ristorante e pare si sia portato con sé anche la nonna novantenne. Del resto che Natale sarebbe sarebbe senza i parenti più stretti.
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