2023-07-15
L’Anm vaneggia: «Democrazia in pericolo»
Il sindacato dei magistrati si scaglia contro la separazione delle carriere con argomenti risibili: «Finiremo controllati dal governo». Carlo Nordio, però, insiste: «La discuteremo prima delle vacanze». E torna sul concorso esterno nella mafia: «Quel reato è un ossimoro». «Non vi è alcun cedimento al contrario nella lotta contro la mafia ma c’è un’esigenza di certezza di diritto, perché insisto nel dire che la stessa parola concorso esterno è un ossimoro»: il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, non ci sta a rinnegare le sue convinzioni di giurista liberale per correre ad abbracciare il «politicamente corretto». Del resto, Giorgia Meloni lo ha voluto al governo con tutte le sue forze, sfidando Silvio Berlusconi, che chiedeva per Forza Italia, in particolare per Maria Elisabetta Alberti Casellati, la poltrona di Guardasigilli. E così Nordio, ieri in videocollegamento con Torino per un convegno sulla figura dell’avvocato Vittorio Chiusano, ribadisce la sua convinzione: «La parola concorso esterno è un ossimoro così evidente che parte da una contraddizione lessicale della lingua italiana: concorrere deriva da concurrere, correre insieme, stare insieme, stare dentro, mentre estraneo deriva da extra, stare fuori, quindi non ha senso mettere insieme chi sta dentro con chi sta fuori», argomenta il Guardasigilli, «o si sta dentro o si sta fuori, non significa che non vi siano delle attività che debbano essere punite perché sono compiute senza far parte del sodalizio e senza concorrere minimamente in termini causali agli scopi dell’organizzazione, ma devono essere consacrato in una norma ad hoc». Il reato di «concorso esterno in associazione mafiosa», in realtà non esiste, tanto è vero che viene chiamato «il reato che non c’è». Deriva dal combinato disposto dell’articolo 110 del Codice penale, che prevede il «concorso», cioè la partecipazione di qualcuno a un reato, e dell’articolo 416 bis, che prevede il reato di associazione mafiosa. Il dibattito su questo reato-non reato, mai tipizzato nel Codice penale, è apertissimo tra i giuristi: chi ritiene che il concorso esterno vada disciplinato fa notare che se una persone concorre a una associazione mafiosa allora merita il 416 bis, mentre se non concorre, e quindi è esterno, non può essere considerato mafioso. Nel giugno del 2001, l’allora senatore di Rifondazione comunista, Giuliano Pisapia, presentò una proposta di legge per risolvere questo bug, inserendo nel Codice penale l’articolo 378 bis, «Favoreggiamento o agevolazione di associazione di tipo mafioso»: «Chiunque», recitava la proposta di Pisapia, «al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 416 bis, favorisce consapevolmente con la sua condotta un’associazione di tipo mafioso o ne agevola in modo occasionale l’attività, è punito con la reclusione da due a cinque anni». Non se ne fece nulla, per le proteste che scatenò l’iniziativa. Negli anni altre iniziative simili sono puntualmente azzoppate dopo critiche spesso strumentali e propagandistiche. Ieri, in soccorso del ministro, è arrivato l’intervento del vicepremier azzurro, Antonio Tajani, secondo il quale « lapriorità è la separazione delle carriere», ma che ha dato ragione a Nordio sul concorso esterno. Proprio sulle carriere separate di giudici e pm, l’Associazione nazionale magistrati continua a tenere banco sui media con le critiche al governo: «La separazione delle carriere», arriva ad affermare il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, a Rai Radio 1, «è pericolosa per la democrazia. Apre ad altre riforme come la non obbligatorietà dell’azione penale che, invece, noi riteniamo essere un presidio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Un pm separato dalla giurisdizione e quindi fuori dal meccanismo di compensazione e controllo che ad oggi prevede la Costituzione, lo lasceremo da solo? Si controllerà da solo o ci sarà qualcuno che ambirà a quel controllo? Quello non potrà che essere il potere politico. Sul concorso esterno in associazione mafiosa», ammette però Santalucia, «quello che dice il ministro è vero se riferito a un passato che ormai è abbastanza lontano. Gli sforzi di tipizzazione sono stati fatti e hanno trovato un esito ormai stabile nella giurisprudenza. Potremmo discuterne a lungo ma quello che mi sento di dire oggi è che le preoccupazioni di una norma che non ha i suoi confini ben chiari sono infondate». Espressioni come «pericolo per la democrazia» appaiono francamente abnormi, considerando che si riferiscono a alcune proposte di riforma della Giustizia contenute nel programma del centrodestra che è stato premiato, come accade appunto in democrazia, dagli elettori. Gli attacchi di Santalucia non scompongono Nordio: «Quello che mi dispiace», commenta il Guardasigilli, «è che le polemiche molto spesso, per non dire sempre, non sono fondate su argomenti razionali e su principi chiari, ma generalmente su reazioni emotive o addirittura su preconcetti. Attualmente non abbiamo calendarizzato la proposta della separazione delle carriere. Probabilmente la porteremo nella prossima riunione di maggioranza, che sarà prima delle vacanze estive, per definire le tempistiche, perché una proposta governativa che incida su una riforma costituzionale», aggiunge Nordio, «deve essere collegata ad altri tipi di riforme che dipendono anche da considerazioni di ordine politico». Parole limpide, alle quali, si spera, seguiranno i fatti.
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