2024-02-14
Landini vuol federare M5s e Pd con l’aiuto dei giornali di Stellantis
Maurizio Landini (Imagoeconomica)
L’incontro segreto con Conte è scoperto «per caso» dalla «Stampa», mentre sulla crisi dell’auto il sindacalista si limita a chiedere un tavolo. Intanto il gruppo del presidente Elkann produrrà in Ungheria i motori elettrici.Alle volte basta unire i puntini per interpretare quello che succede nella politica e di conseguenza nelle partite economiche che contano. E così vale pena fare nel grande gioco della Settimana enigmistica della sinistra partendo dall’ennesimo colpo di teatro che ha agitato i rapporti tra Pd, sindacato ed M5s: lo scoop della Stampa che lunedì ha scoperto il colloquio riservatissimo tra il leader grillino, Giuseppe Conte, e il segretario della Cgil, Maurizio Landini. Incontro avvenuto di domenica, a casa dell’ex premeir e rispetto al quale il giornale di Torino ci ha tenuto ad evidenziare la «casualità» dell’avvistamento. Ci saranno pure inciampati per caso nella notizia ma di certo nell’articolo erano evidenziati alcuni contenuti della chiacchierata che solo i presenti potevano conoscere. «Si è parlato», si legge, «di contratti e di salario minimo. Di operai, stabilimenti e Stellantis». Peraltro i cronisti sono anche a conoscenza del fatto che sul tavolo di casa fa bella mostra di sè una copia della stessa Stampa con un’intervista in cui Conte rilancia «la proposta di una grande iniziativa concordata con le opposizioni sul salario minimo». Insomma o, come spesso accade, c’è una talpa tra il personale di servizio dell’avvocato, oppure qualcuno dei protagonisti aveva tutto l’interesse a rendere noto il vertice. Del resto è sicuramente «un caso» anche il fatto che lo scoop sia stato pubblicato proprio da un giornale che fa capo al gruppo Gedi, che a sua volta è controllato da Exor la holding degli Agnelli-Elkann che ha una partecipazione del 14,9% in Stellantis, con il 25,9% dei diritti di voto, ed esprime il presidente del gruppo automobiliostico nella figura di Jaki. Si tratta appunto dello stesso quotidiano che insieme al gemello di casa, La Repubblica, è finito nel mirino (esplicite le critiche dell’ex ministro Carlo Calenda) per il trattamento di favore (frequenti le intervista che davano la linea al giornale) riservato allo stesso Landini che infatti negli ultimi anni ha ammorbidito e non poco le sue posizioni su Stellantis. L’accusa è di un vero è proprio do ut des con tanto di querela del segretario della Cgil al leader di Azione. Continuando sul fronte delle casualità e continuando però anche ad unire i puntini, deve essere sicuramente merito della sorte se all’indomani dello scoop, lo stesso ex metalmeccanico rosso ha deciso di spiegare i perché dell’incontro con Conte (mettendolo sullo stesso piano di quelli avuti con altre forze politiche) al Fatto Quotidiano, giornale che va a braccetto con le istanze grilline, così come deve essere altrettanto un caso che nel respingere sdegnato le accuse di morbidezza di Cgil e Fiom rispetto ai problemi di Stellantis che è sempre più distante dall’Italia, Landini si sia schermito dietro al prezzo pesantissimo pagato dai suoi (lui era leader della Fiom) tra il 2010 e il 2012 (quando c’è stato il referendum e quando la Fiom ha deciso di non sottoscrivere il nuovo contratto Fiat che intanto era uscita da Confindustria), fingendo di non sapere che le accuse di Calenda partono dal 2019-2020, anni in cui Exor ha rilevato Gedi e quindi i quotidiani La Repubblica, La Stampa e Il Secolo XIX. Per chi «al caso» crede poco, invece, è abbastanza chiaro che sta succedendo altro. È nei fatti che con il suo movimentismo il numero uno della Cgil si stia incuneando tra le debolezze della sinistra e le oggettive difficoltà di dem ed M5s a trovare dei punti di contatto. Landini si sta proponendo come il federatore delle due anime. E sta mettendo a disposizione di Pd e Movimento il terreno dove lui più si trova a suo agio, la piazza, e le nuove manifestazioni con le quali si ripromette di dare battaglia in primavera anche in vista delle elezioni Europee di giugno. Tutto lecito per carità. Non fosse che la diretta conseguenza di questa ricostruzione è che il segretario della Cgil sta «usando» il sindacato per raggiungere degli scopi politici. Che ai lavoratori interessano assai poco. Il riferimento è soprattutto ai lavoratori italiani di Stellantis, che un giorno si sentono dire dall’ad Carlos Tavares che senza incentivi all’elettrico Mirafiori e Pomigliano sono a rischio e il giorno dopo vedono materializzarsi la cassa integrazione a Torino per tutto il mese di marzo. «C’è la transizione green da affrontare», si sentono ripetere, «e non sarà un pranzo di gala». Infatti anche ieri la multinazionale più francese che italiana ha annunciato che un pezzettino di produzione di questa transizione verrà ospitata all’estero e precisamente in Ungheria. L’investimento, che beneficia dello stanziamento del governo di Budapest, ammonta a 103 milioni, e permetterà a Stellantis di contare su un nuovo sito dedicato alla produzione di moduli di motori elettrici, che si aggiunge agli impianti di Tremery-Metz, in Francia, e Kokomo, negli Usa.E Landini? Sempre nell’intervista al Fatto Quotidiano non è stato molto loquace sul tema. Si è limitato a dire che «i sindacati dei metalmeccanici unitariamente hanno chiesto a Stellantis e al governo un tavolo per garantire la produzione in Italia e noi li sosteniamo». Ce lo ricordavamo più barricadero. Un po’ sulla falsariga del ministro Urso che ieri prima ha precisato che le lungaggini burocratiche sugli aiuti europei per la Gigafactory di Termoli non sono attribuibili al governo è poi ha chiarito: «Vogliamo creare tutte le condizioni perché Stellantis raggiunga un milione di veicoli prodotti in Italia come promesso. Se non succederà, dal prossimo anno le risorse del fondo automotive saranno destinate non più a incentivare il consumo ma a chi vuole realizzare nel nostro Paese una nuova casa automobilistica».
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