2022-06-18
La Lamorgese fa promesse, l’Italia collassa
Il ministro dell’Interno continua a elogiare la cooperazione europea in tema di rifugiati, però nei fatti oltre 1.100 sono stipati a Lampedusa e dei circa 600 smistati nessuno è finito all’estero: vanno tutti in altre regioni. Così si innesca una bomba etnica.Processo a Matteo Salvini per Open Arms: «Gino Strada telefonò a Mattarella». Lo psicologo a bordo svela il retroscena sul Colle. Il leghista: «Ho fatto ciò che dovevo».Lo speciale contiene due articoli. Mentre la narrazione fantasiosa del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese è ancora tutta concentrata sulla relazione con l’Europa e sulla chimera della solidarietà tra Paesi per la redistribuzione degli immigrati, Lampedusa scoppia. Ieri il Viminale ha dovuto chiedere l’intervento della Diciotti, nave militare della Guardia costiera, per spostare 602 ospiti dell’hotspot di contrada Imbriacola a Porto Empedocle. Perché neppure i traghetti sono più sufficienti. Ieri La Verità aveva svelato che la Prefettura di Agrigento stava raschiando il barile per cercare qualche posto libero nei centri d’accoglienza siciliani. E siccome l’impresa si era fatta particolarmente ardua, il Viminale ha deciso di sparpagliare i clandestini tutta Italia. Il primo volo charter con 12 tunisini è partito per Roma ieri mattina. Da lì in autobus la dozzina raggiungerà il Cpr di Palazzo San Gervasio, provincia di Potenza, in attesa delle procedure di rimpatrio. Nonostante il risiko messo in campo dal Viminale per tentare di alleggerire l’hotspot, però, i nuovi arrivi continuano a mantenerlo pieno oltre l’immaginazione: se giovedì si era sfiorata quota 1.500, ieri con i nuovi arrivi non si è scesi sotto i 1.155. I 12 partiti per Potenza sono stati subito rimpiazzati da altri 12 sbarcati nella notte dopo un viaggio della speranza su un barchino di soli cinque metri partito da Djerba e intercettato mentre puntava verso la spiaggia. Poco dopo, a circa 10 miglia dall’isola, le autorità hanno raggiunto un altro barcone con 77 passeggeri provenienti da Egitto, Marocco e Tunisia. Ora il totale degli arrivi è schizzato a 23.582, contro i 18.359 dello stesso periodo dello scorso anno e i soli 5.696 del 2020. Nei primi 17 giorni del mese di giugno sono già sbarcati in Italia 4.101 immigrati. E in pochi sembrano avere le caratteristiche del rifugiato. Le prime tre nazionalità sono Bangladesh, Egitto e Tunisia. Proprio tra i tunisini sbarcati giovedì, giornata da record, con oltre 800 approdati a Lampedusa, i medici del presidio d’accoglienza hanno riscontrato una sessantina di casi di scabbia. Lamorgese, però, continua a far finta di nulla. Come se la situazione fosse sotto controllo. Non curante anche del fatto che la Sea Eye 4 - con 488 persone a bordo - è già in prossimità della costa siciliana. Ieri si è fermata al largo tra Marina di Ragusa e Pozzallo, in attesa che il governo dia via libera allo sbarco assegnando un porto. Quattro passeggeri sono già in Italia, evacuati con il supporto dei mezzi navali della capitaneria di porto per problemi di salute. Si tratta di due donne e due uomini: una al quinto mese di gravidanza con ustioni, un’altra con ustioni nella parte inferiore del corpo (entrambe provocate da contatto con idrocarburi) e un nigeriano che soffre di epilessia. Un altro uomo di origine marocchina si è procurato una frattura a una mano. Mentre Lamorgese continua nella sua operazione di propaganda sperando che il suo storytelling - sostenuto dai giornali progressisti - metta in ombra la dimensione emergenziale causata dagli approdi indiscriminati. Anche ieri, durante un vertice negli Stati Uniti su terrorismo e immigrazione, ha sbandierato accordi europei puramente teorici: «Con l’accoglienza dei profughi ucraini abbiamo visto l’Europa come vorremmo vederla, un’Europa unita, solidale, ospitale». E ha definito «storico» l’accordo del 10 giugno tra 15 paesi per un programma di redistribuzione di migranti. Dimenticando però di sottolineare che solo i profughi ucraini partiranno per altre destinazioni. Chi proviene da Africa e Asia, invece, resta piantato in Italia, finendo per fare da brodo di coltura per fenomeni nocivi come l’orda di africani che ha invaso il Garda lo scorso 2 giugno e ora minaccia la Riviera romagnola. L’accoglienza, secondo Lamorgese, è un problema «strutturale» e «non emergenziale». «A Lampedusa», però, ha detto ieri Attilio Lucia, leghista risultato il terzo più votato nella lista civica che ha scalzato il primo cittadino uscente Salvatore Martello, «non c’è alcuna accoglienza per i migranti, la mia isola è solo il centro del business della sinistra e delle Ong». E non è solo la Sicilia a soffrire: a Trento oltre 60 profughi, per le lungaggini burocratiche di un sistema d’accoglienza totalmente fallimentare, sono finiti fuori dai meccanismi per la richiesta d’asilo e vivono in strada. Sono in un limbo: non ottengono lo status di rifugiati e non vengono espulsi. Inoltre, senza un progetto per mettere un freno alle rotte, la situazione non può che peggiorare. Ieri, sfruttando le condizioni ottimali del mare, due barchini sono approdati nella Sardegna sudoccidentale, la zona dell’isola più vicina all’Africa. In tutto sono arrivate nove persone. Un barchino con cinque passeggeri (due bambini, una donna incinta e due uomini) è stato raggiunto dalla guardia di finanza mentre entrava nel porto di Sant’Antioco. Gli altri quattro (un bambino di due anni, una donna e due uomini) avevano già raggiunto la spiaggia di Porto Pino e sono stati intercettati dai carabinieri mentre si allontanavano a piedi. Tutti e nove sono finiti nel centro d’accoglienza di Monastir. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lamorgese-promesse-italia-collassa-2657526874.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="processo-a-salvini-per-open-arms-gino-strada-telefono-a-mattarella" data-post-id="2657526874" data-published-at="1655489530" data-use-pagination="False"> Processo a Salvini per Open Arms: «Gino Strada telefonò a Mattarella» Lo psicologo che valutò lo stato di salute dei passeggeri della Open Arms, la nave che nell’agosto 2019 rimase per alcuni giorni in attesa di un porto di sbarco (decisione condivisa dal governo gialloverde ma per la quale è a processo Matteo Salvini), decise di fare una valutazione complessiva, senza produrre relazioni specifiche. E sulla base di quella documentazione generica le autorità avrebbero dovuto decidere cosa fare. E anche in fretta. È quanto è emerso ieri durante il processo a Palermo che vede l’ex ministro dell’Interno imputato per sequestro di persona. Il testimone è Alessandro Di Benedetto, lo psicologo di Emergency salito a bordo nei giorni in cui l’equipaggio chiese di far sbarcare i passeggeri a Lampedusa. Dopo la visita Di Benedetto preparò diverse segnalazioni nelle quali sosteneva che c’era il rischio «di perdere il controllo della situazione». Lo psicologo ha parlato anche di tentativi di suicidio e di persone che accusavano sintomi da «disturbo da stress post traumatico». Il difensore del leader della Lega, l’avvocato Giulia Bongiorno, ha espresso non poche perplessità proprio per la «vaghezza» dei documenti redatti, che non avrebbe permesso una precisa valutazione. D’altra parte, cinque passeggeri furono autorizzati a scendere non appena arrivarono referti più dettagliati. Poi però «da parte di Emergency», ha affermato l’avvocato, «non ci furono altre risposte soddisfacenti». Partì invece una sorta di pressing. Con Gino Strada che avrebbe cercato «di chiamare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella», ha detto ancora lo psicologo, aggiungendo che «non fu possibile perché era in volo per la Sicilia». E allora «tentò di telefonare anche a Salvini». Chi gli rispose, secondo lo psicologo, «disse “ora glielo passo”. Poi cadde la linea». E non sarebbe stato più possibile contattarlo. Ma a confutare l’accusa è arrivata anche un’altra testimonianza, quella di Emanuela Garroni, funzionario del Viminale di lungo corso ed ex vice capo di gabinetto del ministero dell’Interno. La teste rispondendo alle domande del pm ha spiegato che «i migranti tenuti sulla nave spagnola davanti all’isola di Lampedusa sarebbero stati fatti scendere e pure in tempi brevi». L’intervento della Procura di Agrigento, insomma, non sarebbe servito a sbloccare la situazione. «Parlare di porto sicuro», ha detto l’ex funzionaria, «non è corretto perché i minori sono sbarcati, la nave stava a Lampedusa e i migranti non potevano che scendere lì anche per motivi meteorologici. Avevamo chiesto la rivalutazione del decreto del Tar che aveva sospeso l’interdizione delle acque nazionali alla nave e la Spagna aveva nel frattempo proposto un Pos». Si trattava quindi di tempi tecnici. Anche per le verifiche. La testimone, infatti, ha spiegato che «c’era da poco stata la vicenda di Anis Amri, l’attentatore dei mercatini di Natale di Berlino», ucciso poi alla stazione ferroviaria di Sesto San Giovanni, «che era arrivato proprio da Lampedusa. È chiaro che si è innalzato il livello di attenzione. Era nostro dovere farlo». A fine giornata la Bongiorno ha commentato: «Credo che sia stata un’udienza veramente positiva. Gli elementi emersi, nonostante arrivino da testi dell’accusa, sono estremamente favorevoli». Salvini promette battaglia: «Conto di poter dimostrare che ho semplicemente fatto quello che era mio diritto fare, senza mettere a rischio la salute di nessuno». Alla prossima udienza, fissata per il 15 luglio, sarà sentita l’ex ministro della Difesa Elisabetta Trenta, che si rifiutò di firmare il secondo provvedimento interministeriale di divieto d’ingresso per Open Arms.