2019-03-13
L’alunno, la professoressa e il marito. Solo il bimbo di Prato non ha scelta
L'esperto di diritto di famiglia: «Il destino del neonato è nelle mani dei tre protagonisti». Tutti potranno accampare pretese, disconoscerlo o aprire battaglie legali. Anche lo studente, quando avrà 18 anni.La professoressa, l'alunno e il pargolo inatteso. La liaison di Prato la conosciamo tutti, una storia che non può passare inosservata, anche nell'epoca che ci ha assuefatti alle corna sputtanate in diretta televisiva. Perché a differenza delle varie isole dei famosi, quello che è successo in questa cittadina della Toscana è realtà, non ci sono autori ad architettare colpi di scena, lacrimosi epiloghi e ipocrite scuse. Qui in provincia e lontano dalle telecamere è tutto vero, come nelle novelle del Boccaccio. Lo hanno anche confermato le analisi del Dna sull'innocente bebè concepito tra una ripetizione d'inglese e l'altra. La vicenda per i pochi ignari si può riassumere così: un'insegnante di 35 anni, sposata sembrerebbe felicemente, viene accusata di violenza sessuale ai danni di un suo discepolo, all'epoca dei fatti tredicenne, con cui avrebbe avuto ripetuti e focosi rapporti sessuali. La donna rimane incinta e, dai test genetici, risulta che il bambino è figlio dell'alunno.Si è scoperto tutto dopo la denuncia dei genitori dello scolaro, insospettiti dalla lettura di alcune chat che si erano scambiati l'adolescente e la sua precettrice. Messaggi di amore, desiderio e gelosia, come se si trattasse di una coppia adulta. Frasi del tipo: «Dove sei? Rispondimi, perché non rispondi?». E altre decisamente più ossessive: «Se mi lasci racconto a tutti che il bambino è figlio tuo».Si può aggiungere che la relazione è durata quasi due anni, che la signora, che aveva anche un figlio di 7 anni, di lavoro fa l'infermiera e assiste gli anziani a domicilio a Prato, che la madre del ragazzo l'ha conosciuta e reclutata in palestra. E ancora che è stata inquisita con l'ipotesi di reato di atti sessuali nei confronti di minore, che l'inglese stentato del ragazzo parrebbe comunque migliorato e che probabilmente il marito sapeva tutto della liaison da tempo. Tuttavia avrebbe scoperto solo ora che il bebè che ha cresciuto per cinque mesi insieme alla moglie in realtà non è suo. La matassa per i magistrati non è semplice da dipanare, ci sono due padri, una madre e un neonato a cui qualcuno deve provvedere. Soprattutto quest'ultimo che fine farà? L'unico che davvero non ha responsabilità, se non la sventura di essere stato generato da spermatozoi e ovuli che non avrebbero dovuto incontrarsi.La questione è spinosa. Abbiamo posto queste domande all'avvocato matrimonialista di Milano, Roberto Campagnolo, esperto in diritto di famiglia: «Partiamo innanzitutto dal fatto che i minorenni non possono fare sesso se non tra di loro, perché il consenso è negato, ovvero anche se c'è non è valido. Quindi l'insegnante ha sicuramente commesso un reato, su questo non c'è dubbio. Oltretutto a commettere il reato è stata una persona che doveva prendersi cura del minore, quindi una persona che si trova in posizione di superiorità psicologica nei suoi confronti. Il reato ai sensi del codice penale esiste e quindi ci sarà un procedimento». Altro e più complesso discorso riguarda invece il destino del bambino. Con chi starà? «A livello di affidamento e mantenimento, il marito della signora ha già riconosciuto il figlio instaurando così la genitorialità e quindi sia lui che la madre sono obbligati», spiega il legale, «a prenderlo in affidamento e mantenerlo finché lui non sarà sufficientemente autonomo. Invece il ragazzo, il vero padre, quando avrà compiuto diciotto anni potrà disconoscere la paternità del marito dell'infermiera e chiedere l'accertamento della sua paternità sulla base dell'esame del Dna che è già stato effettuato. Bisogna aggiungere che essendo in corso un processo penale il pm potrebbe sollevare lui il disconoscimento di paternità. È una sua prerogativa, ma non è detto che lo faccia». Una situazione molto intricata, perché potrebbe anche verificarsi il caso che sia la madre stessa a chiedere il disconoscimento della paternità entro un mese (il termine è di sei mesi dalla nascita e il piccolo oggi ha cinque mesi). Oppure il marito, padre legale ma non biologico, potrebbe fare altrettanto entro i prossimi sette mesi (per lui il termine è di un anno). Infine anche il figlio medesimo potrà chiedere il disconoscimento, in qualunque momento, una volta diventato maggiorenne, oppure, dopo che avrà compiuto 14 anni, chiedendo al tribunale la nomina di un curatore speciale.E poi, secondo l'avvocato, c'è ancora una possibilità: il marito della donna, anche dopo l'avvenuto disconoscimento, può infatti chiedere di continuare a essere il papà del piccolo. Inoltrando al tribunale per i minorenni apposita domanda d'adozione del figlio della moglie, a quel punto non più legalmente suo. Come andrebbe a finire è difficile prevederlo, perché i giudici dovrebbero indagare se, effettivamente, l'adozione corrisponde all'interesse del figlio e non solo a quello dei genitori. Il rischio infatti, in tutta questa storia, è che a rimetterci sia l'unico che proprio non se l'è cercata.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)