2021-06-27
«L’agente che ha sparato non aveva scelta»
Manuel Spadaccini (Facebook)
L'istruttore delle forze dell'ordine promuove il poliziotto che ha colpito il ghanese a Termini: «È stato lucidissimo: s'è assicurato di non poter ferire innocenti e ha fatto fuoco per non uccidere. Ma sul taser bisogna muoversi: il crimine evolve prima dello Stato».Manuel Spadaccini, ex carabiniere, è istruttore professionista di difesa personale per forze dell'ordine. Gestisce numerosi centri in tutt'Italia ed è seguito da migliaia di utenti sul Web e sui social: quasi 70.000 follower su Instagram e Facebook. Sull'agente che, a Termini, ha ferito con la pistola un ghanese armato di coltello, ha le idee chiare: «Poliziotto promosso». Sul suo canale Youtube, che sfiora i 150.000 iscritti, ha proposto una dettagliata analisi tecnica, mostrando perché l'uomo della Polfer ha fatto bene a sparare.Lo spiega anche a noi?«Quella situazione stava sfociando in un grave problema di ordine pubblico. Il soggetto non era collaborativo, la sua non era semplicemente resistenza passiva».Cioè?«Non era sdraiato sui binari. Non era in fuga. Ha affrontato gli agenti, è avanzato minacciosamente verso di loro, con il coltello. Era molto mobile, non poteva essere distratto, aggirato e bloccato alle spalle».Per l'aggressore, è stata esclusa l'ipotesi di tentato omicidio. Ma in quegli istanti, l'agente può esser certo che chi ha di fronte non ucciderà lui, i colleghi, o i passanti?«No. Lo spiega bene un video relativo a un episodio estremamente simile, accaduto in Sudamerica».Cosa è successo?«La polizia ha provato a dialogare e a circondare un criminale con il coltello. Ma quando gli agenti si sono avvicinati, quell'uomo ha fatto quattro metri in un secondo, si è scagliato su un poliziotto e l'ha ucciso con un fendente al collo».E i suoi colleghi?«Erano armati di fucili, ma nessuno stava puntando le armi verso l'aggressore».Questo è un altro dettaglio importante: sulle brevi distanze, chi ha il coltello è avvantaggiato rispetto a chi ha l'arma in fondina?«Ci sono innumerevoli test che dimostrano che una persona armata di coltello, se è più vicina di sette metri, raggiunge e colpisce l'operatore prima che egli riesca a estrarre l'arma e a fare fuoco».Il posizionamento dell'agente di Termini è stato corretto? Ha minimizzato il pericolo di colpire i passanti?«Ha fatto un lavoro estremamente minuzioso, con un tempismo perfetto. Alle spalle dell'aggressore, infatti, c'erano prima un collega poliziotto - che ha capito tutto e si è defilato - e poi due portoni: c'era il rischio di ferire qualcuno all'interno dell'edificio».E allora?«L'agente si è spostato lateralmente all'ultimo momento e poi ha fatto fuoco non appena è stato sicuro che, al di là del bersaglio, ci fosse solo una parete».Se avesse mancato l'aggressore, il proiettile si sarebbe conficcato nel muro, senza colpire nessun altro.«Esatto. E non era una cosa facile: quel soggetto era estremamente mobile, quindi l'agente si è reso conto che doveva avanzare, coglierlo di sorpresa e fare fuoco immediatamente, prima che lui si spostasse di nuovo e gli facesse perdere quella finestra d'opportunità. Vorrei ricordare una cosa a cui le persone, magari, non pensano».Cosa?«Non c'è nulla di peggio del rimpianto di un operatore che si rende conto di non aver sfruttato il momento giusto per impedire una violenza. Quell'uomo poteva fermare un ragazzino in moto e accoltellarlo…». Senza dubbio.«Ha visto che c'era una persona che filmava dall'interno di una macchina?».Sì.«Cosa sarebbe successo se l'aggressore fosse andato ad aprire la portiera e avesse puntato il coltello al collo del conducente, prendendolo in ostaggio? O se gli avesse tagliato la gola?».Tra l'altro, se i poliziotti non avessero risolto la situazione e fosse successo qualcosa di grave, l'opinione pubblica cosa avrebbe dovuto pensare?«Guai! Starebbero tutti a dire: «Dov'è la polizia? Ci sono solo per fare le multe», «Io pago le tasse e loro non mi proteggono»…».È stato corretto mirare alle gambe?«È chiaro che, mirando alle gambe, puoi colpire la femorale e uccidere. Ma minimizzi il rischio. E comunque, non puoi mirare dal ginocchio in giù: le gambe sono molto mobili e diventa troppo difficile colpire il bersaglio. Si rischiano problemi di rimbalzo del proiettile. E il criminale si sarebbe potuto agitare ancora di più, scagliandosi contro l'agente».Con quali conseguenze?«Il poliziotto sarebbe stato costretto ad abbatterlo».Ah.«Quindi, per evitare che il soggetto reagisse in questo modo, l'agente si è reso conto che doveva assestargli un colpo che lo immobilizzasse, senza ferirlo a morte. Devo dire che, fin dall'inizio, quel ragazzo ha dimostrato la volontà di non uccidere».Sì?«Una delle regole per abbattere un soggetto ostile è di doppiare i colpi. Lui, invece, ne ha sparato solo uno: il minimo indispensabile per fermare la minaccia. Non a caso, subito dopo aver fatto fuoco, si è spostato lateralmente, nell'ipotesi in cui l'aggressore gli si fosse scagliato contro. Ha preferito assumersi questo rischio, pur di non uccidere».Perché l'agente si è tolto un guanto prima di impugnare la pistola?«Per aumentare la sua sensibilità sul grilletto, in una condizione di iper stress. È stato lucidissimo».C'è un'alternativa all'uso dell'arma d'ordinanza?«Il taser: è utilizzato in quasi 90 Paesi al mondo con successo, speriamo si acceleri anche da noi. Un'altra alternativa è il munizionamento in gomma, non letale. E ora stanno testando una sorta di rete avvolgente e bloccante, che non ha un'azione elettrica. E annulla i già minimi rischi del taser».Qual è la soluzione migliore?«Direi che l'importante è muoversi: la criminalità evolve più velocemente dello Stato».
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)
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