2020-05-29
La veterinaria aspirante miss Covid incolpa lo smog e ci tratta come muli
Ilaria Capua (Getty Images)
Ilaria Capua si gode la fama tra copertine e laute ospitate tv. Ma ripete come innovative teorie apparse già otto secoli fa.«Quanti siete? Dove andate? Un fiorino». Come Massimo Troisi (e Roberto Benigni) siamo stati risucchiati tra Medioevo e Rinascimento; anche noi abbiamo frontiere e gabelle: «Quanti siete? Distanziatevi! Una multa». Tutte le sere aspettiamo le previsioni del virus, che sono più frequenti e meno attendibili di quelle del meteo. Ce le fanno non emuli del colonnello Bernacca, ma sussiegosi virologi che tra loro hanno anche qualche «meteorina» nel senso che come meteore assurgono a improvvisa popolarità. Una si è anche pigliata qualche rivalsa su di una «congiunta». Se la cugina fu miss Italia, lei, immortalata sulla copertina di Sette, oggi è miss universo Covid-19, ovviamente indossando l'ideologia più di moda del momento: il virus prospera per via dell'inquinamento. Non è originalissima l'idea perché otto secoli fa c'è stato un medico che aveva dato colpa della peste all'aer corruptus. Ma oggi grazie a Ilaria Capua l'orizzonte della scienza si tinge di verde e si presenta al popolo in tivvù come pratica sciamanica, perciò inconoscibile, indiscutibile e infallibile. Galileo Galilei ci ha spiegato che la scienza procede per prova ed errore. Soprattutto per errore che però i virologi non ammettono mai. Né quelli dell'Istituto superiore di sanità che ci hanno detto tutto e il contrario di tutto, né quella in collegamento dalla Florida che - era il 24 febbraio - ci faceva sapere via satellite: «Bisogna comportarsi come se fosse in arrivo una brutta influenza. Se si è ammalati di qualsiasi forma respiratoria è meglio non andare in giro. Chi ritiene di essere ammalato dovrebbe stare a casa. Chi sta bene può continuare ad avere una vita normale». Ipse dixit Ilaria Capua, cugina di Roberta Capua, miss Italia nel 1986, che prima del Covid era la più famosa. Ma la scienziata si è presa la sua rivincita d'immagine; in televisione fa una certa figura e guadagna più della cugina: per ogni ospitata, come ha rivelato Panorama, piglia più o meno 200 euro al minuto più Iva. Il fascino della veterinaria più famosa d'Italia è stato consacrato in copertina da Sette, il magazine del Corriere della sera. Sguardo verso il futuro, cappello countrychic e profilo stentoreo: et voila miss Covid-19. Ilaria viene dalla campagna, o meglio dall'allevamento di polli. Si è occupata d' influenza aviaria e da veterinaria, quando spiega lo scibile attorno al virus, ci tratta da asini. Fino a raccontarci: «Dobbiamo far pace con la natura, il coronavirus ha a che fare con l'inquinamento; penso che in Lombardia si sia tanto diffuso perché i treni dei pendolari sono sporchi. Questa malattia è molto più grave nelle città più inquinate. Bisogna capire qual è l'inquinamento che ci dà più problemi». Ovviamente la Capua - è uscito un nuovo libro (Il Dopo, Mondadori) perché pare brutto lasciare orfano il mondo di tanto sapere - ci raccomanda di lavarci le manine, di stare distanziati, di avere cura dell'igiene e che il virus non se ne andrà col caldo; magari si piglia le ferie, ma poi torna. E se inquinate vi becca. Alla parola inquinamento si è messa in moto la macchina del tempo.Perché la grande veterinaria ha scoperto non l'acqua, ma l'aria calda! Sentite un po' questa storia. Correva l'anno 1348 e Perugia, come tutta l'Italia, fu flagellata da un'ondata di peste che non lasciava scampo. Operava in quel tempo un gran dottore, Gentile da Foligno, considerato un assoluto innovatore della medicina perché avendo tradotto dall'arabo Avicenna aveva posto alla base della conoscenza medica l'anatomia. Ebbene, Gentile da Foligno morì di peste per curare la peste, fece anche tantissime autopsie (quelle sconsigliate dall'Iss, ma praticate a Padova, che ci hanno consentito di capire che il coronavirus non attacca i polmoni, ma provoca occlusioni vascolari) cercando la prova empirica delle sue intuizioni. Se leggessimo i precetti di Gentile contenuti in ben tre saggi, il Consilium contra pestilentiam, il breve Sumarium de peste e il monumentale Consilium in epidemia magna dum accidit in Perusii, non troveremmo indicazioni molto diverse da quelle attuali dell'Istituto superiore di sanità: distanziamento, coprirsi il respiro (mascherine!), mangiar di magro, fuggire dalla città verso la campagna, non toccare gli appestati se non con bastoni e guanti, lavarsi le mani spessissimo e profumare l'aria piantando anche alberi odorosi in città e spargendo fumi, fare i salassi (non siamo lontanissimi dal plasma iperimmune dei giorni nostri). Ma ciò che maggiormente è intrigante è l'eziologia gentilesca della peste. Per lui originava dal «soffio pestifero» che si era determinato da pessima congiunzione degli astri il 20 marzo 1345. Ciò avrebbe determinato un vortice d'aria anomalo che ritornato sulla terra come «aer corruptus» e respirato dagli uomini finiva per infettarli in brevissimo tempo. Questa tesi più di un secolo dopo fu avvalorata dal massimo ingegno del Rinascimento, Marsilio Ficino, anche lui medico e filosofo. Durante la peste di Firenze nel 1478 scrisse un saggio in cui sostenne che eclissi anomale avevano determinato un disaccordo tra cielo e terra. Ciò provocò negli uomini una sovrabbondanza di umori (bile gialla e sangue) che ha determinato la peste. Ha ragione la Capua: bisogna far pace con la natura! E come si curava il flagello quasi otto secoli fa? Col distanziamento, tenendo tutti ad almeno due braccia o a cinque se c'è sospetto, senza assembramenti, lavandosi continuamente mani e viso, avendo vestiti e biancheria pulita con aceto e sale, non uscendo di casa, mangiando leggero, non copulando e facendo salassi. Nihil novi sub solem! Ottocento anni e siamo al punto di partenza: non pare che la veterinaria Ilaria Capua vada così oltre Gentile e Marsilio! Che differenza c'è tra l'inquinamento e l'are corruptus? Oddio, una differenza s'intravvede: Gentile per scoraggiare la peste donò al convento degli agostiniani una vigna e fece costruire un'altra chiesa a sue spese. Anche Ilaria ha costruito, ma una carriera politica prima di quella televisiva. Fu eletta nel 2013 alla Camera per Scelta civica di Mario Monti, giusto per stare dalla parte del popolo. Ora va a gettone da Giovani Floris a La7, scrive libri, fa consulenze, ricerca e continua a occuparsi di virus e di animali, anche perché il marito, Richard John William Currie, è un manager alla Fort Dodge Animal, attiva nella produzione veterinaria che costò alla Capua anche accuse giudiziarie infondate per presunto traffico di virus. Roba di e da polli. Ma oggi miss Covid-19 è concentrata sulla sua immagine vincente: il virus non scomparirà, ma ci sono qua io a difendervi e mi raccomando attenti, otto secoli dopo, all'aer corruptus! A proposito: il film di Troisi s'intitola: Non ci resta che piangere.
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