2020-06-18
La Troika fornisce la polizza vita al governo
Catenaccio variabile 16 punti su cinque righe sbandierato a sinistra. L'esecutivo perde tempo perché conta sul sostegno di Bruxelles, a cui interessa sbarrare la strada a Matteo Salvini.Se i commercianti di un Paese, attraverso la voce del loro presidente, ti dicono che 270.000 imprese potrebbero chiudere (tra poco), che si potrebbero perdere un milione di posti di lavoro e che, solo nella logistica e nei trasporti, le perdite potrebbero arrivare a 28 miliardi di euro, ecco, di fronte a una situazione del genere, come ragiona un presidente del Consiglio che risponde «a settembre avremo il piano per la ripartenza»? E chi ci crede? Con tutta la buona volontà di questo mondo, chi può crederci, stante il fatto che di tutte le promesse fatte finora, dal ridicolo bazooka in poi, nemmeno una è stata portata in fondo? Perché a settembre? Perché ci sono le ferie nel mezzo? Perché dopo gli Stati generali intende forse convocare un sinodo? Un concilio? Cosa deve fare di qui a settembre, che poi sarà ottobre, poi per lo studio si arriverà a gennaio e verso giugno la scivolata è un attimo? Cosa c'è da chiarire? Vuol sapere cosa non funziona? Estragga a caso dieci operatori economici italiani, anzi 20, uno per regione, e se lo faccia raccontare. Gli chiariranno le necessità nei seguenti settori: tassazione, burocrazia, legislazione del lavoro, istruzione necessaria soprattutto nel comparto della formazione professionale e delle lauree necessarie al mercato e non a creare nuovi posti di lavoro in università, problematiche del credito e della cassa integrazione. Non basta? Stia pur certo che di questi non ce ne sarà uno che chiederà di rivedere i decreti sicurezza dell'allora ministro degli Interni Matteo Salvini. E non perché non se ne può discutere, ma perché non è certo l'urgenza di questo momento. Ma non è bastata la sanatoria Bellanova per dimostrare che non è questa l'urgenza del Paese e che seguendo quella strada, dei 600.000 regolarizzati promessi, siamo arrivati - a oggi - a poche decine di migliaia?Il presidente degli industriali italiani, Carlo Bonomi, ha chiesto al governo una «democrazia negoziale»: vorrebbe dire che il governo si confronti con gli interessati, e con i loro rappresentanti, prima di prendere delle decisioni che li riguardano direttamente. In altre parole decisioni che riguardano la loro pelle. A parte il nome, del quale, in questo casino generale, non si sentiva il bisogno - bastava dire democrazia - capiamo tuttavia il capo di Confindustria, che ha pensato di chiedere che ci sia più negoziazione, più confronto, più discussione. Che per non scrivere decreti a capocchia si consulti chi da una vita fa quello sul quale qualche cervello in qualche ufficio a qualche piano di qualche ministero sta ragionando. Cioè: non guardate gli imprenditori con il cannocchiale, ve li portiamo noi in carne ed ossa. Ve lo dicono loro di cosa soffrono. Niente. Non ci sentono. Ormai, almeno per chi scrive, è francamente difficile - e non per scherzo - capire due cose. La prima, come ragionino. La seconda, come facciano a essere così sordi, insensibili, chiusi, verso le grida di allarme, di disperazione, di bisogno, che non vengono da alcune parti politiche ma dall'insieme di chi produce la ricchezza in questo Paese. Nel passato abbiamo assistito, spesso, al problema opposto: governi che non decidevano perché impauriti ai primi mugugni della piazza, quasi sempre organizzati dal sindacato, Cgil in testa. Questa è una stagione in cui il sindacato tace o, al massimo, sussurra. Giuseppe Conte è un anestetico universale. E degli altri, al governo, sembrano fottersene. Tanto l'assicurazione sulla vita il governo non l'ha stipulata in Italia, con gli italiani, ma all'estero, con la Troika, che avrà fatto intendere a Conte «l'importante è che tieni lontano Salvini, per il resto ci pensiamo noi». E Conte sembra pure crederci. Se non fosse che ci andiamo di mezzo noi uno potrebbe, a sua volta, fottersene, come fanno Conte e compagni di noi, ma, in questo caso, partendo con il fottersene si rimarrebbe fottuti.
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)