Prima il grande ritorno in Aula, poi le trattative febbrili con tanto di «vaffa» a Ignazio. Alla fine la decisione di votare, unico insieme a Elisabetta Casellati, in segno di disponibilità.
Prima il grande ritorno in Aula, poi le trattative febbrili con tanto di «vaffa» a Ignazio. Alla fine la decisione di votare, unico insieme a Elisabetta Casellati, in segno di disponibilità.E il Cavaliere sbottò: «Vaffanculo!». Sull’epiteto rivolto al neo presidente del Senato, Ignazio La Russa, non ci sono dubbi. Silvio Berlusconi l’ha mandato proprio a quel paese, livido di rabbia, furente per le pretese non accolte nel governo che verrà. Le parole che precedono l’improperio sono, invece, questione di labiale. Audio assente. Frasi smozzicate. Eppure, la fedele trascrizione è questa: «Si è tanto discusso della questione veto e mi avevi promesso tre ministri» dice l’ex premier al meloniano, mentre sistema nervosamente dei fogli di carta sul banco. «Sono stato messo sotto da tutti» aggiunge tamburellando con una penna. Segue, pugno sul tavolo e insulto finale: «Vaffanculo!». La Russa sfila via, continuando a risalire l’emiciclo. Il leader di Forza Italia resta seduto, forse sorpreso dalla sua stessa stizza, a fissare il vuoto. Ci sono scene memorabili, destinate a rimanere nella storia parlamentare. Il video rubato ieri al Senato, durante la votazione per il presidente, figura tra queste. È un trionfo che si trasforma in Caporetto. Doveva essere il gran rientro del Cavaliere a Palazzo Madama, nove anni dopo la sua decadenza. La giornata era cominciata di buon mattino. Alle nove e trenta lo intercettano già a Montecitorio, dove vede Giorgia Meloni. Un incontro definito «sereno», con l’ipocrisia che ha contraddistinto le ultime trattative. Invece, è l’ennesimo scontro. Tra un ex premier che non si rassegna alla marginalità e una premier in pectore che non accetta imposizioni. Come l’incaponimento su un ministero di peso alla senatrice azzurra, Licia Ronzulli. Dagli appunti relativi a questa riunione emergerebbe la richiesta di cinque ministeri, anzi sei, per compensare la mancata presidenza della Camera. Dopo il colloquio, Berlusconi si dirige verso Palazzo Madama. Ha l’umore sotto i tacchi. «Eccomi di nuovo al Senato» twitta comunque l’ottantaseienne leader. Ma non sarà l’attesa rivincita. I cronisti lo intercettano: «Voterete La Russa?». Risposta sibillina: «Vediamo, ma credo di sì». Invece, il partito fibrilla. Si dice che voterà scheda bianca, rendendo impossibile l’elezione al primo turno. Sarebbe uno smacco insopportabile. Rischierebbe di far saltare tutto. Eppure, i forzisti sembrano tenere il punto. Decidono di non votare. Si procede in ordine alfabetico. Berlusconi è il primo a dichiararsi assente. Dieci minuti più tardi, però, confabula in aula con il capo delle Lega, Matteo Salvini. Segue colpo di scena. Il Cavaliere interrompe la votazione, arrivata ormai alla M. Va verso il catafalco e infila la sua scheda nell’urna. Dai banchi di Fratelli d’Italia applaudono. Silvio esce caracollando dalla cabina, sorretto da due inservienti. Torna al suo posto accigliato. Gli altri, invece, rimangono sull’Aventino. A partire da Ronzulli. L’unica a votare è l’ex presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati.Berlusconi esce dall’aula. Gli va incontro Bruno Vespa: «Come sta presidente?». Non benissimo, replica lui: «Ho fatto un volo… Mi hanno segato un gradino, ma mi sto riprendendo». E la presidenza di Palazzo Madama? «Ora vediamo. Io ho votato da capogruppo, ma gli altri di Forza Italia non vogliono. D’altronde, questa è la democrazia». Insomma, l’onore di Licia sarà lavato facendo slittare l’elezione di Ignazio. Il capo supremo da una parte, il partito dall’altra. La disfatta già s’annuncia leggendaria. E capita pure l’imprevisto. All’ora di pranzo, sui social, comincia a diffondersi il video, girato prima dell’elezione di La Russa. Meloni, il giorno precedente, era andata addirittura in visita al patriarca nella sua casa romana: un gesto distensivo, vista la sua predilezione per le sedi istituzionali. L’ex premier ha insistito per alcuni ministeri: Giustizia, Sviluppo economico, Salute. Quelli poi evocati nel bisticcio. Ma soprattutto, Berlusconi ha continuato a impuntarsi per un posto d’onore a Ronzulli. Davanti a un’irremovibile Meloni, il Cavaliere s’era sfogato con i suoi: «Deve rispettarci, non può trattarci così». Dissidi poi proseguiti anche nell’incontro di ieri mattina, prima del voto.Dopo il video, arriva comunque l’elezione di La Russa. Imbarazzante. Tanto che Berlusconi è costretto, via social, a smentire attriti: «Non solo non mai ho mai avuto alcuno scontro con lui, ma stiamo collaborando lealmente e in pieno accordo». Come no? Ma chi ha aiutato, vista l’astensione degli azzurri, il neo eletto? Il Cavaliere ha le idee chiare: «Sapevano che Renzi, Azione e i senatori a vita avrebbero votato La Russa». Davanti ai cronisti, non nasconde il suo disappunto sugli alleati: «Nessun ministero a Ronzulli» annuncia. «E non va bene perché non si devono dare i veti». Comunque, la trattativa «è finita». La rabbia, l’epiteto, lo sgomento. È la solitudine del Cavaliere. S’è battuto fino alla fine per la sua senatrice, sfidando logica e realismo. Silvio&Licia. Simul stabunt simul cadent, dicono i latini. Il leader azzurro ha perso malamente. E non gli è rimasto che sfogarsi con il più grillino degli insulti: «Vaffanculo!».
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.