2019-08-08
La procuratrice Kativa Janeva doveva garantire l'iter verso l'Ue. Ha favorito i socialisti. Il suo ufficio è nel caos per un giro di tangenti.Fin dai suoi primi numeri La Verità segue le intricate vicende politiche della Macedonia con l'intento di chiarire ai lettori quale serio pericolo rappresenti per l'intera Europa l'approccio con cui i rappresentanti di Bruxelles hanno gestito negli ultimi anni il cammino verso l'Ue di Skopje, ridotta ad essere capitale di uno Stato a sovranità limitata nella quale gli stessi attori politici non sono altro che marionette di un teatro avente impresari internazionali assai più potenti. Come più volte riportato, nel 2016 la Germania di Angela Merkel, attraverso la controllata locale della Deutsche Telekom, ha intercettato migliaia di ore di comunicazioni telefoniche tra membri dell'allora governo conservatore e consegnato le trascrizioni direttamente nelle mani del leader socialista dell'opposizione Zoran Zaev per favorirne la scalata al potere e successivamente manipolarlo a proprio piacimento. Il piano tedesco unito a quello di George Soros che ha finanziato per molti mesi le proteste di piazza ha portato al risultato sperato. Tuttavia, nonostante il disarcionamento favorito dall'esterno sia riuscito, il governo conservatore del partito Vmro-Dpmne ha sempre contestato la veridicità, il contenuto e i metodi delle intercettazioni. Per calmare le proteste della maggioranza di governo la Commissione europea ed il suo rappresentante per politica estera Federica Mogherini hanno preteso che in Macedonia si istituisse una Procura speciale con il compito esclusivo di verifica delle intercettazioni e il perseguimento dei crimini. La Procura speciale inoltre, a detta dell'Ue, doveva servire a instaurare un vero Stato di diritto e una democrazia funzionante di cui i cittadini macedoni avrebbero potuto fidarsi. In seguito a un compromesso tra le parti politiche alla procura venne disegnato un giudice fino ad allora sconosciuto, Katica Janeva. Zoran Zaev le consegnò immediatamente tutta la documentazione in suo possesso. In pochi mesi la Janeva iniziò i processi che portarono all'incarcerazione di numerosi esponenti politici, nonché all'ex capo dei servizi segreti Saso Mijalkov, legati al precedente governo. Le indagini e i processi cambiarono completamente lo scenario politico. Zaev riuscì a farsi eleggere premier e la Macedonia capitolò internazionalmente accettando di rivedere l'intera sua costituzione a favore dei greci e rinominandosi in Macedonia del Nord. Contestando la legittimità delle decisioni del governo socialista di Zaev nonché l'uso politico della giurisdizione della Procura speciale, l'allora presidente della Repubbilca, Gjorge Ivanov si rifiutò di firmare le leggi di modifica della Costituzione. Pertanto la coalizione di governo, mediaticamente galvanizzata dallo slancio con cui l'intero establishment europeo sosteneva la procuratrice Janeva, ha sfruttato lo scenario creatosi anche per benedire, lo scorso aprile, un nuovo capo di Stato proveniente dal partito socialista, Stevo Pendarovski, il quale ha provveduto a firmare tutti gli atti in sospeso. Ma chi di spada ferisce, di spada perisce e esattamente come Zaev è riuscito ad arrivare al potere con le intercettazioni fornite da potenze interessate ora rischia di cadere nella stessa trappola. Alcune settimane addietro un noto conduttore tv macedone Bojan Jovanovski, detto Boki 13, è stato arrestato con l'accusa di estorsione. Poiché l'estorsione di ben 8 milioni di euro sarebbe stata portata avanti sulla base della documentazione legata alle intercettazioni in possesso esclusivo dell'ufficio della Janeva e presumibilmente a danno del più facoltoso imprenditore macedone, Jordan Kamcev, perseguito negli anni scorsi dall'ufficio del super pm nell'ambito del caso «Impero» lo scandalo è divenuto subito di pubblico dominio. Il fatto che il figlio della Janeva fosse uno dei manager dell'associazione caritativa intestata a Boki 13 non ha fatto che peggiorare la posizione della pm la quale, senza ammettere alcuna responsabilità, ha oralmente dato le sue dimissioni al Gabinetto pur rimanendo in carica fino all'eventuale sostituzione che deve essere decisa dal primo ministro. La Verità è entrata in possesso di un video e di intercettazioni, doverosamente consegnati diverse settimane addietro all'ufficio del Procuratore per il crimine organizzato della Macedonia del Nord da parte degli avvocati della vittima, che per la prima volta proverebbero pubblicamente il coinvolgimento di Boki 13 in coordinamento con il procuratore speciale Katica Janeva . L'accusa sarebbe: uno schema estorsivo a danno del milionario Kamcev, nonché il supposto coinvolgimento dei vertici politici macedoni. Il video, integralmente nelle mani del sistema giudiziario macedone, mostrerebbe la preparazione di una parte della tangente e Boki 13 che esce insieme a uno suo collega dalla casa di Kamcev mentre l'intercettazione ambientale, datata 20 febbraio 2019, denota come lo showman prometta alla vittima la libertà dagli arresti domiciliari. Una libertà effettivamente arrivata il giorno promesso.
L’aumento dei tassi reali giapponesi azzoppa il meccanismo del «carry trade», la divisa indiana non è più difesa dalla Banca centrale: ignorare l’effetto oscillazioni significa fare metà analisi del proprio portafoglio.
Il rischio di cambio resta il grande convitato di pietra per chi investe fuori dall’euro, mentre l’attenzione è spesso concentrata solo su azioni e bond. Gli ultimi scossoni su yen giapponese e rupia indiana ricordano che la valuta può amplificare o azzerare i rendimenti di fondi ed Etf in valuta estera, trasformando un portafoglio «conservativo» in qualcosa di molto più volatile di quanto l’investitore percepisca.
Per Ursula von der Leyen è «inaccettabile» che gli europei siano i soli a sborsare per il Paese invaso. Perciò rilancia la confisca degli asset russi. Belgio e Ungheria però si oppongono. Così la Commissione pensa al piano B: l’ennesimo prestito, nonostante lo scandalo mazzette.
Per un attimo, Ursula von der Leyen è sembrata illuminata dal buon senso: «È inaccettabile», ha tuonato ieri, di fronte alla plenaria del Parlamento Ue a Strasburgo, pensare che «i contribuenti europei pagheranno da soli il conto» per il «fabbisogno finanziario dell’Ucraina», nel biennio 2026/2027. Ma è stato solo un attimo, appunto. La presidente della Commissione non aveva in mente i famigerati cessi d’oro dei corrotti ucraini, che si sono pappati gli aiuti occidentali. E nemmeno i funzionari lambiti dallo scandalo mazzette (Andrij Yermak), o addirittura coinvolti nell’inchiesta (Rustem Umerov), ai quali Volodymyr Zelensky ha rinnovato lo stesso la fiducia, tanto da mandarli a negoziare con gli americani a Ginevra. La tedesca non pretende che i nostri beneficati facciano pulizia. Piuttosto, vuole costringere Mosca a sborsare il necessario per Kiev. «Nell’ultimo Consiglio europeo», ha ricordato ai deputati riuniti, «abbiamo presentato un documento di opzioni» per sostenere il Paese sotto attacco. «Questo include un’opzione sui beni russi immobilizzati. Il passo successivo», ha dunque annunciato, sarà «un testo giuridico», che l’esecutivo è pronto a presentare.
Luis de Guindos (Ansa)
Nel «Rapporto stabilità finanziaria» il vice di Christine Lagarde parla di «vulnerabilità» e «bruschi aggiustamenti». Debito in crescita, deficit fuori controllo e spese militari in aumento fanno di Parigi l’anello debole dell’Unione.
A Francoforte hanno imparato l’arte delle allusioni. Parlano di «vulnerabilità» di «bruschi aggiustamenti». Ad ascoltare con attenzione, tra le righe si sente un nome che risuona come un brontolio lontano. Non serve pronunciarlo: basta dire crisi di fiducia, conti pubblici esplosivi, spread che si stiracchia al mattino come un vecchio atleta arrugginito per capire che l’ombra ha sede in Francia. L’elefante nella cristalleria finanziaria europea.
Manfred Weber (Ansa)
Manfred Weber rompe il compromesso con i socialisti e si allea con Ecr e Patrioti. Carlo Fidanza: «Ora lavoreremo sull’automotive».
La baronessa von Truppen continua a strillare «nulla senza l’Ucraina sull’Ucraina, nulla sull’Europa senza l’Europa» per dire a Donald Trump: non provare a fare il furbo con Volodymyr Zelensky perché è cosa nostra. Solo che Ursula von der Leyen come non ha un esercito europeo rischia di trovarsi senza neppure truppe politiche. Al posto della maggioranza Ursula ormai è sorta la «maggioranza Giorgia». Per la terza volta in un paio di settimane al Parlamento europeo è andato in frantumi il compromesso Ppe-Pse che sostiene la Commissione della baronessa per seppellire il Green deal che ha condannato l’industria - si veda l’auto - e l’economia europea alla marginalità economica.




