
Per impedire le elezioni a ottobre, il Quirinale sta pensando di benedire anche in Italia l'alleanza contro natura tra Pd, Fi e M5s che ha consentito di eleggere la von der Leyen alla Commissione Ue. Un «cordone sanitario» anti sovranista prono a Bruxelles.«Occhio che questi ci fregano». Sono trascorse poco più di 24 ore dalla fragorosa caduta del governo (politica, non ancora parlamentare, ma questo conta) e già dentro la Lega prendono corpo voci preoccupate. Il timore concreto degli uomini di Matteo Salvini, quello che ha indotto il leader a spostare il punto di rottura fino quasi a Ferragosto, è uno solo: «Sergio Mattarella potrebbe sfilarci di tasca le elezioni». Per capire le ragioni bisogna andare fino a Bruxelles, anzi un po' più in là, nel comune di Ixelles dove 60 anni fa nacque Ursula von der Leyen, la burocrate tedesca che il mese scorso è stata eletta presidente della Commissione europea. Con i voti di chi, in salsa italiana? Movimento 5 stelle, Forza Italia e Partito democratico.Ecco, nessuno teme un governo Ursula più della Lega. Un esecutivo che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, potrebbe mettere in campo per creare una diga contro Salvini, contro quel 38% che vorrebbe diventare oltre il 40%, contro la volontà di richiamare il popolo alle urne in autunno. Il trappolone è fattibile perché dietro l'etichetta di governo del presidente, governo di minoranza, governo elettorale, governo di scopo o governo Pippo, il Quirinale ha facoltà di costruire un'altra storia: quella di una maggioranza (in politica non c'è mai niente di osceno) senza il partito che ha stravinto le ultime europee.In questa direzione spingono tre fattori. Il primo è l'idiosincrasia del democristiano Mattarella nei confronti di Salvini e delle sue spinte sovraniste. Il secondo è l'esempio - per lui virtuoso - di Oscar Luigi Scalfaro, che 25 anni fa risolse il Ribaltone di Umberto Bossi consegnando il Paese non alle elezioni, ma al centrosinistra attraverso il governicchio di Lamberto Dini. E il terzo è rappresentato dalla ferrea volontà dei 5 stelle di arrivare comunque con la legislatura al 9 settembre, giorno in cui - salvo anticipazioni del calendario d'Aula impresse dagli stessi deputati pentastellati, volontà emersa nelle ultime ore - il taglio di 345 parlamentari (riforma Fraccaro) potrebbe diventare legge alla Camera.Non una legge normale, ma di revisione costituzionale. Parola che contiene in sé un iter speciale, lungo, complicato e presuppone un Parlamento con pieni poteri, non certo in via di scioglimento. Questo sia nel caso in cui il provvedimento dovesse passare con i due terzi dei voti dell'assemblea, sia nel caso in cui questo non accadesse. A quel punto si innescherebbe un referendum costituzionale ancora più estenuante. La stessa tagliola nella quale lasciò le mani Matteo Renzi nel 2016, finito a cuocere nel suo stesso brodo passando dal trionfale 40% a un logoramento lento, da trincea. Proprio per questo Giancarlo Giorgetti ha la foto dell'ex premier sulla scrivania: «Un monito per non ripetere l'errore».Ciò che preoccupa la Lega, esalta per contro gli strateghi del Quirinale. Ai quali non è sfuggita l'intervista di Dario Franceschini al Corriere della Sera («Dobbiamo trovare consonanze con i 5 stelle e sui grandi temi civili ci sono»), subito supportata dai poteri forti attraverso editoriali di rappresentanti della conservazione bizantina come Paolo Mieli, Ernesto Galli Della Loggia e la batteria d'assalto di Repubblica. Il governo Ursula sarebbe tenuto insieme dal collante istituzionale che ha consentito di eleggere la von der Leyen, la signora che parla di fratellanza mondiale e che da ministro della Difesa tedesca ha imposto di realizzare abitacoli dei carri armati più friendly, a misura di soldatessa incinta.Gli obiettivi sono espliciti. Rapporti non conflittuali con la Ue, manovra ispirata dalla Ue, rispetto assoluto del deficit Ue (quindi no flat tax, no finanziaria choc per la ripresa, no blocco dei migranti): pilastri attorno ai quali il destino di Movimento 5 stelle, Pd e Forza Italia diventa unico. Consonanze magari posticce, ma che verrebbero vendute ai cittadini come l'unico modo per calmare i probabili ruggiti dello spread. Tutto ciò a Mattarella potrebbe bastare per tentare il golpe delle margherite, senza preoccuparsi troppo delle indicazioni della maggioranza degli italiani e dei mal di pancia di chi - fino a un attimo prima - si era preso vicendevolmente a pesci in faccia. Ciò che conta è fermare l'ascesa di Salvini e congelare una manovra rivoluzionaria che i vecchi apparati vedono con terrore. Perché l'arcano è opposto rispetto a ciò che viene narrato in queste ore: con il gesto di rottura dell'altro ieri, il leader leghista non intende sfilarsi dalla manovra ricostituente, ma anzi provare a farla. Perché il luciferino progetto vada in porto, serve un nome. Un uomo che faccia da collante, una riserva della repubblica, un civil servant per tutte le stagioni. Qui nascono i problemi perché Mattarella non ha ancora dato prova di saper far scivolare l'asso dalla manica; le malinconiche passeggiate di Carlo Cottarelli dalle parti del Quirinale prima del governo del Cambiamento stanno a dimostrarlo. Giuseppe Conte è stato arruolato da tempo nel partito del presidente e ha già fatto capire di essere pronto. Personaggi come la costituzionalista Marta Cartabia o Sabino Cassese sonnecchiano in panchina. C'è un altro pretendente suggestivo che si allena fra i grattacieli del quartiere Isola a Milano. È Giuseppe Sala, che recentemente ha detto agli amici: «Se il Colle chiama bisogna rispondere». Il partito Ursula comincia ad aleggiare sull'Italia che si prepara al ponte più lungo dell'estate. C'è un ultimo, illuminante indizio: il Pd di Nicola Zingaretti sembra tifare per le elezioni con l'intento spazzare via l'establishment renziano che ancora domina le due Camere. Ma il Pd di Renzi (che domina i gruppi parlamentari) non vuole andare a votare, non ne ha mai parlato. Finora il leader si è limitato a insultare Salvini. Nel quartiere generale della Lega, in via Bellerio a Milano, i sussurri si concludono tutti con la stessa domanda retorica: «Chi ha messo Mattarella su quel Colle?». Risposta esatta.
Johann Chapoutot (Wikimedia)
Col saggio «Gli irresponsabili», Johann Chapoutot rilegge l’ascesa del nazismo senza gli occhiali dell’ideologia. E mostra tra l’altro come socialdemocratici e comunisti appoggiarono il futuro Führer per mettere in crisi la Repubblica di Weimar.
«Quella di Weimar è una storia così viva che resuscita i morti e continua a porre interrogativi alla Germania e, al di là della Germania, a tutte le democrazie che, di fronte al periodo 1932-1933, a von Papen e Hitler, ma anche a Schleicher, Hindenburg, Hugenberg e Thyssen, si sono trovate a misurare la propria finitudine. Se la Grande Guerra ha insegnato alle civiltà che sono mortali, la fine della Repubblica di Weimar ha dimostrato che la democrazia è caduca».
(Guardia di Finanza)
I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, grazie a una capillare attività investigativa nel settore della lotta alla contraffazione hanno sequestrato oltre 10.000 peluches (di cui 3.000 presso un negozio di giocattoli all’interno di un noto centro commerciale palermitano).
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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Stefano Arcifa
Parla il neopresidente dell’Aero Club d’Italia: «Il nostro Paese primeggia in deltaplano, aeromodellismo, paracadutismo e parapendio. Rivorrei i Giochi della gioventù dell’aria».
Per intervistare Stefano Arcifa, il nuovo presidente dell’Aero Club d’Italia (Aeci), bisogna «intercettarlo» come si fa con un velivolo che passa alto e veloce. Dalla sua ratifica da parte del governo, avvenuta alla fine dell’estate, è sempre in trasferta per restare vicino ai club, enti federati e aggregati, che riuniscono gli italiani che volano per passione.
Arcifa, che cos’è l’Aero Club d’Italia?
«È il più antico ente aeronautico italiano, il riferimento per l’aviazione sportiva e turistica italiana, al nostro interno abbracciamo tutte le anime di chi ha passione per ciò che vola, dall’aeromodellismo al paracadutismo, dagli ultraleggeri al parapendio e al deltaplano. Da noi si insegna l’arte del volo con un’attenzione particolare alla sicurezza e al rispetto delle regole».
Riccardo Molinari (Ansa)
Il capogruppo leghista alla Camera: «Stiamo preparando un pacchetto sicurezza bis: rafforzeremo la legittima difesa ed estenderemo la legge anti sgomberi anche alla seconda casa. I militari nelle strade vanno aumentati».
«Vi racconto le norme in arrivo sul comparto sicurezza, vogliamo la legittima difesa “rinforzata” e nuove regole contro le baby gang. L’esercito nelle strade? I soldati di presidio vanno aumentati, non ridotti. Landini? Non ha più argomenti: ridicolo scioperare sulla manovra».
Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, la Cgil proclama l’ennesimo sciopero generale per il 12 dicembre.
«Non sanno più di cosa parlare. Esaurito il filone di Gaza dopo la firma della tregua, si sono gettati sulla manovra. Ma non ha senso».






