2023-10-08
La sfida del Papa allo scienziato degli ultimi
Nel 1981 Jérôme Lejeune, scopritore della sindrome di down, allertò il Pontefice sugli effetti devastanti di un attacco nucleare. Giovanni Paolo II gli chiese di andare in Russia a spiegare i suoi studi a Breznev. Un passo tratto dalla biografia del luminare.Siamo nel settembre 1981, Jérôme Lejeune è interpellato dalla Pontificia accademia delle scienze. A motivo dei suoi lavori sugli effetti genetici delle radiazioni ionizzanti, l’Accademia gli chiede di partecipare a un gruppo di lavoro sulle conseguenze di un bombardamento atomico.Il piccolo gruppo di una decina di esperti si riunirà a Roma il 7 e l’8 ottobre e rifletterà in particolare sull’assistenza medica e ospedaliera che potrebbe essere fornita alle vittime in caso di guerra atomica. Jérôme accetta e partecipa con grande interesse a questi importanti lavori in piena guerra fredda. Alla fine dell’incontro, la conclusione emerge in tutta la sua brutale evidenza: «Le condizioni di vita dopo un attacco nucleare sarebbero così dure che l’unica speranza per l’umanità può essere la prevenzione di qualsiasi forma di guerra nucleare».Gli accademici propongono di incontrare i capi di Stato che possiedono armi nucleari per esporre loro i pericoli della guerra atomica. Il Santo Padre, Giovanni Paolo II, che già a più riprese nei suoi discorsi aveva sottolineato il pericolo di un simile conflitto, accetta immediatamente il suggerimento.Al suo ritorno a Parigi, la moglie Birthe incalza il marito di domande e Jérôme le confida i suoi pensieri sul Santo Padre: «È un uomo profondamente buono, e non ho visto molti uomini di cui oso dire che siano buoni. Quando parla con qualcuno, che sia un bambino o un vecchio, un accademico o un ritardato mentale, parla a quella persona come se fosse improvvisamente l’unica al mondo a cui sta parlando, ed è effettivamente l’unica al mondo per Giovanni Paolo II in quel momento. Questo è del tutto eccezionale. Ho visto nella mia vita molte persone importanti, o almeno che pensavano di essere importanti, ma mai questo grado di presenza ad ogni essere personale. La mia seconda impressione, continua Jérôme, è che è incredibilmente intelligente. Ha una meccanica intellettuale di qualità eccezionale. [...]».Birthe osserva il marito, la cui voce tradisce un’emozione particolare. Il suo volto è luminoso. «Questi incontri con il Papa sono di grande conforto per Jérôme», si rallegra interiormente. «Non l’ho mai visto così felice al suo rientro da un viaggio». [...]«E cosa vi ha detto riguardo ai vostri lavori sui rischi di una guerra atomica?», chiede Birthe. Sembra che sia favorevole a un incontro con i capi di Stato, ma stiamo aspettando la sua decisione», risponde Jérôme.Per trasmettere il messaggio della Pontificia accademia delle scienze ai capi di Stato che dispongono della bomba atomica, il presidente Reagan, il segretario generale Breznev, il presidente Mitterrand, la signora Thatcher, la signora Indira Gandhi, il signor Deng Xiaoping e il segretario generale delle Nazioni Unite, Giovanni Paolo II sceglie i suoi ambasciatori tra gli accademici. Per parlare con il capo del Cremlino, designa tre accademici: Lejeune, Marini Bettolo e Duve. [...]Jérôme Lejeune invia la sua risposta positiva. Il 14 dicembre (1981, ndr), con il passaporto diplomatico del Vaticano in tasca, vola a Mosca. Tutto è stato organizzato dai servizi vaticani: i contatti con il Cremlino e gli aspetti pratici. [...] Avrebbe condotto una missione decisamente difficile. È inviato dal Papa presso Breznev, segretario generale del partito comunista dell’Unione Sovietica, in un momento in cui il sostegno morale e spirituale del Santo Padre aveva incoraggiato la rivoluzione pacifica degli operai di Solidarność contro il regime comunista polacco. Riflettendo sulle delicate circostanze del suo viaggio, Jérôme osserva anche con piacere: «Abbiamo un Papa che sa lottare contro l’oppressione con le potenti armi della preghiera, della giustizia e della verità. Ci insegna la rivoluzione culturale e spirituale dell’amore». [...]Un’auto passa a prendere Jérôme e Marini Bettolo per condurli all’appuntamento con Breznev. Il primo segretario del partito li accoglie molto gentilmente, nonostante vi sia un rigido protocollo. I flash dei giornalisti lampeggiano senza sosta. Breznev legge un testo di quindici minuti sulla politica dell’Urss e Jérôme annota le parole che sono state scelte per introdurre quel lungo discorso. Breznev vi sottolinea il carattere insolito del loro incontro e afferma che è la prima volta che riceve degli inviati del capo della Chiesa cattolica. Aggiunge: «Non si può escludere che ciò sia legato ai tempi difficili e pericolosi che l’umanità sta attraversando».L’atmosfera si riscalda. Poi, dopo aver condotto gli inviati del Papa in una stanza privata, Breznev dà loro la parola e Jérôme finalmente affronta il motivo del loro incontro:«Signor Presidente, se siamo venuti a trovarla su richiesta del Santo Padre, è perché noi scienziati siamo giunti alla conclusione che non esiste alcuna soluzione tecnologica, militare o medica per prevenire i disastri di una guerra atomica. Noi scienziati sappiamo che per la prima volta l’umanità si trova di fronte al fatto che la sua sopravvivenza dipende dall’accettazione, da parte di tutte le nazioni del mondo, di precetti morali che trascendono tutti i sistemi e tutte le speculazioni».Quando l’interprete sente queste parole «precetti morali», si rivolge a Jérôme e gli chiede: «Vuole veramente usare le parole “precetti morali”?». Jérôme risponde di sì e l’interprete traduce fedelmente. Quando Jérôme smette di parlare, Breznev rimane in silenzio per un attimo e poi risponde: «Da» (Sì). Al termine dell’intervista, durata un’ora, Breznev esprime grandissimo rispetto per questa iniziativa del Vaticano e riconosce «un grave ostacolo morale e politico sulla via dello scoppio di una guerra mondiale».Poi Breznev, che non sembra avere fretta di congedare i suoi ospiti, continua la conversazione con un tono meno ufficiale. Confida loro che è il suo compleanno e dice a Jérôme: «Grazie a Dio e al mio medico, sono in buona salute». Sentendo Breznev ringraziare Dio, l’interprete rimane senza parole. E anche Jérôme.*postulatrice della causa di canonizzazione di Jérôme Lejeune
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