2020-11-21
La sentenza di Lecce inguaia babbo Renzi. Processo più vicino
Le motivazioni della condanna dell'ex pm di Trani, Antonio Savasta, collegate al filone sul traffico di influenze illecite a Firenze.Tiziano Renzi rischia seriamente un nuovo processo. Lo scorso 9 luglio il giudice dell'udienza preliminare di Lecce Cinzia Vergine ha condannato, tra gli altri, l'ex pm di Trani Antonio Savasta a 10 anni per corruzione in atti giudiziari e, per lo stesso reato, ha inflitto una pena di 4 anni a Luigi Dagostino, imprenditore già vicino al Giglio magico (e condannato con babbo e mamma Renzi per false fatture). Le oltre 1.200 pagine di motivazioni della sentenza sono state depositate il 16 novembre e adesso potrebbero consegnare il signor Tiziano a un nuovo processo, questa volta per traffico di influenze illecite, il reato di «chi, fuori dei casi di concorso nei reati di corruzione, per atto contrario ai doveri di ufficio o corruzione in atti giudiziari, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale».Nel marzo del 2019 Panorama aveva svelato in esclusiva l'apertura del nuovo fascicolo contro babbo Renzi e l'ex socio d'affari Dagostino (che, dopo la condanna leccese, potrebbe uscire dal processo fiorentino).Le accuse della Procura di Firenze ruotano intorno a un incontro combinato da Renzi senior e Dagostino tra Savasta e l'allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti, evento accaduto il 17 giugno 2015. In quel periodo il pm pugliese era afflitto da guai giudiziari e disciplinari e durante il suo lavoro era incappato in un'indagine su un giro di fatture false emesse proprio a favore di Dagostino, suo concittadino. In poco tempo il magistrato avrebbe intuito che l'imprenditore finito sotto la sua mannaia poteva trasformarsi in una specie di green card verso la salvezza.L'episodio dell'appuntamento romano è stato contestato a Lecce a due dei tre protagonisti, escludendo dal processo monstre per corruzione in atti giudiziari solo il babbo. Infatti non si può sostenere che Tiziano fosse a conoscenza delle finalità di Dagostino quando gli era stato chiesto di introdurre Savasta a Palazzo Chigi. Molto più semplice contestare al genitore dell'ex premier, come sta facendo la Procura di Firenze, il già citato traffico di influenze illecite.Anche perché il 17 giugno 2015 Savasta entra a Palazzo Chigi e lo stesso giorno Dagostino, attraverso la Tramor di cui era amministratore, fa partire in direzione di Rignano sull'Arno un bonifico da 24.400 euro a cui, a luglio, ne segue un altro da 170.800. Due fatti che la pm Christine von Borries ha collegato, dando sostanza all'ipotesi di reato e cioè che Renzi senior abbia sfruttato i suoi rapporti con Lotti, per farsi dare dall'amico imprenditore il denaro sopra indicato, come prezzo per la sua mediazione illecita.Adesso il Tribunale di Lecce dà man forte alla Procura di Firenze, stabilendo che quella riunione a Palazzo Chigi sarebbe stata «un'utilità», seppur «non economica», per Savasta.Gli inquirenti toscani erano in attesa delle motivazioni del giudice, per capire come fosse stato incasellato quell'incontro. E il gup lo ha esplicitamente inserito tra le utilità sottese al reato di corruzione in atti giudiziari.Nell'aprile del 2018 Dagostino aveva dichiarato alla pm von Borries: «Conosco la famiglia Renzi perché ho avuto la fortuna, la bravura e l'ingegno di costruire il The Mall (un centro commerciale, ndr) a Rignano sull'Arno dove essi vivono […] E in quell'ambito ho fatto lavorare anche alcune società di Tiziano Renzi e di sua moglie […] dopo alcuni articoli che mi accreditavano come amico di Renzi mi arrivarono moltissime telefonate di persone interessate ad avvicinarlo». L'allora indagato fece l'esempio del magistrato pugliese: «Un giorno nel 2015 incontrai per caso il pm Antonio Savasta che si mise a parlare con me e mi disse che era interessato a presentare un disegno di legge in materia di rifiuti a Roma. Io ci pensai e siccome, tramite Tiziano Renzi, l'unico politico che avevo visto 3-4 volte era Luca Lotti, all'epoca sottosegretario alla presidenza del Consiglio, decisi che lo potevo portare da lui. Effettivamente fissai con Lotti tramite Tiziano Renzi dicendogli che volevo portargli un magistrato che aveva interesse a mostrare una proposta di legge».Il gup è stato molto chiaro nella sua sentenza: «Risulta evidente, alla luce di quanto sinora si è esposto, che Dagostino fissò questo appuntamento a Savasta su richiesta di quest'ultimo, così procurandogli un'indebita utilità e cioè un incontro con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio ad un magistrato che era interessato ad ottenere certamente un trasferimento o un incarico che gli consentisse di allontanarsi dalla Procura di Trani». Dagostino, come abbiamo scritto, alla von Borries, dichiarò che l'occasione per proporre l'abboccamento con Lotti fu un incontro fortuito in un bar con Savasta. Ma il giudice ritiene che la versione della casualità non stia in piedi. E a smentirla sarebbero state «le parziali ammissioni» dell'avvocato Ruggiero Sfrecola, pure lui presente a Palazzo Chigi e condannato a 4 anni nel processo leccese: «Antonio Savasta, che era mio amico, mi confidò che era stanco di ricevere numerosi esposti che lo avevano portato a subire dei procedimenti penali, alcuni come indagato altri come persona offesa, trattati dalla Procura di Lecce. Tra l'altro molte vicende erano uscite sui giornali perché c'era un imprenditore rancoroso nei suoi confronti, mi disse quindi che per evitare questa situazione di tensione voleva cambiare aria ed essere quindi trasferito da Trani e dalla Puglia. Siccome Dagostino mi aveva detto che era in buoni rapporti con Luca Lotti, dissi a Savasta che potevo aiutarlo fissando un appuntamento con Lotti che all'epoca era sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Tra l'altro Savasta era specializzato in reati ambientali e negli appalti ed era moto bravo e da alcune interviste rilasciate dal Lotti avevo capito che anche anche lui era un appassionato delle tematiche ambientali. Quindi pensai che quell'incontro potesse essere un momento qualificante». Il faccia a faccia ci fu, ma Savasta non ottenne nulla da Lotti, se non quel breve meeting. Comunque, per il gup, «le parziali ammissioni» degli imputati «offrono logica conferma del fatto che proprio quell'incontro, per le prospettive professionali che a tale incontro potevano ricollegarsi, abbia costituito quell'utilità, senza immediate ricadute economiche, offerta da Dagostino a Savasta quale contropartita delle iniziative (o meglio delle mancate iniziative) assunte nell'ambito del procedimento per le false fatturazioni di cui proprio l'imprenditore era fruitore». E per spiegare che cosa avesse spinto Savasta dentro a Palazzo Chigi, la toga ribadisce che egli era «alla ricerca di soluzioni per la sua già compromessa (da procedimenti sia disciplinari che penali) carriera professionale». Un concetto rinforzato da un'ultima sottolineatura: «Per inquadrare il rilievo che questo incontro a Roma riveste per Savasta, va rammentato che in quel periodo Savasta risulta già coinvolto in diversi procedimenti disciplinari al Csm e che era alla ricerca di soluzioni per il suo futuro professionale».Adesso la procura di Firenze potrebbe inviare a stretto giro l'avviso di chiusura delle indagini per la vicenda a Renzi senior, un atto propedeutico a una richiesta di rinvio a giudizio.
Nel riquadro: Ferdinando Ametrano, ad di CheckSig (IStock)
Francesca Albanese (Ansa)