La presunta No vax trattata peggio del presunto infermiere stupratore

La presunta No vax trattata peggio del presunto infermiere stupratore
ANSA
L'azienda sanitaria delle Marche sospende per 5 anni un operatore accusato di abusi su una paziente psichiatrica. L'ostetrica, invece, è stata licenziata. E Roberto Burioni continua a insultarla senza conoscere i fatti.

La (presunta) No vax è peggio del (presunto) stupratore. Questa, almeno, è la valutazione dell'azienda sanitaria marchigiana. Alessandro Maccioni, direttore dell'Area vasta 3 dell'Asur a cui fa capo l'ospedale di Civitanova Marche, ha deciso nei giorni scorsi di licenziare un'ostetrica di 57 anni accusata di essere una antivaccinista. La signora - come riporta la stampa locale - è molto conosciuta e stimata nella sua zona, è una grande esperta di parto in casa e ha svolto la sua professione per decenni con grande impegno. In agosto, di ritorno da un infortunio, si è sottoposta a una serie di esami che l'ospedale le ha richiesto, dai quali è emerso che la signora aveva un problemino con la parotite. Da subito si è detta disponibile a vaccinarsi contro la malattia, sebbene l'avesse già contratta in giovane età.

Ma l'azienda sanitaria le ha risposto che avrebbe dovuto fare il vaccino trivalente, che comprende anche le immunizzazioni per rosolia e morbillo. Cioè malattie a cui la donna era già immune.

In Italia non esiste una legge nazionale che imponga agli operatori sanitari di vaccinarsi. Per altro - come numerose statistiche dimostrano - gli stessi medici sono tra le categorie più renitenti alle vaccinazioni. In ogni caso, la signora era ben disposta a immunizzarsi contro la parotite (e se il vaccino singolo non esiste, forse bisognerebbe chiedersi perché). Eppure, nonostante tutto questo, la donna ha perso il posto di lavoro. Prima l'hanno spostata in archivio, poi le hanno comunicato il licenziamento. Sui media è stata fatta passare per una No vax accanita, e ha subito attacchi feroci. Tanto che ha scelto di allontanarsi da casa per affrontare ansia e stress derivati dall'esposizione mediatica.

Ecco, questo è il trattamento riservato agli infedeli dai jihadisti della siringa. Decisamente peggiore del modo in cui si tratta chi è accusato di crimini gravi. Più o meno negli stessi giorni in cui licenziava l'ostetrica, Alessandro Maccioni dell'Asur ha deciso di prendere provvedimenti disciplinari contro un infermiere dell'ospedale di Macerata.

Questo signore, un uomo sui quarant'anni, è accusato di aver violentato una trentenne ricoverata in psichiatria. Avrebbe più volte cercato di approcciarla, poi, una sera di luglio, avrebbe abusato di lei durante l'orario di servizio. L'infermiere, la scorsa estate, era già stato sospeso per un mese. Poi è rientrato al lavoro, almeno fino a che, pochi giorni fa, l'azienda sanitaria ha deciso di sospenderlo per 5 anni (con possibilità di revoca).

Certo, il caso è ovviamente complicato. L'uomo non ha negato il rapporto sessuale, ma ha dichiarato che era consensuale. Tuttavia, notate la differenza: l'ostetrica sospettata di essere No vax viene licenziata di colpo. L'infermiere accusato di aver stuprato una paziente psichiatrica viene sospeso per 5 anni e continua a percepire metà dello stipendio, oltre ai contributi.

Magari - ce lo auguriamo per lui - l'uomo non è un violentatore. Tuttavia, nel dubbio, la sanzione che gli è stata inflitta è parecchio più leggera di quella riservata all'ostetrica «accusata» di essere No vax. Su costei, per giunta, continuano a piovere insulti. Gli attacchi più feroci, al solito, giungono da Roberto Burioni, il Grande Imam della moschea sanitaria. Prima ancora di conoscere i dettagli dalla vicenda riguardante l'ostetrica, il medico l'ha definita «ignorante non scusabile [...], qualcosa di vicinissimo a un criminale». Ieri, sui social network, ha ribadito il concetto: «Quando affermo che un'ostetrica che rifiuta di vaccinarsi contro la pertosse è qualcosa di vicino a un criminale sembro esagerare, invece mi riferisco a questo», ha scritto, postando la testimonianza straziante di una madre il cui piccino è morto di pertosse (forse) presa all'interno di un ospedale da un'ostetrica che «tossiva».

Direte: che c'entra la pertosse? Beh, non c'entra un tubo. La malattia per cui dovrebbe vaccinarsi l'ostetrica di Civitanova Marche, infatti, è la parotite. Ma Burioni non lo sa, perché non conosce la vicenda. Insulta, attacca e pontifica basandosi sulla sommaria lettera dei quotidiani in Rete.

Già ieri, su queste pagine, abbiamo fatto notare il suo errore, ma il professore evidentemente non ci considera degni di attenzione. Sui social network, però, alcuni utenti gli hanno fatto timidamente notare che, nella storia di Civitanova, si parla di parotite, non di pertosse. Sapete che ha fatto lui? Ha pubblicato alcune righe tratte da un articolo di giornale e ha commentato con sufficienza: «La cronaca parla di pertosse». Poi, come se nulla fosse, ha proseguito a pubblicare post terroristici sulla pertosse, mentre i suoi sostenitori internettiani gli davano man forte indignandosi sempre di più.

Burioni ama presentarsi come un illuminato, il depositario della verità, lo Scienziato che fa piazza pulita degli ignoranti. Ma il suo «metodo scientifico» lascia un pochino a desiderare. La «cronaca» non «parla di pertosse». Solo un articolo di giornale (Repubblica) ha citato, sbagliando, la pertosse. Comunque sia, l'avvocato dell'ostetrica marchigiana - referti alla mano - conferma che la malattia di cui si discute è la parotite.

Burioni, che ama castigare i somari, non si è preso la briga di verificare, ha parlato a vanvera di una vicenda che non conosceva e si è permesso di insultare a ripetizione una persona che ha perso il lavoro. Non ha avuto nemmeno l'umiltà di ascoltare chi gli faceva notare l'errore. Ha tirato dritto per la sua strada, continuando a infiammare gli animi. Le cose sono due: o il nostro ha qualche problema di udito e di vista (e allora gli consigliamo opportuna visita medica) oppure qui urge un vaccino contro l'arroganza, con richiamo settimanale.

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Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».

Interrogatorio chiave sul Sistema Pavia: «Provviste pagate con fiches del casinò»
Antonio Scoppetta (Ansa)
  • Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
  • Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.

Lo speciale contiene due articoli

92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.

Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.

Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).

Per abbattere le emissioni nei peti delle mucche hanno rovinato pure il latte
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In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.

«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.

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