2020-08-20
La Ocasio-Cortez non ce la fa proprio a sostenere Biden alle presidenziali
Alexandria Ocasio-Cortez (David Cliff/NurPhoto via Getty Images)
Alla convention l'Asinello si spacca tra il centro e la sinistra, che rilancia Bernie Sanders. Tira un'aria turbolenta dalle parti della convention nazionale del Partito democratico americano. L'altro ieri, nella stessa sera in cui Joe Biden ha formalmente ricevuto la nomination, la deputata Alexandria Ocasio-Cortez ha tenuto un discorso non esattamente in sostegno del candidato dem. Non soltanto non ha minimamente citato il nome dell'ex vicepresidente, ma ha elogiato l'ala più a sinistra del partito, dichiarandosi - tra l'altro - a favore della nomination del senatore socialista, Bernie Sanders, che - alle ultime primarie democratiche - di Biden è stato il grande avversario. Gli apparati dell'asinello hanno cercato di gettare acqua sul fuoco e la Ocasio-Cortez ha poco dopo precisato su Twitter che il suo endorsement fosse dettato da una procedura formale e che avesse quindi valore esclusivamente simbolico. Inoltre, per calmare le acque, la deputata - sempre su Twitter - ha effettuato una dichiarazione di sostegno a Biden. Restano però i nodi. Anche se la citazione dell'ex vicepresidente non era prevista, un simile discorso non costituisce comunque un buon segnale per un partito spaccato come quello democratico: soprattutto alla luce del fatto che, nei mesi scorsi, la Ocasio-Cortez abbia mostrato spesso non poca freddezza verso l'ex senatore del Delaware. In tutto questo, non dimentichiamo che, negli ultimi giorni, la deputata è stata protagonista di alcune polemiche: non ha gradito il fatto di aver potuto tenere un discorso di appena un minuto alla convention e ha aspramente polemizzato con l'ex governatore repubblicano, John Kasich, che lunedì era stato invitato a parlare all'evento con più tempo a disposizione. Insomma, nonostante la compattezza di facciata, sembra proprio che nel Partito democratico le ataviche divisioni tra centro e sinistra siano dure a morire. D'altronde, a ben vedere, la convention è alla fine stata monopolizzata dall'establishment: nelle scorse sere, a prendersi la scena sono risultati i coniugi Obama, i coniugi Clinton, Andrew Cuomo, John Kerry e Nancy Pelosi. Lo stato maggiore del partito ha lasciato alle forze antisistema i rimasugli: l'intervento lampo della Ocasio-Cortez e otto minuti a Sanders, che - guarda caso - ha tenuto lunedì un discorso smorto e privo di mordente. Esattamente come nel 2016, anche stavolta l'establishment democratico sta quindi cercando nei fatti di estromettere l'ala della sinistra populista, prediligendo - al contrario - le alte sfere del progressismo altolocato di stampo californiano e newyorchese. Un errore che, quattro anni fa, costò all'asinello il voto dei colletti blu di Stati come il Michigan, l'Ohio, la Pennsylvania e il Wisconsin. Anche perché non è affatto detto che l'endorsement (non si sa quanto convinto) di Sanders possa effettivamente spingere i suoi stessi elettori a votare in massa per Biden: un candidato non certo ben visto da quell'area (sia per i suoi agganci con Wall Street sia in materia di riforma sanitaria). Ricordiamoci del resto che, nel 2016, alcune migliaia di sandersiani - dovendo scegliere tra Trump e Hillary - votarono alla fine per Trump. Quegli stessi sandersiani che, martedì, potrebbero tra l'altro non aver gradito troppo l'endorsement a Biden di una figura controversa come l'ex segretario di Stato Colin Powell. Più in generale, quello che sta emergendo dalla convention democratica, che si concluderà giovedì, è un partito spento, senza idee, unito dal solo collante dell'anti trumpismo. Un partito che sarà anche avanti nei sondaggi. Ma la cui vittoria a novembre, con queste premesse, resta tutt'altro che scontata.
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