2025-04-02
«La 'Ndrangheta sfrutta l'intelligenza artificiale per il cybercrime»
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Durante il convegno all'Università della Calabria organizzato dalla Guardia di Finanza è stato sottolineato il rischio dell'utilizzo dell'IA e come le forze dell'ordine possono sfruttarla per contrastare la criminalità organizzata. Per Andrea De Gennaro, Comandante Generale della Guardia di Finanza «l'intervento umano resta fondamentale per validare le decisioni e garantire la giustizia».L'intelligenza artificiale (IA) rappresenta una delle innovazioni più promettenti del nostro tempo, capace di rivoluzionare una vasta gamma di settori, dalla sanità alla pubblica amministrazione, dalla sicurezza alle forze dell'ordine. Tuttavia, se da un lato l'IA offre enormi potenzialità, dall'altro comporta rischi significativi che necessitano di un'attenta gestione e regolamentazione. Solo attraverso una preparazione adeguata, una solida formazione tecnica e una regolamentazione rigorosa sarà possibile utilizzare l'IA in modo responsabile, minimizzando i pericoli legati al suo impiego. Questo è stato il filo conduttore del convegno recentemente organizzato all'Università della Calabria, organizzata all’Unical dalla Guardia di Finanza e dedicato all'intelligenza artificiale e alla cybersicurezza, che ha visto il coinvolgimento di esperti, istituzioni e professionisti del settoreLa discussione ha toccato temi cruciali come l'adozione dell'IA nelle forze dell'ordine, come il contrasto alla criminalità organizzata o anche la gestione dei rischi in ambito pubblico e le problematiche relative alla sicurezza cibernetica.Il Procuratore Generale della procura di Catanzaro Giuseppe Lucantonio, aprendo il convegno, ha sottolineato come l'intelligenza artificiale possa avere due volti. «Da un lato, offre strumenti innovativi per combattere la criminalità, dall'altro, le organizzazioni criminali potrebbero usarla per minare la stabilità economica e sociale». Secondo Lucantonio, l'uso dell'IA da parte delle organizzazioni criminali potrebbe essere una minaccia crescente, poiché la tecnologia consente di operare con maggiore efficacia e invisibilità. La creazione di una rete solida di cybersicurezza è quindi essenziale per proteggere le istituzioni e la società civile.Il Generale Andrea De Gennaro, Comandante Generale della Guardia di Finanza, ha insistito invece sui vincoli legali e normativi sull'impiego dell'IA nelle forze di polizia, evidenziando la «necessità di mantenere un controllo umano nelle decisioni cruciali, per garantire trasparenza e responsabilità». Pur riconoscendo che l'IA può migliorare l'efficienza operativa e ridurre i margini di errore, De Gennaro ha sottolineato «come l'intervento umano sia fondamentale per validare le decisioni e garantire la giustizia».In questa chiave, Giovanni Bombardieri, Procuratore della Repubblica di Torino, ha analizzato l'uso dell'IA da parte delle forze di polizia nella lotta al crimine. Mentre le organizzazioni criminali, come la 'ndrangheta, utilizzano l'IA per attività illecite come il cybercrime, le forze dell'ordine la impiegano per contrastare queste minacce. Bombardieri ha evidenziato come la predizione degli attacchi e l'analisi comportamentale siano strumenti fondamentali per combattere la criminalità organizzata. E come ha ricordato il sottosegretario al ministero dell’Interno Wanda Ferro, «l'uso dell'IA nelle forze di polizia per analizzare grandi volumi di dati provenienti da social media e videosorveglianza migliora la gestione della sicurezza, ma comporta anche pericoli legati agli attacchi cibernetici e all'uso illecito della tecnologia, come i deep fake e gli attacchi ransomware». Proprio su questo aspetto Il professore George Gotlob, ordinario di informatica, ha messo in evidenza i rischi legati alla mancanza di trasparenza dei sistemi di IA, facendo riferimento a un episodio personale in cui un sistema di machine learning aveva determinato in modo opaco il suo limite di credito. Gotlob ha sottolineato che uno dei principali problemi dell'IA è la sua opacità: spesso non è chiaro come vengano prese le decisioni, un aspetto che può portare a ingiustizie o a discriminazioni, come nel caso di errori nei dati che portano a valutazioni errate.L'IA, pur essendo estremamente potente, manca di «senso comune», un aspetto che può generare risultati disastrosi, come nel caso di un errore che associa il profilo di una persona a un inquilino precedente con un passato finanziario problematico. Questo ha messo in evidenza l'importanza di integrare regole etiche e un controllo umano nei sistemi di IA, per evitare ingiustizie e discriminazioni.A tal proposito, il professor Antonio Greco ha sottolineato l'urgenza di formare tecnici e specialisti non solo nella gestione tecnica dei sistemi di IA, ma anche nella consapevolezza etica, affinché siano in grado di affrontare i rischi legati a queste tecnologie. Una formazione adeguata è fondamentale per garantire che i sistemi di IA siano progettati e utilizzati in modo sicuro e responsabile.Roberto Chiuto, Presidente della Regione Calabria, ha parlato dell'applicazione dell'intelligenza artificiale in vari settori ricordando l'uso di modelli predittivi per individuare in tempo reale le aree a rischio incendio, migliorando così la sicurezza e l'efficienza. Inoltre, l'IA sta già giocando un ruolo importante nella gestione dei bandi di gara e nella riduzione della burocrazia, aumentando la trasparenza nei processi decisionali della pubblica amministrazione.Tuttavia, sebbene l'IA offra opportunità concrete di miglioramento, anche in ambito pubblico, i rischi legati alla privacy e alla gestione dei dati non sono da dimenticare.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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