2024-02-13
La Morselli si tiene i dati per affossare Ilva
Acciaierie d’Italia non ha inviato a Sace i documenti con i numeri sui crediti dell’indotto . «La Verità» ha potuto leggere la lettera con cui l’ad svicola. E infatti ha ribadito il «no» in una telefonata: prima vuole che Taranto finisca in amministrazione straordinaria.Acciaierie d’Italia non ha consegnato a Sace la documentazione necessaria per individuare il numero dei creditori dell’indotto di Ilva e la relativa entità dei crediti. È quanto si legge in una lettera inviata il 9 febbraio e firmata dall’ad Lucia Morselli di cui La Verità ha potuto prendere visione. La missiva risponde alle sollecitazioni della stessa Sace, arrivate lo stesso giorno, che ricordava come «il decreto legge numero 9 del 2024 ha previsto specifiche misure volte a tutelare le imprese dell’indotto che vantano crediti nei confronti di Acciaierie d’Italia e gli istituti finanziari cessionari (ovvero garanti) degli stessi crediti». In questo contesto, Sace si era resa disponibile a valutare il rilascio, in favore di uno o più intermediari finanziari, di una garanzia finanziaria a parziale copertura di una o più operazione/i finalizzata/e allo smobilizzo dei crediti vantati nei confronti di Acciaierie d’Italia dai propri fornitori. Per avviare le verifiche istruttorie necessarie al possibile rilascio della garanzia, Sace ha però bisogno di ricevere i dati e le informazioni lì elencate. Ed ecco che arriva la replica di Morselli: «Pur confermando la disponibilità di Acciaierie d’Italia non possiamo come rilevare che, non possiamo allo stato dare seguito alla richiesta», si legge nella lettera. Dove il niet viene motivato in tre punti. Il primo, è che sia il predetto decreto legge, sia la comunicazione qui riscontrata, «non consentono di identificare in modo univoco e certo quali tra le imprese fornitrici di Acciaierie d’Italia possano essere qualificate come appartenenti all’indotto». Si mette, dunque, in discussione il decreto d’urgenza. Al secondo punto, Adi suggerisce un incontro «anche in via telematica per concordare una metodologia condivisa anche al fine di gestire inevitabili problematiche di privacy e non disclosure previste dai contratti anche nei confronti di istituti finanziatori». Al terzo punto della lettera si ricorda, infine, che le disposizioni del decreto del 2 febbraio sembrerebbero applicabili solo ed esclusivamente alle grandi imprese «ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria» e, quindi, «solo qualora in esse fosse ricompresa Acciaierie d’Italia». Tradotto: secondo l’interpretazione del decreto fatta da Adi, le informazioni richieste verranno date solo qualora la società venga ammessa all’amministrazione straordinaria ma ancora non è così. E qui sta il braccio di ferro. Il governo vuole garantire continuità facendo subentrare Sace, mentre il socio indiano cerca di rompere lo schema e solo dopo offre collaborazione. Di qui la proposta di una conferenza telefonica che si è tenuta ieri. E alla quale, ha appreso La Verità, ha partecipato la stessa ad Morselli che dopo circa un’ora e mezza di confronto avrebbe comunque ribadito il no al rilascio dei dati. Lo stallo, insomma, non è superato. Il botta e risposta epistolare tra Sace e Adi è del 9 febbraio, ovvero il giorno dopo le parole del ministro delle Imprese, Adolfo Urso, che a margine dell’audizione alla commissione Industria del Senato, si era definito «stupito» dall’apprendere che Morselli non fosse andata proprio in audizione a dare le informazioni che il Parlamento ha ritenuto di chiedere. «Queste informazioni non sono state date nemmeno al socio pubblico e nemmeno ai commissari titolari degli impianti quando le hanno chieste nella loro visita. Quindi è utile e necessario che ci sia la piena partecipazione di tutti», e «occorre che tutti collaborino e forniscano le informazioni necessarie», aveva detto Urso. Acciaierie d’Italia, dal canto suo, aveva respinto al mittente le critiche e si era detta disponibile a essere audita sul decreto Ilva. Sottolineando anche di non aver mai ricevuto alcuna richiesta da Sace e riservandosi di agire in ogni sede a tutela delle proprie ragioni. Il riferimento era ad articoli di stampa - tra cui quello de La Verità - nei quali si affermava che non fornirebbe a Sace le informazioni necessarie per poter dar seguito a quanto previsto dai provvedimenti adottati in questi giorni dal governo a tutela dei crediti delle imprese dell’indotto. Per l’azienda, «tali affermazioni sono prive di ogni fondamento». Peccato che le indiscrezioni fossero state rilanciate dall’agenzia Ansa, citando «fonti vicine al dossier» e che gli stessi vertici di Sace avessero confermato il muro di gomma al governo. Muro peraltro ribadito dalla stessa lettera inviata da Morselli a Sace il 9 febbraio. Intanto, lo scorrere dei giorni allarma i sindacati. Fim, Fiom e Uilm ieri hanno annunciato che in assenza di una risposta della presidenza del Consiglio alla richiesta d’incontro, inviata il 5 febbraio, si autoconvocheranno a Palazzo Chigi. «Il tempo è scaduto, il degrado degli stabilimenti è insostenibile», scrivono le sigle in una nota congiunta. Poi, l’affondo: «Da giorni sembrerebbe essere in atto una trattativa segreta tra i soci di Acciaierie d’Italia alla ricerca di una soluzione condivisa per il cambio di gestione, in assenza di confronto con le organizzazioni sindacali. È inaccettabile che dopo due decreti voluti dal governo per estromettere Mittal, attraverso l’attivazione dell’amministrazione straordinaria, la situazione e il futuro dell’ex Ilva rimangano nella totale incertezza». Oggi pomeriggio si terrà l’audizione di Morselli a Palazzo Madama in commissione Industria.