2024-06-17
«La Meloni per ora alle urne non raccoglie consensi trasversali»
Il politologo Marco Tarchi: «Il suo successo non era scontato, ma è lontano dal 34% che ottenne Salvini. E ora Fi proverà a condizionarla».Professor Marco Tarchi, in quanto scienziato della politica le chiedo se la vittoria di Giorgia Meloni alle elezioni europee fosse tutto sommato scontata, visti i due anni di governo.«Il risultato di Fratelli d’Italia non era scontato. I sondaggi, che lo avevano visto crescere fino al 31% dopo il successo del settembre 2022, ne avevano registrato un progressivo ridimensionamento. Molti si aspettavano cifre analoghe a quelle delle elezioni politiche. Aver guadagnato tre punti in più è, per Meloni, un buon segno. Anche perché, come molti hanno sottolineato, gli altri capi di governo che hanno affrontato la prova delle urne in questa occasione ne sono usciti malconci. C’è però un ma…».Ma...?«Il 28,8% rimane lontano dal 34% riscosso dalla Lega cinque anni fa e sembra dimostrare un limite fisiologico per una formazione che si identifica totalmente nell’immagine e nell’etichetta di destra. Il Salvini del 2019, con il suo messaggio populista, aveva riscosso anche consensi trasversali che per ora appaiono preclusi a Meloni. E che la rendono, in prospettiva, condizionabile da parte degli alleati, Forza Italia in primis». A proposito di Forza Italia, questa sembra di godere di buona salute. Piuttosto inaspettata la cosa, ad un anno dalla morte di Berlusconi.«Inaspettata certamente, almeno fino a pochi mesi fa. Ma anche in questo caso non bisogna nascondersi i limiti di questo apparente exploit. In un contesto di evidente crisi dei maggiori concorrenti centristi, Renzi e Calenda, Tajani non ha saputo recuperare che una minima quota dei loro elettori delusi. Quando parla di puntare al 20%, probabilmente si riferisce a uno sfondamento in quella direzione, che però ad oggi appare problematico. Né va dimenticato che, dietro l’apparente unità, Forza Italia è un aggregato eterogeneo le cui componenti hanno sensibilità e obiettivi diversi».Tipo?«C’è chi è aggrappato saldamente all’attuale formula di governo e chi vorrebbe rovesciare, quantomeno, i rapporti di forza all’interno dell’esecutivo puntando ad un gioco di sponda con “moderati” di colore diverso». La Lega di Salvini è la vera sconfitta di questo appuntamento? «Meno di quanto si pensi. Un certo effetto la candidatura Vannacci lo ha provocato, e non solo nell’immediato, caratterizzando più a destra l’immagine del partito. Cosa che, come è noto, è dispiaciuta a parecchi esponenti dell’ala nostalgica del nordismo, ma potrebbe tornare utile». Quando?«Se e quando, ad esempio, la progressiva moderazione dei toni e delle scelte politiche di Meloni inizierà a scontentare una parte di coloro che l’hanno sostenuta quando tuonava quotidianamente contro l’Unione europea o invocava il blocco navale per impedire gli sbarchi degli immigrati e scagliava fulmini contro l’agenda Draghi». Elly Schlein guadagna voti sia in percentuale che in valore assoluto. Si è molto ironizzato sulla sua incapacità di comunicare. Ma forse ci sbagliavamo?«Quel tipo di critiche, paradossalmente, è venuto soprattutto da ambienti di quella sinistra intellettuale che, pur continuando a detenere una quasi-egemonia mediatica, ha da un pezzo rinunciato a utilizzare il linguaggio impiegato dalle persone comuni, cioè dal popolo, in nome del gergo politicamente corretto. Ma il registro linguistico lo si può modificare, e Schlein ci prova. È difficile, invece, per lei dissociarsi dall’immagine radicale che da sempre la caratterizza. Questa volta le è servita per richiamare alle urne chi da anni deprecava un Pd troppo poco di sinistra, ma in prospettiva la rinchiude in un perimetro da cui le sarà difficile dialogare con i settori più moderati dell’opinione pubblica progressista. È un po’ lo stesso problema di Meloni: ognuna delle due è utile all’altra perché le offre il profilo dell’avversario ideale, utile a raccogliere attorno a sé i fedeli. Ma il contrasto così netto che ne deriva rischia di tenere a distanza chi ama tonalità più sfumate».I Verdi in Europa vanno male. Da noi no. Anzi guadagnano mezzo milione di voti. Si dà una spiegazione?«Chi l’ha detto che sono stati i Verdi a guadagnare, nell’alleanza con Fratoianni & Co.? Io ho tutt’altra impressione. È stata piuttosto la candidatura ipermediatizzata di Ilaria Salis a trainare Avs, spingendo ad andare a votare una consistente frangia della sinistra radicale dei centri sociali, dei collettivi politici e degli Antifa, che non potevano non esprimere la loro vicinanza a chi conforta in modo così emblematico la loro nostalgia dei tempi in cui lo slogan “uccidere un fascista non è reato” andava di gran moda. Non è detto che in futuro questa frangia antisistema sia disposta a riprendere la disprezzata via delle urne, ma per adesso il richiamo ha funzionato. E poi, che i Verdi siano andati male lo si è notato là dove avevano raggiunto, in precedenza, risultati importanti. Che Bonelli e compagni si sono sempre solo sognati, rimanendo una scheggia marginale della scena politica». L’inerzia dice che il M5s è in caduta libera. Tendenza reversibile?«Difficilmente. L’esperienza ci dice che tutti i partiti si possono snaturare, ma farlo non dà sempre buoni frutti. Grillo aveva raccolto un consenso enorme proponendo cambiamenti radicali del sistema, lotta a tutto campo contro la vecchia politica, rifiuto del bipolarismo, intercettando le simpatie, e spesso l’entusiasmo, di tanti delusi dal pessimo funzionamento di una democrazia confiscata dai partiti e dagli interessi dei loro dirigenti. Il progressivo e inarrestabile abbandono di quegli obiettivi, e di quello stile, ha via via eroso gran parte di quella base. L’allineamento al “campo largo” progressista ha completato il processo e ridotto le prospettive del M5s al vassallaggio nei confronti del Pd. Se non esce da questa condizione, un recupero di voti appare impossibile». Il centro diventa un centrino. Renzi e Calenda si autodistruggono. Pure questa è una questione di leadership o tendenza inarrestabile?«Le loro diatribe e lo scontro plateale tra due narcisismi, ha raggiunto punte grottesche. Entrambi hanno concorso all’insuccesso. Ma, soprattutto in uno scenario dove i due maggiori partiti e le loro leader hanno connotati piuttosto radicali, uno spazio per il centro permane. Si tratta di capire come occuparlo. Forza Italia punta ad accentuare le distanze con la destra e grazie all’appartenenza al Ppe la vicenda dell’elezione del prossimo presidente della Commissione le offrirà un’occasione di rimarcare le differenze, forse però non abbastanza per convincere Renzi a prestarsi al gioco. Calenda ha soltanto la soluzione di tornare a Canossa riaccostandosi al Pd, ma finché resterà all’orizzonte il campo largo anche questo percorso è difficoltoso». In Francia Macron sceglie di fare andare i francesi alle urne. A cosa punta di preciso?«A scompaginare ciò che rimane del centrodestra post gollista (e c’è riuscito). A risucchiarne anche i frammenti in un’alleanza che si contrapponga a quelli che presenta come i due minacciosi blocchi estremisti contrapposti e quindi spaventare l’elettorato moderato inducendolo a schierarsi con la sua eterogenea aggregazione. Così da avere un’Assemblea nazionale ingovernabile ed essere più di prima, di qui alle elezioni presidenziali del 2027, l’unico fulcro del sistema politico. Compiacendo il suo smisurato ego, anche a costo di creare caos, per potersi vendicare di una popolazione che ormai da tempo lo detesta. Una situazione che dovrebbe indurre a riflessione quei politologi e costituzionalisti di sinistra che, criticando – con alcune ragioni – il progetto di premierato meloniano – gli contrappongono l’efficienza del semipresidenzialismo alla francese. I de Gaulle non esistono più…». In Germania che esito si è avuto secondo lei? Al di là dei numeri...«Chi parla di pericolo nazista in agguato, non sa cosa dice, oppure lo sa benissimo ma si limita a fare propaganda. Alternative für Deutschland è un partito composito, con tre anime: una nazionalista radicale, una socialpatriottica forte soprattutto nell’Est e una nazional conservatrice. È quest’ultima a indicarne la linea. Il suo successo è uno dei due segnali della capacità dei populisti, anche in Germania, di raccogliere le istanze dei settori della società che più subiscono gli effetti negativi della situazione politico-economica creata dalla globalizzazione. L’altro segnale è l’ottimo risultato raccolto dal partito di Sarah Wagenknecht, che da sinistra rilancia messaggi analoghi criticando l’eccesso di flussi migratori e le politiche di “green deal” imposte dai Verdi e dall’Ue. Insieme, queste due formazioni si avvicinano al 25% dell’elettorato tedesco. Se la crisi economica del Paese continuerà ad accentuarsi, potranno creare non pochi grattacapi ai partiti maggiori». Che scenario ci attende in Europa dopo la fine del G7? Meloni ha le carte in regola per provare ad imporre soluzioni alternative o si accoderà a Parigi e Berlino?«Parigi e Berlino non sono mai state così deboli in campo internazionale come lo sono oggi, anche per le batoste elettorali subite da Macron e Scholz. Ma l’Italia non è in condizioni di imporre alcunché all’Unione europea. Dovrà giocare la sua partita sul piano dei compromessi».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.