
Il Parlamento di Skopje modifica la Costituzione e aggiunge «del Nord». Quello che sembra un contentino per la dirimpettaia Grecia è un caso geopolitico. Il Paese si aggancerà alla Nato e punta all'Ue, allargando il cuscinetto balcanico contro la Russia.Venerdì scorso il Parlamento di Skopje ha approvato con un solo voto di scarto, e senza la presenza in Aula dell'opposizione, l'accordo di Prespa siglato lo scorso giugno - secondo l'attuale presidente della Repubblica macedone Gjorgi Ivanov con procedura incostituzionale - dal governo di Zoran Zaev e da quello greco guidato da Alexis Tsipras.Con questo voto si dovrebbe chiudere l'annosa questione sul nome dell'ex Repubblica jugoslava di Macedonia che la Grecia - convinta di essere l'unica legittima erede di quella che fu la culla del grande impero di Alessandro Magno - utilizza da quasi 30 anni per bloccare l'entrata di Skopje nella Nato e nell'Unione europea. D'ora in poi il nuovo nome è Repubblica della Macedonia del Nord. Per toccare la legge fondamentale, Zaev ha avuto bisogno dei voti dei partiti albanesi i quali hanno ottenuto che il preambolo alla Costituzione venisse cambiato in modo che la loro identità nazionale fosse considerata costitutiva della Macedonia del Nord, ovvero fosse ridimensionato il ruolo storico dei macedoni nella formazione dello Stato indipendente e che la diaspora macedone per il mondo comprendesse anche i rappresentanti della minoranza albanese. Tali emendamenti erano considerati assolutamente non trattabili dagli albanesi del partito Besa, desiderosi d'aprirsi la strada verso una futura federalizzazione dello Stato. Secondo Antonio Milošovski, presidente della commissione Affari esteri del Parlamento macedone e rappresentante del partito d'opposizione Vmro-Dpmne, i fatti di questa settimana dimostrano come il tutto sia lontano dai tanto sbandierati valori europei di Bruxelles. Secondo Milošovski nel 2019 dovrebbe essere inaccettabile per chiunque nel consesso internazionale che un governo cambi la Costituzione utilizzando metodi poco ortodossi e facendo pressioni sui membri del Parlamento anche comprimendo l'indipendenza dei pm dal potere esecutivo pur di ottenere la maggioranza qualificata richiesta per legge, ma soprattutto non rispettando la volontà dei cittadini i quali hanno rigettato, negando il quorum richiesto per legge, l'accordo con la Grecia al referendum popolare di fine settembre.Da oggi, in un segmento dei Balcani da sempre conteso da Grecia e Bulgaria, esistono i macedoni del Nord il che, a rigor di logica, significa che questi ultimi fanno parte di una nazionalità residente altrove. È questa la manipolazione della percezione che Atene ha voluto passasse a livello internazionale in modo da poter in futuro tentare di controllare il vicino settentrionale e così tenere a bada il proprio nazionalismo affamato di rivincite dopo l'umiliazione subita negli anni della crisi finanziaria.Pertanto, non stupisce che proprio la Germania di Angela Merkel, ovvero la nazione il cui sistema bancario più di ogni altro si è avvantaggiato nel collasso economico greco, sia stata la più grande sostenitrice della necessità di cambiare il nome della Macedonia in modo da regalare ad Atene una contropartita politica per i torti subiti. Per fare ciò la Merkel ha ingaggiato perfino i propri servizi segreti e nel 2016, attraverso le intercettazioni telefoniche portate innanzi dalla Deutsche Telekom, ha favorito il cambio di governo a Skopje, allontanando il conservatore Gruevski contrario ad ogni compromesso sulla sovranità della propria nazione ed incoronando il socialista Zaev, sostenuto da George Soros, come proprio esecutore. Conseguentemente ancor meno stupisce il fatto che proprio nelle stesse ore in cui a Skopje il Parlamento votava, la cancelliera fosse in visita ufficiale ad Atene per accertarsi personalmente che il governo greco procedesse a sua volta alla ratifica senza intoppi e che la Macedonia del Nord possa finalmente iniziare, come annunciato venerdì sera dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, il suo avvicinamento all'Alleanza nordatlantica, mentre quello all'Unione europea, per quanto promesso, appare ancora molto lontano. Se la Nato pare oramai un traguardo realmente raggiungibile a breve - con la volontà statunitense di compattare il fronte dei Balcani sud-orientali in senso anti russo - il cammino verso le istituzioni di Bruxelles invece sarà quasi certamente caratterizzato da estenuanti ricatti da parte dei Paesi confinanti e dalla cacofonia politica dell'Ue. Mentre nelle ore successive al voto di Skopje il presidente della Commissione europea Jean Claude Junker salutava con giubilo il risultato ottenuto, il tedesco Manfred Weber, suo più probabile successore, nonché capogruppo del Partito popolare al Parlamento europeo, twittava che comprende i contrastanti sentimenti dei cittadini greci in merito alla questione macedone, ma che il suo sostegno incondizionato va elle posizioni di Kyriakos Mitsotakis ovvero del presidente del partito popolare greco che non appoggia l'accordo di Prespa. Mentre la Merkel, con il beneplacito di Junker ed il sostegno della Mogherini, distrugge la sovranità di una nazione, il suo rappresentate di partito, col senno di poi, inizia a guidare una crociata in senso contrario. La schizofrenia della politica europea a guida tedesca rischia nel breve di provocare una crisi di governo ad Atene qualora Tsipras non riuscisse a garantire la maggioranza dei voti necessari in Parlamento alla ratifica dell'accordo di Prespa mentre sul lungo periodo crea le premesse per una pericolosa destabilizzazione degli equilibri regionali.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Parla Roberto Catalucci, il maestro di generazioni di atleti: «Jannik è un fenomeno che esula da logiche federali, Alcaraz è l’unico al suo livello. Il passaggio dall’estetica all’efficienza ha segnato la svolta per il movimento».
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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