La Lagarde ammette che ci sta rovinando: crollano i prestiti a imprese e famiglie

Il bollettino economico della Bce diffuso ieri conferma che i vertici di Francoforte non intendono premere il freno sui tassi: l’inflazione è ancora spinta verso l’alto dalla «graduale trasmissione dei passati aumenti del costo dell’energia e delle strozzature dell’approvvigionamento», quindi «le future decisioni del Consiglio direttivo assicureranno che i tassi ufficiali siano portati a livelli sufficientemente restrittivi per conseguire un tempestivo ritorno dell’inflazione al suo obiettivo del 2% e saranno mantenuti a tali livelli per tutto il tempo necessario». Nessuna sorpresa, su questo fronte. Il problema è che nel bollettino c’è la presa di coscienza – tardiva – dell’impatto dell’inasprimento della politica monetaria sul credito a imprese e famiglie: un record nel crollo dei mutui. In sostanza, Christine Lagarde si è accorta che alzando i tassi ha chiuso i cordoni del credito. Le banche, leggiamo nel bollettino dell’Eurotower, hanno registrato un forte calo della domanda di prestiti nel primo trimestre del 2023, quello da parte delle aziende è stato il più forte dalla crisi finanziaria mondiale, mentre quello delle famiglie è stato il maggiore dall’inizio dell’indagine nel 2003. In entrambi i casi il calo è stato peggiore di quanto previsto dagli istituti nel trimestre precedente. A pesare sulla domanda dei prestiti è stato anche il minor fabbisogno di finanziamento per gli investimenti fissi, l’indebolimento delle prospettive del mercato immobiliare e la bassa fiducia dei consumatori. E la discesa, secondo le stime del sistema bancario, continuerà anche in questo secondo trimestre.
Per quanto riguarda l’Italia, per la prima volta dal 2016 - come emerge dal rapporto mensile Abi – i prestiti bancari hanno visto ad aprile una crescita azzerata per via del calo della domanda. Il totale prestiti a residenti in Italia ad aprile 2023 si è collocato a 1.708 miliardi con una variazione annua pari a -0,6%, contro -0,4% nel mese precedente. Escludendo la Pa emerge che «i prestiti a residenti in Italia al settore privato sono risultati pari a 1.457 miliardi stabili rispetto ad un anno prima. I prestiti a famiglie e società non finanziarie sono pari a 1.317 miliardi con un una variazione annua nulla e in calo rispetto alla dinamica del mese precedente (+0,4%). Tutto questo, va ricordato, mentre sono ancora in essere le garanzie pubbliche sui prestiti.
L’aumento dei tassi e dei prezzi al consumo spinge i risparmiatori a cercare rendimenti più alti nei prodotti a medio-lungo termine come le obbligazioni e i conti deposito, muovendo la liquidità parcheggiata nei conti correnti durante e subito dopo la crisi generata dal Covid. Si vedrà , nei prossimi mesi, l’impatto sui bilanci bancari che nel 2022 e nei primi mesi del 2023 hanno registrato forti utili proprio grazie al balzo del margine di interesse che ha beneficiato appunto del rialzo dei tassi della Bce e da una raccolta poco remunerata. Ora gli istituti hanno dovuto ritoccare i tassi passivi verso l’alto e modificare la loro offerta commerciale, visto che i clienti e i risparmiatori stanno riallocando la loro liquidità.
Sempre in base ai dati Abi di aprile, il tasso praticato sui conti correnti è lo 0,29%, rispetto allo 0,02% di un anno prima. Mentre i nuovi depositi a durata prestabilita (cioè certificati di deposito e depositi vincolati) presentano un tasso in aumento al 2,65% dallo 0,06% dello stesso mese 2022 (ma questo dato medio cela offerte che nella scadenza di un anno arrivano anche al 4%). Intanto il Btp a dieci anni si attesta attorno al 4,2% di rendimento. Lo stesso rapporto dell’Abi confermava che non si tratta di un fenomeno solo italiano. «Il margine sui prestiti concessi alle imprese dalle banche nei principali paesi europei è risultato, a marzo 2023, pari a 165 punti base in Italia, 213 in Spagna, 189 in Germania e 89 della Francia. Per il comparto delle famiglie si è registrato un margine di 136 punti base, in Italia, un valore inferiore ai 141 della Germania e ai 156 della Spagna e superiore rispetto ai -37 punti della Francia», si spiegava nel documento dell’associazione dei banchieri.
È chiaro che gli aumenti dei tassi trasferiti sui depositi hanno aumentato la redditività delle banche. Ma bisogna anche ricordare che le stesse uscivano da un periodo in cui i tassi di riferimento erano bassissimi e quelli di remunerazione dei depositi presso la Bce erano negativi. Di certo, e se ne sono accorti anche a Francoforte, le strette monetarie si stanno facendo sentire sull’erogazione dei prestiti. Questo ha un effetto a catena sull’economia reale e di conseguenza sulla capacità per imprese e famiglie di rimborsare gli stessi prestiti (con il rischio di veder nuovamente aumentare i cosiddetti npl). Dopo l’inflazione, toccherà quindi fare i conti con la restrizione del credito.
La posizione del sistema sarà più chiara il prossimo 31 maggio quando il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, terrà le sue (ultime, perché a novembre completerà il suo secondo mandato di sei anni e dunque non può essere rieletto) considerazioni finali alla relazione annuale della Vigilanza.
Nel 2022 l’utile netto di Via Nazionale si è attestato a 2,1 miliardi rispetto ai 3,9 miliardi del 2021. Questo ha fatto dimezzare anche l’assegno che Bankitalia staccherà per lo Stato che si attesta a circa 3 miliardi, in netta riduzione rispetto ai 6,8 miliardi del 2021.






