Buona parte della produzione di gomma arabica, essenziale per le bibite gasate, arriva da una delle regioni coinvolte nel conflitto. Le scorte bastano per i prossimi 3-6 mesi, poi saranno guai. Assobibe: «Nessun problema in Italia». Ma i prezzi aumentano.
Buona parte della produzione di gomma arabica, essenziale per le bibite gasate, arriva da una delle regioni coinvolte nel conflitto. Le scorte bastano per i prossimi 3-6 mesi, poi saranno guai. Assobibe: «Nessun problema in Italia». Ma i prezzi aumentano.Il Sudan è uno dei maggiori produttori di gomma arabica al mondo. Si tratta di un prodotto che viene utilizzato come ingrediente per diverse bevande gassate come Coca Cola o Pepsi, ma anche nel vino, nelle caramelle o nei cosmetici. L’esplosione del conflitto del Paese africano, però, ne ha limitato fortemente l’esportazione e ora si teme che i grandi produttori occidentali che operano nel comparto alimentare o della cosmesi ne possano rimanere “a secco” a breve. Si tratta, in pratica, di una situazione simile a quella ucraina, dove il grano scarseggia proprio a causa del conflitto con la Russia. Il problema è che circa il 70% della fornitura mondiale di gomma arabica, per la quale esistono pochi sostituti, proviene dagli alberi di acacia della regione del Sahel che attraversa il Sudan, Paese funestato dai combattimenti tra l’esercito e una forza paramilitare.Certo, l’instabilità politica del Sudan non è una novità. Per questo motivo, i grandi colossi delle bevande come Coca Cola e Pepsi hanno fatto scorte da tempo che variano dai tre e i sei mesi, prima di finire senza uno dei principali ingredienti per le loro bevande. Il 15 aprile scorso, però, la guerra è scoppiata in Sudan e a Khartoum e dintorni l’economia si è paralizzata, così come le comunicazioni verso l’occidente. «A seconda di quanto continuerà il conflitto, potrebbero esserci delle ramificazioni per i prodotti finiti sugli scaffali - prodotti di marca realizzati da nomi famosi», ha detto alla Reuters Richard Finnegan, responsabile degli acquisti presso Kerry Group, fornitore di gomma arabica per la maggior parte delle aziende alimentari e di bevande.Secondo Finnegan, le scorte attuali finiranno nel giro di sei mesi al massimo. Un altro esperto citato dall’agenzia americana, Martijn Bergkamp, partner del fornitore olandese FOGA Gum, stimato che i magazzini si svuoteranno al massimo in tre mesi. Quello della gomma arabica è un mercato di grande importanza. La produzione globale di gomma arabica è di circa 120.000 tonnellate all’anno, per un valore di 1,1 miliardi di dollari, secondo le stime di Kerry Group. Gran parte di questo ben di Dio si trova nella regione del Sahel, chiamata anche la cintura della gomma e che attraversa l’Africa da Est a Ovest passando per il Sahara, l’Etiopia, il Ciad, la Somalia e l’Eritrea. Ad oggi, insomma, il mercato va avanti solo grazie alle scorte dei grandi produttori. Ma il fiato è corto e al momento è impossibile sperare di trovare nuova gomma arabica in arrivo dal Sudan. D’altronde, oggi la situazione in Sudan è talmente instabile che da Port Sudan partono navi cariche di civili speranzosi di scappare dalla guerra. Per questo motivo la gomma arabica non viene esportata. Un contatto citato dalla Reuters, Alwaleed Ali, proprietario di Agp Innovations Co Ltd, un’azienda che esporta gomma arabica, ha fatto sapere che i suoi clienti stanno cercando Paesi alternativi per rifornirsi di gomma arabica.Per produrre le bevande gassate che tutti conosciamo, Coca Cola e Pepsico (ma anche altri produttori) utilizzano una versione essiccata a spruzzo della gomma, simile a una polvere. Il problema è che senza questo ingrediente le bevande non potrebbero esistere. Al contrario, i produttori di cosmetici potrebbero essere in grado di utilizzare dei sostituti nel caso la gomma arabica non dovesse essere disponibile. Per intenderci, a dimostrazione della sua importanza per l’industria dei beni di largo consumo, la gomma arabica è stata esentata dalle sanzioni statunitensi contro il Sudan già sin dagli anni ‘90, sia perché si tratta di un bene importantissimo, sia per paura di creare un mercato nero.Del resto, stiamo parlando di un bene preziosissimo. I nomadi sudanesi estraggono la gomma dagli alberi di acacia, materiale che viene poi raffinato e confezionato in tutto il Sudan. A Karthoum e dintorni l’industria della gomma rabica offre sostentamento a migliaia di persone e la varietà più costosa di questo materiale può arrivare a costare circa 3.000 dollari a tonnellata, secondo Gum Sudan. C’è anche una gomma di qualità più bassa e più economica proveniente da mercati africani esterni al Sudan, ma la qualità migliore si trova solo negli alberi di acacia in Sudan, Sud Sudan e Ciad. Il vero ostacolo è rappresentato dai svariati posti di blocco presenti ora nel Paese, elemento che rende impossibile l’esportazione di questo ingrediente. Fawaz Abbaro, direttore generale della Savannah Life Company di Khartoum, ha detto a Reuters di avere ordini di acquisto e di avere in programma di esportare 60-70 tonnellate di gomma arabica, ma dubita di poterlo fare a causa del conflitto. La Verità ha contattato Assobibe, l’associazione Italiana tra gli Industriali delle Bevande Analcooliche. Al momento «nessuno degli associati ha riscontrato problemi di approvvigionamento in Italia», fanno sapere dall’associazione. Il motivo di una tale risposta è legato alle scorte di cui le grandi multinazionali fanno uso. Ma è solo questione di tempo. Anche se al momento le aziende riescono ancora ad andare avanti, tra sei mesi al massimo i problemi si faranno sentire. E in tutto questo i prezzi della gomma arabica hanno già iniziato a salire.
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C’è un filo che attraversa il tempo, invisibile e tenace che unisce le donne di ieri a quelle di oggi. È la trama di storie che non chiedono concessioni, ma riconoscimento. Di gesti che cambiano le cose senza bisogno di clamore. Di intelligenze che innovano, di passioni che costruiscono. Da questo filo è nata Valore Donna, uno spazio dove le donne non sono semplicemente «raccontate», ma anche e soprattutto ascoltate.
In un mondo che ancora fatica a dare piena cittadinanza alla voce femminile, questa rivista è un atto di presenza, che ho fortemente voluto, con l’intenzione di restituire visibilità e valore alle donne che ogni giorno, in silenzio o sotto i riflettori, trasformano il mondo in cui vivono.
Quelle che fondano imprese e reinventano modelli economici, che fanno ricerca, innovano nelle professioni, guidano comunità e progetti sociali. Quelle che mettono la competenza al servizio dell’impegno civile, che difendono i loro diritti, che si fanno portavoce di una nuova idea di leadership: inclusiva, empatica, concreta. Non a caso in questo numero è stato dato largo spazio al premio Donna d’autore, promosso dall’A.i.d.e. (Associazione indipendente donne europee) e in modo particolare alla sua entusiasta presidente Anna Silvia Angelini, perché le premiate rappresentano in maniera evidente i modelli di Valore Donna, dove ogni pagina è una finestra aperta su storie di talento, coraggio e visione. Non ho voluto costruire solo un racconto di unicità, ma anche restituire la normalità della grandezza femminile: donne che riescono, che sbagliano, che ricominciano, che costruiscono futuro. La loro forza non è un’eccezione, ma una presenza quotidiana che Valore Donna vuole portare alla luce, con impegno, rispetto e franchezza. Questo progetto editoriale inoltre ha nel suo dna un’idea di qualità come responsabilità: nella scrittura, nelle immagini, nella scelta dei temi. Ogni contributo è frutto di una ricerca attenta, di un linguaggio curato e di una sensibilità che si sforza di vedere il mondo con occhi diversi. Dando spazio a voci nuove, a imprenditrici, giornaliste, intellettuali, professioniste, donne della politica, giovani, donne che operano nel terzo settore, donne che collaborano, si sostengono e che raccontano la realtà contemporanea senza filtri, con l’autenticità di chi la vive pienamente. Perché solo rinnovando lo sguardo si può cambiare la prospettiva. Valore Donna vuole essere una rivista che lascia un’impronta nel panorama editoriale del Paese, un luogo d’incontro tra generazioni, esperienze e linguaggi. Non un manifesto ideologico, ma un laboratorio vivo, dove la libertà di pensiero e la sensibilità estetica si intrecciano. Nel racconto di queste pagine c’è l’orgoglio delle donne che sognano e nello stesso tempo si impegnano non per rivendicare uno spazio, ma per abitarlo con la pienezza di chi sa di meritarlo. Perché il futuro si scrive soprattutto con le loro voci.
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