2019-10-29
La guerra delle Onlus contro la Lombardia per la sanità gratis ai migranti irregolari
La Regione nel 2018 ha speso 10 milioni in cure ai clandestini Ora tenta di mettere un limite, ma le associazioni insorgono.L'immigrazione irregolare non è un problema solo per la sicurezza delle nostre città. I clandestini si trasformano facilmente pure in un costo per la nostra sanità. È anche per questo che una nuova misura adottata in Lombardia, forte del decreto Salvini, potrebbe rivelarsi utile per contenere, sia pure lievemente, i costi legati all'assistenza medica degli stranieri. Parliamo di una bella zavorra per i contribuenti: nella Regione guidata da Attilio Fontana, la spesa per gli stranieri irregolari, ai quali - ci mancherebbe - sono garantiti i servizi di base, lo scorso anno è ammontata a 5 milioni di euro per prestazioni ambulatoriali e altri 5 per somministrazione diretta dei farmaci. Ecco i fatti. Il decreto Sicurezza, fortemente voluto dall'ex inquilino del Viminale e, a dispetto dei proclami, non abrogato dalla nuova maggioranza giallorossa, ha stretto le maglie del diritto d'asilo, abolendo ad esempio la protezione internazionale per motivi umanitari. Di conseguenza, molti degli stranieri che sono sbarcati sulle nostre coste non hanno più alcun titolo per rimanere in Italia. Il decreto non ha modificato la normativa vigente in ambito sanitario, ma per far fronte alle novità in materia di immigrazione, le Agenzie di tutela della salute lombarde hanno diffuso tra i medici di famiglia milanesi una circolare, nella quale si legge che «i cittadini extracomunitari richiedenti la protezione internazionale che hanno chiesto la prima iscrizione al Servizio sanitario regionale in attesa del rilascio di permesso di soggiorno, verranno iscritti al Ssr per massimo un anno, senza assegnazione del medico di medicina generale, senza emissione di tessera sanitaria, ma con rilascio di un documento di iscrizione cartaceo».Le associazioni pro migranti sono salite subito sulle barricate. Già venerdì scorso, su Repubblica Milano, Fabrizio Signorelli, direttore sanitario del Naga (associazione meneghina che fornisce assistenza legale, sociale e sanitaria agli immigrati), ha denunciato il tentativo di «togliere un diritto a queste persone. Siamo di fronte all'ennesimo modo per dire che la richiesta di asilo da parte di un migrante non è frutto di una reale necessità, ma un escamotage per entrare in Italia e “approfittarsi" del nostro Paese». Ovvero, godere, a spese dei contribuenti italiani, dei servizi garantiti dal Servizio sanitario nazionale. Per il Naga, senza mezzi termini, la Regione Lombardia è «più razzista dei decreti Sicurezza».Raggiunto dalla Verità, l'assessore regionale al Welfare, il forzista Giulio Gallera, ha voluto «respingere al mittente tutte le accuse di razzismo», spiegando che in realtà la novità introdotta è un aggiustamento prevalentemente formale. «Prima dei decreti Sicurezza, i richiedenti protezione internazionale venivano identificati con il codice 350, che ora è diventato il codice 353. Si tratta di un semplice adeguamento alla legge nazionale». I detrattori del provvedimento, tuttavia, tirano fuori questioni più sostanziali. Parlano di negazione del diritto alla continuità nell'assistenza sanitaria, visto che a questi stranieri sarà preclusa la facoltà di servirsi di un medico di famiglia e che il documento sostituivo della tessera sanitaria durerà un anno e non sarà rinnovabile. «In realtà queste persone potranno continuare ad andare a farsi curare sempre dallo stesso medico», ha spiegato Gallera, «solo che ci sarà un rimborso visita per visita». Nessun diritto leso, nessuna segregazione: «Ci mancherebbe: la nostra Regione spende diversi milioni per l'assistenza sanitaria agli extracomunitari». Ma forse il punto è questo: la Lombardia sborsa parecchi soldi per fornire la sanità agli immigrati. Ridurre il numero di persone che hanno titolo a restare nel nostro Paese significa anche diminuire la platea di individui che il Servizio sanitario deve assistere con tutti i crismi, spedendo il conto a chi paga le tasse. Non si tratta, ovviamente, di non curare i malati, di lasciar morire i feriti, di sbarrare le porte dei pronto soccorso agli stranieri. Un conto è l'emergenza, un conto è l'assistenza permanente. Si tratta, insomma, di far passare un principio di buon senso: se non puoi rimanere in Italia, non puoi nemmeno pretendere di essere seguito quotidianamente da un medico, come se fossi un cittadino che versa regolarmente i tributi. Visto che, già tra ambulatori e somministrazione di farmaci, la Lombardia sborsa 10 milioni di euro, limitare all'essenziale i servizi garantiti a chi fa richiesta di asilo, in attesa che la pratica venga smaltita, difficilmente può essere concepito come un crimine d'odio.Tanto più che la Lombardia, all'inizio dell'anno, ha deciso di profondersi in un ulteriore sforzo di umanità: assicurare il pediatra ai figli degli immigrati, anche irregolari, fino ai 18 anni d'età. La questione, insomma, non è fare cassa su chi sta male. È non bucare le tasche del Ssn anche con chi, in Italia, non ci dovrebbe mettere piede.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)