2020-02-29
La Francia è pronta a scarcerare 150 terroristi islamici
Bataclan (Mehdi Taamallah,NurPhoto via Getty Images)
L'allarme della Procura nazionale: «Sono molto pericolosi». Già libero il primo foreign figther, che era stato nelle fila dell'Isis.In Francia il terrorismo islamico può continuare a sorridere. Non bastava la manifesta incapacità dell'intelligence di Parigi, resa orribilmente evidente dal ripetersi dei peggiori attentati europei degli ultimi anni, sia sotto la presidenza di François Hollande sia sotto quella di Emmanuel Macron. Perché ora si scopre che qualcosa non funziona nemmeno nel sistema giudiziario d'Oltralpe: in un'audizione parlamentare di pochi giorni fa Jean-François Ricard, un alto magistrato che otto mesi fa è diventato il primo Procuratore nazionale antiterrorismo di Francia, ha rivelato con toni allarmati (e allarmanti) che nel 2020 usciranno dal carcere per decorrenza dei termini 45 condannati per jihad, altri 57 seguiranno nel 2021, e nel 2022 saranno liberati altri 46 terroristi conclamati. «Sono molto preoccupato», ha dichiarato Ricard ai parlamentari, «perché stiamo per rilasciare individui veramente molto pericolosi». Anche la Direction générale de la sécurité extérieure, il servizio d'intelligence che dipende dal ministro della Difesa, ha manifestato «grande allarme». Insomma, in Francia sta per scattare una specie di masochistico «liberi tutti», reso ancor più paradossale dall'ultimo allarme generale suonato soltanto cinque mesi fa con l'attacco alla prefettura di Parigi, uno dei luoghi più protetti e sensibili della Republique, dove ai primi d'ottobre quattro agenti di polizia sono stati sgozzati da un collega che dal 2015, senza che nessuno se ne accorgesse, si era convertito al radicalismo islamico. Le prigioni francesi sono un pericoloso focolaio di jihadismo. In base ai dati ufficiali del governo, alla data del 31 gennaio 2020 i detenuti considerati «terroristi islamici» erano 531. In tre anni, se sono corrette le stime di Ricard, i francesi ne libereranno poco meno di un terzo. Nulla si sa, peraltro, sul destino di almeno altri 900 reclusi in Francia, considerati tecnicamente «suscettibili di radicalizzazione», cioè arruolabili in qualsiasi momento alla Guerra santa islamica. A fine gennaio, però, il ministro della Giustizia Nicole Belloubet ha rivelato che nel 2019, «ne sono stati rilasciati 450», e ha aggiunto che in buona parte «sono tornati subito a delinquere». Sono tutti dati che, messi assieme, contribuiscono a gettare una luce sinistra sull'incapacità di gestire la materia a Parigi. I francesi sono davvero lenti a reagire. Dall'attacco alla redazione di Charlie Hebdo del gennaio 2015 (20 morti), per non parlare degli attentati parigini del novembre 2015 (137 morti, di cui 90 al teatro Bataclan) sono occorsi ben quattro anni per arrivare alla creazione di una prima struttura investigativa-giudiziaria nazionale: per l'appunto il «Parquet national antiterroriste» guidato da Ricard e formato da altri 26 magistrati. Il Parquet, qualcosa di simile alla nostra Procura nazionale, è entrato in attività nel luglio 2019, ma 54 mesi sono davvero un tempo infinito, se s'intende contrastare efficacemente un avversario pericoloso come lo jihadismo. L'allarme lanciato dal Procuratore Ricard in Parlamento, per ora, è servito a poco. Il 26 febbraio, due senatori di Les Républicains, il partito neogollista, hanno annunciato un disegno di legge per integrare le norme antiterrorismo del 2017 e per «rafforzare la sorveglianza degli ex detenuti condannati per partecipazione alla Jihad». Nei loro confronti, la norma vuole stabilire il divieto di frequentare certi luoghi e di incontrare determinate persone, e la possibilità di essere posti sotto sorveglianza elettronica per un periodo compreso tra 12 mesi e 10 anni, a seconda della gravità della condanna. Serviranno mesi prima di cominciare a discuterne.In realtà, lo stillicidio annunciato dal Procuratore Ricard è già cominciato nel peggiore dei modi. Il primo a uscire, lo scorso 13 gennaio, è stato Flavien Moreau, 33 anni, gli ultimi sei dei quali trascorsi nella prigione di massima sicurezza a Condé-sur-Sarthe, in Normandia, che malgrado il titolo è tristemente famosa per le continue rivolte e per i ferimenti degli agenti da parte dei detenuti radicalizzati. Moreau è passato alle cronache per essere il primo «foreign fighter» di Francia. Era stato arrestato nel gennaio 2013 a Parigi al rientro dalla Siria, dove per oltre un anno aveva combattuto nelle fila dell'Isis: condannato nel 2014 a sette ani di reclusione, è uscito con oltre 12 mesi d'anticipo. Di recente era stato segnalato avesse vergato con il carbone la scritta «Je suis Ganczarski» sul muro della sua cella: Christian Ganczarski è un cittadino tedesco convertito all'islam che sta scontando 18 anni di carcere per l'attentato dell'aprile 2002 alla sinagoga di Djerba, in Tunisia, (21 morti) e che nel 2018, in prigione, ha accoltellato tre agenti di sorveglianza. Prima di uscire per l'ultima volta, Moreau ha minacciato i suoi guardiani: «Tornerò qui con un kalashnikov», ha ringhiato, «e vi ucciderò uno a uno». Malgrado questi segnali di pericolosità, il detenuto ha già fatto perdere le sue tracce. Come Mohamed Achamlane, che nel luglio 2015 era stato condannato a nove anni di reclusione per associazione a delinquere e possesso illegale di armi, ma è uscito dopo meno di cinque anni lo scorso primo gennaio. Achamlane, autoproclamatosi emiro di Nantes, è l'ispiratore degli attacchi alle scuole ebraiche compiuti nel 2012 da un suo adepto, Mohamed Merah, nonché il fondatore di «Forsane Alizza» («I Cavalieri della fierezza»), un gruppo salafita sciolto nel 2012 per terrorismo. A casa di Achamlane, quattro anni fa, gli investigatori avevano sequestrato tre fucili d'assalto e tre pistole. Il suo computer conteneva ricette per realizzare ordigni esplosivi, la guida «Terrorist's Handbook» e documenti relativi a una dozzina di potenziali bersagli, tra cui caffè, negozi kosher e personalità di destra. Ora non si sa dove sia.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)