2022-05-15
La Finlandia conferma il sì alla Nato. Mosca minaccia: «Missili al confine»
Vladimir Putin e Sauli Niinisto (Ansa)
Telefonata tra Vladimir Putin e il presidente finnico Sauli Niinisto, che ha ribadito lo stop alla neutralità. Secondo lo zar «ci saranno contraccolpi». Recep Tayyip Erdogan vuole trattare per il suo sì mentre in Italia è scontro tra Matteo Salvini e il Pd.C’è attesa per l’esito del summit informale tra i ministri degli Esteri della Nato che, iniziato nel pomeriggio di ieri a Berlino, discuterà oggi dell’assistenza occidentale all’Ucraina. La riunione si svolge mentre l’ingresso di Svezia e Finlandia nell’Alleanza atlantica sembra farsi sempre più vicino. Il presidente finlandese, Sauli Niinisto, ha telefonato ieri all’omologo russo Vladimir Putin, per annunciargli che Helsinki deciderà di candidarsi a entrare nella Nato «nei prossimi giorni». «La conversazione è stata franca e diretta ed è stata condotta senza esasperazioni. Evitare le tensioni era considerato importante», ha dichiarato Niinisto. Il presidente russo ha replicato, sostenendo che sarebbe un errore per Helsinki abbandonare lo status di neutralità. Putin ha inoltre dichiarato di non vedere minacce alla sicurezza della Finlandia e che un suo ingresso nella Nato potrebbe determinare contraccolpi sulle sue relazioni bilaterali con Mosca. In generale, la tensione resta piuttosto elevata. «Se la Finlandia aderisse alla Nato rafforzeremmo in maniera massiccia la nostra presenza militare sul fianco occidentale e al confine piazzeremmo missili Kinzhal che possono raggiungere il territorio finlandese in 20 o persino 10 secondi», ha tuonato l’esponente della Duma, Aleksey Zhuravlyov. Ieri i caccia russi Su-27 hanno, inoltre, preso parte a delle esercitazioni militari, con l’obiettivo di respingere un finto attacco aereo nell’exclave russa di Kaliningrad, che, ricordiamolo, è collocata tra Polonia e Lituania. Il leader ceceno, Ramzan Kadyrov, ha infine annunciato l’invio di un gruppo di «600 volontari» in Ucraina. In tutto questo, Ankara ha scelto di mantenersi in una posizione di ambiguità. Se venerdì Tayyip Erdogan turco si era mostrato contrario a un’adesione di Svezia e Finlandia alla Nato (accusando i due Paesi di ospitare i curdi del Pkk), ieri la Turchia ha lasciato aperto un mezzo spiraglio. «Non chiudiamo la porta. Ma fondamentalmente stiamo sollevando questo problema come una questione di sicurezza nazionale per la Turchia», ha detto il portavoce del presidente turco, Ibrahim Kalin. «Quello che deve essere fatto è chiaro: devono smettere di consentire a attività, organizzazioni, individui e altri tipi di presenza del Pkk di esistere in quei Paesi», ha aggiunto. Ankara è realmente preoccupata per la propria sicurezza? O c’è dell’altro? Ricordiamo che la Turchia ha molti interessi in ballo in questa crisi: è un membro della Nato, vanta stretti legami con Kiev, ma ha anche significativi legami con Mosca. Erdogan non è, d’altronde, nuovo a strategie spregiudicate e ambigue. La ragione più probabile di questo apri e chiudi è che il presidente turco, consapevole che per l’ammissione di nuovi Paesi nell’alleanza atlantica occorre l’unanimità, voglia assumere un ruolo centrale e dettare qualche significativa condizione: come sottolineato ieri dal National Interest, «la Turchia continuerà a perseguire una politica estera pragmatica che non è né filo-ucraina, né filo-russa, ma interamente filo-turca». Il ministro degli Esteri finlandese Pekka Haavesto ha comunque detto di voler trovare una «soluzione» con l’omologo turco Mevlut Cavusoglu. Il tema dell’allargamento della Nato crea, frattanto, divisioni nella maggioranza di governo in Italia. «Io sono concentrato sull’oggi. L’oggi non è l’adesione di Finlandia e Svezia alla Nato ma costringere Ucraina e Russia a parlarsi. Poi dell’allargamento dell’Ue e delle adesioni alla Nato avremo modo di parlare nei prossimi mesi», ha detto il leader della Lega, Matteo Salvini. «Se ora [Salvini] si schiera contro l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, fa direttamente un assist a Putin aiutandolo esplicitamente», ha replicato il deputato del Pd, Enrico Borghi. Una delegazione parlamentare americana, guidata dal capogruppo dei senatori repubblicani Mitch McConnell, si è frattanto recata ieri a Kiev. Sempre ieri, si sono riuniti a Berlino i ministri degli Esteri del G7. Nel comunicato finale, hanno innanzitutto ribadito la condanna dell’invasione russa, per poi rivolgersi alla Repubblica popolare cinese. «Sulla guerra di aggressione russa contro l’Ucraina, incoraggiamo la Cina [...] a esortare risolutamente la Russia a fermare la sua aggressione militare contro l’Ucraina», si legge. Il G7 ha, inoltre, sollecitato Pechino a non fornire assistenza a Mosca e a «non indebolire le sanzioni imposte alla Russia». Un auspicio, quest’ultimo, destinato a rimanere lettera morta, visto che il Dragone non ha la minima intenzione di prendere concretamente le distanze dal Cremlino. Le fibrillazioni tra Pechino e l’Occidente non sono poche. Tre giorni fa, il Global Times (organo del Partito comunista cinese) ha attaccato l’allargamento della Nato. Il G7, dal canto suo, ieri ha criticato la Cina per la violazione dei diritti umani a Hong Kong, in Tibet e nello Xinjiang. Non solo: il G7 ha citato anche la questione di Taiwan. Tutti questi segnali mostrano come la crisi ucraina come sia parte di uno scontro per l’ordine internazionale tra l’Occidente e l’asse sino-russo.