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2019-05-25
La Finanza sul caso dei soldi Unicef: «Carte contraffatte»
Quando si dice fare carte false. Tra le segnalazioni dell'Unità informazione finanziaria che, dal 2012, lanciava allarmi su Alessandro Conticini e le sue manovre sui fondi per i bambini africani, ce n'è una che ha impegnato più delle altre la Guardia di Finanza. È del 22 gennaio 2015, quando sul conto corrente del parente della famiglia Renzi (Alessandro è il fratello del cognato di Matteo Renzi) arriva un bonifico di 372.000 dollari, pari a circa 318.000 euro. L'accredito non va a buon fine perché il mittente, l'organizzazione umanitaria «Operation California», ha indicato come beneficiario «International Development Association c/o Alessandro Conticini». Ma nessun conto, in filiale, è aperto a quel nome. E quindi i soldi vengono stornati e restituiti. Una ventina di giorni dopo, si ripete il tentativo con il beneficiario corretto: «Alessandro Conticini c/o International Development Association». La somma viene finalmente accreditata sul conto corrente personale di Conticini. Qualcosa, però, non quadra. E allora gli uffici della banca, dove Conticini movimenta con disinvoltura centinaia di migliaia di euro provenienti dai finanziamenti di Ong e associazioni umanitarie, lo convocano e gli chiedono un giustificativo per quella somma così ingente proveniente dall'estero. L'uomo spiega che la cifra riguarda un compenso per lui e la moglie, Valérie Quéré, per delle «consulenze» prestate all'organizzazione americana. Possibile? I funzionari dell'istituto di credito sono scettici, e inviano una segnalazione di «operazione sospetta» a Bankitalia. Che, analizzando il materiale di Conticini e incrociando le informazioni raccolte su fonti aperte, scrive in una relazione allegata all'inchiesta in cui è coinvolto l'uomo che desta «perplessità», in relazione alla «vocazione assistenziale» di «Operation California», un «singolo pagamento di 372.000 dollari». E per cosa, poi? Per consulenze a «fronte di spese che si aggirerebbero (…) nell'ordine di 1,9/2 milioni di dollari». Una cifra troppo alta che da sola rappresenterebbe un sesto dell'intero budget a disposizione.
Le fiamme gialle, che già stanno lavorando sullo svuotamento dei fondi per progetti di solidarietà in Africa ad opera del parente dei Renzi, raccolgono l'alert di Bankitalia e vanno oltre. E decidono di passare al microscopio la documentazione che i Conticini hanno consegnato in banca. Scoprono così alcuni indizi che portano gli inquirenti a ipotizzare la fabbricazione di un presunto falso «copia e incolla» per giustificare il bonifico che «Operation California» avrebbe voluto indirizzare alla organizzazione umanitaria di Conticini ma che, invece, è finito sul suo conto corrente personale. Scrivono i militari della polizia tributaria: «Da un sommario esame della documentazione prodotta di supporto al bonifico (...) sembrerebbe che la stessa sia frutto dell'unione, in un unico foglio, di più parti di differente provenienza». Infatti, annotano ancora gli investigatori in una informativa, il «carattere di scrittura dell'intestazione mittente/destinatario appare uguale a quello della nota di chiusura ossia “by this communication..." ma differente da quello utilizzato per la descrizione delle attività indicate a fronte del programma 2014/2015». Una svista grafica difficilmente giustificabile per una struttura internazionale che si occupa di programmi per l'infanzia e per la lotta alla povertà da almeno 30 anni. La lente d'ingrandimento dei finanzieri passa anche sopra la «firma sottostante il nominativo Alessandro Conticini», e rileva che «sembrerebbe non apposta in modo autografo», ma «ritagliata in maniera elettronica da altra documentazione stante l'opacità che ne caratterizza i contorni». Il giustificativo del bonifico, insomma, offre più di un dubbio sulla sua genuinità. Ancora dalla informativa della Guardia di Finanza: «La documentazione, inoltre, pure avendo ad oggetto “invoice" (fattura, ndr) e riferita al pagamento delle spese di consulenza, non presenta un elemento fondamentale per la identificazione di un documento fiscale ossia il codice fiscale e/o partita Iva». E questo senza considerare il dettaglio che la presunta fattura, su «carta intestata “Operation California", rechi come titolo “contribution"». Ovvero, contributo semplice. E non come ci si aspetterebbe, data la natura del mittente, «contributo umanitario».
La conclusione a cui giungono gli inquirenti rafforza il fronte d'indagine sull'appropriazione indebita di cui si sarebbe reso protagonista Conticini. Infatti, secondo Guardia di Finanza e Bankitalia, «appare quantomeno anomalo che una ingente somma di denaro, originariamente destinata a finanziare la Play Therapy Africa (la società di Conticini che rastrella contributi milionari in giro per il mondo per presunti progetti di sostegno alla terapia del gioco in Africa, ndr) venga poi trasferita su vari rapporti di conto intestati a Conticini».
Dunque, la somma è stata «verosimilmente destinata a un impiego diverso da quello per il quale è stata erogata dalle organizzazioni internazionali». Impieghi coincidenti con le spese «personali» e «familiari» del parente dell'ex premier Matteo Renzi. Come le due superville in Portogallo e in Francia costate, come ha raccontato Panorama questa settimana, 2 milioni di euro. O come le spese per le carte di credito dei coniugi impegnati a girare il mondo, dall'Africa all'Europa passando per gli Stati Uniti e gli Emirati Arabi.
L’ex premier inizia il trasloco nella nuova villa a Firenze
L'attesa è finita. I lavori di ristrutturazione della nuova villa di Matteo Renzi sono terminati e proprio ieri è iniziato il trasloco dei mobili. Il sogno del Bomba, quello di trasferirsi dalla piccola e periferica Rignano sull'Arno nella zona più à la page, più bella e ricca di Firenze sta per diventare realtà. Presto potrà svegliarsi ad un passo dal viale dei Colli disegnato dal genio di Giuseppe Poggi e vivere circondato dal verde e con vicini tanto prestigiosi quanto ricchi: imprenditori, medici e dirigenti di altissimo livello. Mica male per uno che sosteneva di avere 15.859 euro sul proprio conto corrente. Dall'altro ieri sono iniziati i primi spostamenti di camion e furgoni che hanno portato, nel giro di 24 ore, dentro la nuova residenza letti, armadi e librerie. La casa a un passo da Ponte Vecchio - che per anni ha ospitato Matteo, Agnese e i tre figli - è stata lasciata. Mercoledì pomeriggio era stata proprio la moglie dell'ex segretario del Pd a verificare, di persona, la conclusione dei lavori interni alla nuova villa. Ogni dettaglio è stato studiato con estrema attenzione. Nel pomeriggio si era recata in via Tacca e aveva a lungo colloquiato con gli architetti che hanno diretto i lavori. Che sono molto avanti ma non del tutto finiti. Nell'immenso giardino circostante sono ancora presenti due ruspe, che serviranno per migliorare anche lo spazio esterno. Era il 30 giugno 2018 quando La Verità, in esclusiva, raccontò l'acquisto della super villa da oltre 1 milione di euro. Una notizia che fece il giro d'Italia e fu ripresa anche da organi d'informazione all'estero. Non solo per la bellezza della location e per il prezzo (1 milione e 300.000 euro, per l'esattezza), che non può certo essere definito alla portata di tutti, ma proprio per quell'affermazione sui 15.859 euro in banca, sostenuta con phatos dal Bomba davanti a Nicola Porro e le telecamere di Matrix. Una cifra modesta, che stride e non poco con un preliminare d'acquisto da 400.000 euro (saldato con quattro assegni circolari). La villa dei sogni di Renzi ha una metratura complessiva di 276 metri quadri ed è divisa (a livello catastale) in 11,5 vani. Va poi aggiunto l'immenso parco da oltre 1.500 metri quadri. Un alloggio principesco di due piani, nei quali spiccano un gigantesco salotto open space, una cucina degna di Carlo Cracco, tre camere con bagno, uno studio e una terrazza.
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Alessandro Conticini, parente di Matteo Renzi, segnalato a Bankitalia per 372.000 dollari sospetti. La Gdf sulle carte: «Copia incolla di vari fogli».Matteo Renzi e i suoi lasciano il centro storico per la magione da 1,3 milioni di euro sui colli. Presa dopo aver detto: «Ho solo 15.859 euro».Lo speciale contiene due articoli Quando si dice fare carte false. Tra le segnalazioni dell'Unità informazione finanziaria che, dal 2012, lanciava allarmi su Alessandro Conticini e le sue manovre sui fondi per i bambini africani, ce n'è una che ha impegnato più delle altre la Guardia di Finanza. È del 22 gennaio 2015, quando sul conto corrente del parente della famiglia Renzi (Alessandro è il fratello del cognato di Matteo Renzi) arriva un bonifico di 372.000 dollari, pari a circa 318.000 euro. L'accredito non va a buon fine perché il mittente, l'organizzazione umanitaria «Operation California», ha indicato come beneficiario «International Development Association c/o Alessandro Conticini». Ma nessun conto, in filiale, è aperto a quel nome. E quindi i soldi vengono stornati e restituiti. Una ventina di giorni dopo, si ripete il tentativo con il beneficiario corretto: «Alessandro Conticini c/o International Development Association». La somma viene finalmente accreditata sul conto corrente personale di Conticini. Qualcosa, però, non quadra. E allora gli uffici della banca, dove Conticini movimenta con disinvoltura centinaia di migliaia di euro provenienti dai finanziamenti di Ong e associazioni umanitarie, lo convocano e gli chiedono un giustificativo per quella somma così ingente proveniente dall'estero. L'uomo spiega che la cifra riguarda un compenso per lui e la moglie, Valérie Quéré, per delle «consulenze» prestate all'organizzazione americana. Possibile? I funzionari dell'istituto di credito sono scettici, e inviano una segnalazione di «operazione sospetta» a Bankitalia. Che, analizzando il materiale di Conticini e incrociando le informazioni raccolte su fonti aperte, scrive in una relazione allegata all'inchiesta in cui è coinvolto l'uomo che desta «perplessità», in relazione alla «vocazione assistenziale» di «Operation California», un «singolo pagamento di 372.000 dollari». E per cosa, poi? Per consulenze a «fronte di spese che si aggirerebbero (…) nell'ordine di 1,9/2 milioni di dollari». Una cifra troppo alta che da sola rappresenterebbe un sesto dell'intero budget a disposizione.Le fiamme gialle, che già stanno lavorando sullo svuotamento dei fondi per progetti di solidarietà in Africa ad opera del parente dei Renzi, raccolgono l'alert di Bankitalia e vanno oltre. E decidono di passare al microscopio la documentazione che i Conticini hanno consegnato in banca. Scoprono così alcuni indizi che portano gli inquirenti a ipotizzare la fabbricazione di un presunto falso «copia e incolla» per giustificare il bonifico che «Operation California» avrebbe voluto indirizzare alla organizzazione umanitaria di Conticini ma che, invece, è finito sul suo conto corrente personale. Scrivono i militari della polizia tributaria: «Da un sommario esame della documentazione prodotta di supporto al bonifico (...) sembrerebbe che la stessa sia frutto dell'unione, in un unico foglio, di più parti di differente provenienza». Infatti, annotano ancora gli investigatori in una informativa, il «carattere di scrittura dell'intestazione mittente/destinatario appare uguale a quello della nota di chiusura ossia “by this communication..." ma differente da quello utilizzato per la descrizione delle attività indicate a fronte del programma 2014/2015». Una svista grafica difficilmente giustificabile per una struttura internazionale che si occupa di programmi per l'infanzia e per la lotta alla povertà da almeno 30 anni. La lente d'ingrandimento dei finanzieri passa anche sopra la «firma sottostante il nominativo Alessandro Conticini», e rileva che «sembrerebbe non apposta in modo autografo», ma «ritagliata in maniera elettronica da altra documentazione stante l'opacità che ne caratterizza i contorni». Il giustificativo del bonifico, insomma, offre più di un dubbio sulla sua genuinità. Ancora dalla informativa della Guardia di Finanza: «La documentazione, inoltre, pure avendo ad oggetto “invoice" (fattura, ndr) e riferita al pagamento delle spese di consulenza, non presenta un elemento fondamentale per la identificazione di un documento fiscale ossia il codice fiscale e/o partita Iva». E questo senza considerare il dettaglio che la presunta fattura, su «carta intestata “Operation California", rechi come titolo “contribution"». Ovvero, contributo semplice. E non come ci si aspetterebbe, data la natura del mittente, «contributo umanitario». La conclusione a cui giungono gli inquirenti rafforza il fronte d'indagine sull'appropriazione indebita di cui si sarebbe reso protagonista Conticini. Infatti, secondo Guardia di Finanza e Bankitalia, «appare quantomeno anomalo che una ingente somma di denaro, originariamente destinata a finanziare la Play Therapy Africa (la società di Conticini che rastrella contributi milionari in giro per il mondo per presunti progetti di sostegno alla terapia del gioco in Africa, ndr) venga poi trasferita su vari rapporti di conto intestati a Conticini». Dunque, la somma è stata «verosimilmente destinata a un impiego diverso da quello per il quale è stata erogata dalle organizzazioni internazionali». Impieghi coincidenti con le spese «personali» e «familiari» del parente dell'ex premier Matteo Renzi. Come le due superville in Portogallo e in Francia costate, come ha raccontato Panorama questa settimana, 2 milioni di euro. O come le spese per le carte di credito dei coniugi impegnati a girare il mondo, dall'Africa all'Europa passando per gli Stati Uniti e gli Emirati Arabi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-finanza-sul-caso-dei-soldi-unicef-carte-contraffatte-2638081875.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lex-premier-inizia-il-trasloco-nella-nuova-villa-a-firenze" data-post-id="2638081875" data-published-at="1765401670" data-use-pagination="False"> L’ex premier inizia il trasloco nella nuova villa a Firenze L'attesa è finita. I lavori di ristrutturazione della nuova villa di Matteo Renzi sono terminati e proprio ieri è iniziato il trasloco dei mobili. Il sogno del Bomba, quello di trasferirsi dalla piccola e periferica Rignano sull'Arno nella zona più à la page, più bella e ricca di Firenze sta per diventare realtà. Presto potrà svegliarsi ad un passo dal viale dei Colli disegnato dal genio di Giuseppe Poggi e vivere circondato dal verde e con vicini tanto prestigiosi quanto ricchi: imprenditori, medici e dirigenti di altissimo livello. Mica male per uno che sosteneva di avere 15.859 euro sul proprio conto corrente. Dall'altro ieri sono iniziati i primi spostamenti di camion e furgoni che hanno portato, nel giro di 24 ore, dentro la nuova residenza letti, armadi e librerie. La casa a un passo da Ponte Vecchio - che per anni ha ospitato Matteo, Agnese e i tre figli - è stata lasciata. Mercoledì pomeriggio era stata proprio la moglie dell'ex segretario del Pd a verificare, di persona, la conclusione dei lavori interni alla nuova villa. Ogni dettaglio è stato studiato con estrema attenzione. Nel pomeriggio si era recata in via Tacca e aveva a lungo colloquiato con gli architetti che hanno diretto i lavori. Che sono molto avanti ma non del tutto finiti. Nell'immenso giardino circostante sono ancora presenti due ruspe, che serviranno per migliorare anche lo spazio esterno. Era il 30 giugno 2018 quando La Verità, in esclusiva, raccontò l'acquisto della super villa da oltre 1 milione di euro. Una notizia che fece il giro d'Italia e fu ripresa anche da organi d'informazione all'estero. Non solo per la bellezza della location e per il prezzo (1 milione e 300.000 euro, per l'esattezza), che non può certo essere definito alla portata di tutti, ma proprio per quell'affermazione sui 15.859 euro in banca, sostenuta con phatos dal Bomba davanti a Nicola Porro e le telecamere di Matrix. Una cifra modesta, che stride e non poco con un preliminare d'acquisto da 400.000 euro (saldato con quattro assegni circolari). La villa dei sogni di Renzi ha una metratura complessiva di 276 metri quadri ed è divisa (a livello catastale) in 11,5 vani. Va poi aggiunto l'immenso parco da oltre 1.500 metri quadri. Un alloggio principesco di due piani, nei quali spiccano un gigantesco salotto open space, una cucina degna di Carlo Cracco, tre camere con bagno, uno studio e una terrazza.
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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