2024-03-17
La finanza ha ucciso il «sogno» plastica pulita
Nel 2019 un video-denuncia di un fondo delle Cayman provoca il crollo in Borsa di Bio-on, che poi fallisce. Le tesi sono supportate da un consulente vicino alla concorrenza, la vecchia Novamont. Smontati i capi d’accusa. Il curatore valuta la tecnologia 95 milioni.Di una cosa possiamo essere certi, la parabola di Bio-on, la start up bolognese diventata regina della Borsa italiana con la promessa di sostituire la plastica grazie a un prodotto naturale e biodegradabile e affossata in mezz’ora dopo un video-denuncia apparso su Youtube, diventerà ben presto una case history da studiare e una perfetta sceneggiatura cinematografica. Per avere qualche sicurezza in più su come siano andate davvero le cose bisognerà invece aspettare l’esito del processo che potrebbe arrivare a un primo grado di giudizio alla fine del prossimo anno. Intanto però stanno emergendo novità industriali (Bio-on può ripartire con l’avvio dei laboratori di ricerca e la manutenzione degli impianti emiliani a Castel San Pietro) e processuali (la Corte d’appello ha annullato la delibera della Consob che sanzionava con 170.000 euro di multa e un’interdizione di 16 mesi l’ex presidente del collegio Gianfranco Capodaglio) importanti. E altre a breve potrebbero arrivare.Proprio perché la storia è ancora così attuale, vale la pena fare un passo indietro e ripercorrerne qualche pezzetto mescolando le origini di Bio-on, nata da un’intuizione dei due fondatori Marco Astorri e Guido “Guy” Cicognani che nel 2007 volarono alle Hawaii per acquistare il brevetto del Pha, un gruppo di polimeri biodegradabili che ha le caratteristiche per diventare l’alternativa sostenibile alle plastiche tradizionali, e (quasi) defunta nel luglio del 2019 dopo le accuse del finanziere Gabriele Grego (fondatore del fondo Quintessential) che definiva Bio-on un «bluff», un «castello di carte», una «nuova Parmalat». In mezzo passano una dozzina d’anni dove o le società di revisioni e diverse multinazionali hanno preso un grande abbaglio nel certificare i bilanci e puntare sul gruppo o, dalla denuncia di Grego, c’è stato qualcosa che non è quadrato. MODELLO START-UPVediamo. La premessa è che anche ad anni di distanza dalla sua nascita, Bio-on resta una start-up che ha portato avanti un modello business innovativo basato sulla proprietà intellettuale, cioè sulla creazione di brevetti e marchi, e non sulla produzione. E anche quando nel 2014 la società approda in Borsa, dai 5,5 euro della quotazione ha raggiunto la soglia dei 70 euro (1,3 miliardi di capitalizzazione), la strategia non cambia. La svolta data fine del 2016: nel piano industriale 2017-2020, infatti, è messa nero su bianco la volontà di iniziare a produrre biopolimeri speciali grazie a un impianto da 1.000 tonnellate all’anno da completare nel 2018. Oltre ai brevetti, insomma Bio-on, svilupperà bioplastiche ad alto contenuto tecnologico e alta marginalità. L’offerta parte dai prodotti per la cosmetica e l’industria e si estende fino alla diagnostica e alle terapie antitumorali. Mille tonnellate di materiali sono un’inezia rispetto alla potenziale richiesta. Ma è un inizio. O se vogliamo è l’inizio della fine. Da «simpatico» unicorno (la start up che superano il miliardo di valore) Bio-on si trasforma in produttore. Sigla contratti con importanti multinazionali, da Ikea (c’era un’esclusiva per sostituire tutta la plastica del catalogo) fino al colosso del packaging Tetra Pak. Unilever offre un’opzione su tutte le applicazioni di Pha, mentre viene siglata una partnership con uno dei leader mondiali della moda, il gruppo Kering. L’apice viene toccato il 24 ottobre 2018 al Cremlino, alla presenza di Vladimir Putin e dell’allora premier Giuseppe Conte. Con un accordo da circa 18 milioni il colosso petrolifero Taif acquista da Bion-on una licenza per costruire il primo impianto della Federazione russa per la produzione di Phas. Gli affari potenzialmente si ingrossano. E aumentano anche i nemici. Questo è l’ambiente nel quale nascono gli attacchi. Il primo viene sferrato a fine febbraio 2019 dalla boutique di consulenza finanziaria The Analyst che stronca le prospettive di Bio-on (ma il report passa quasi inosservato), il secondo, che ricalca in gran parte lo studio inglese, arriva da un semi-sconosciuto fondo americano, Quintessential, e data 23 luglio 2019. Cosa fa Quintessential? Il fondo che secondo quanto rivelato da Mf aveva sede nel paradiso fiscale delle Cayman e non a New York e amministrava un patrimonio di appena 11 milioni di dollari è specializzato nelle vendite al ribasso. In buona sostanza indaga su una «società bersaglio» e rende pubblici i risultati delle sue investigazioni scommettendo quindi su un ribasso del titolo. Un sistema molto americano e infatti quello che è successo a Bio-on rappresenta un unicum in Italia. Quintessential, insomma, indaga per far precipitare il titolo e guadagnarci. Eppure non risultano consistenti posizioni al ribasso del fondo sul titolo Bio-on. Ma andiamo nel merito. Partendo dal presupposto che nel disclaimer, Quintessential mette le mani avanti e dichiara di «non fornire garanzie circa la completezza, accuratezza, e correttezza delle informazioni, previsioni o pareri ivi espressi». Grego accusa Bio-on di avere bilanci gonfiati («non riuscivo a credere ai miei occhi») e una strategia industriale che non sta in piedi. Come messo nero su bianco anche in un recente libro, «Bio-on, l’unicorno avvelenato», curato da Massimo Degli Esposti e Andrea Franchini, però nella sua lunga interminabile serie di atti di imputazione, Grego cita solo due fonti indicando nome e cognome, per il resto si tratta di stimati professionisti anonimi. La prima è tal «dottore» Roberto Filippini Fantoni (associazione italiana macromolecole), definito dall’accusatore «una persona squisita e intelligente», per il quale dichiarare che il Pha della Bio-on possa sostituire tutta una serie di polimeri di largo consumo «è assurdo». Quanti LEGAMILa seconda è Maurizio Salom, un professionista che sembra avere molti legami con la vecchia gestione di Novamont, diretta concorrente di Bio-on. «Salom», si legge nel libro, «è amministratore unico della fiduciaria Imt Srl cha una piccolissima percentuale della Melville Srl (0,12%), società che controlla Mater-Bi che a sua volta controlla Novamont». Non solo. Perché lo stesso Salom «da anni è membro del collegio sindacale di Novamont assieme al socio Guido Riccardi. E dal 25 gennaio 2020 è addirittura presidente dell’organismo». Nulla di male. Magari però il video accusa avrebbe dovuto ricordarlo. Anche perché è lui a mettere la faccia sul piatto forte della tesi accusatoria: gli artifici contabili. «La quasi totalità del fatturato di Bio-on», spiega, «deriva dalla vendita a società affiliate o controllate della stessa. Gran parte dei crediti con le joint venture sono di dubbia recuperabilità e ci sono gravi lacune nell’operato delle società di revisione». A tal riguardo vale la pena ricordare che PwC ed EY, due delle maggiori società di revisione, hanno confermato le loro certificazioni di fronte alla Procura. Dubbi sorgono anche rispetto alle accuse sul lato industriale. CONFRONTO SUI COSTIPer Quintessential «i costi di produzione sono enormemente superiori alle alternative e non esisterebbe alcuna domanda di plastica Bio-on a un prezzo redditizio». Vero? L’atto di imputazione, si legge ancora nel libro, «viene smentita da una tesi di laurea discussa nel 2018 all’Università di Lund, in Svezia, e realizzata in collaborazione con il dipartimento ricerca e sviluppo di Ikea». Nell’analisi vengono riportati i numeri dello studio di fattibilità propedeutico all’accordo di licenza siglato con Ikea nel 2016 e relativo all’impiego delle tecnologie Bio-on per rimpiazzare con PHha tutta la plastica utilizzata dal gruppo. Risultato? I costi di produzione del Pha, una volta ottimizzati i processi e scalati i volumi, possono «equivalere a quelli della plastica fossile», intorno ai 2,5 euro al chilo. Il punto è che dopo queste accuse il titolo crolla, la Borsa Italiana che trattandosi di Aim aveva «competenza» non interviene per sospenderlo e dare il tempo a tutti gli attori di chiarire la situazione e dopo una serie di tentativi di rianimazione andati a male, la società fallisce. Il video è del 23 luglio 2019, quattro mesi dopo, il 24 ottobre 2019, vengono perquisite sedi e abitazioni private degli amministratori e per Astorri scattano i domiciliari. Bio-on viene sospesa dalle contrattazioni e non sarà più riammessa. A dicembre il fallimento. Astorri e Cicognani sono ancora al centro dell’inchiesta bolognese «Plastic Bubble». Ma in questi anni alcune cose sono successe. La società che Grego aveva definito una «scatola vuota» è stata valutata 95 milioni dal curatore fallimentare. I fondatori che erano accusati di bancarotta fraudolenta, manipolazione del mercato e false comunicazioni sociali hanno visto «ridursi» alcuni capi d’accusa. Così siamo tornati quasi alla casella di partenza. La verità verrà ovviamente stabilità in sede giudiziaria e farlo in tempi rapidi oltre che doveroso verso le persone coinvolte, potrebbe essere utile a dare slancio al progetto ripreso in mano dalla Maip, un gruppo piemontese che ha presentato una proposta di concordato stragiudiziale ritenuta congrua dai creditori e che sta basando il business sempre sui polimeri naturali Pha e sullo stesso impianto emiliano di Castel San Pietro.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)