Ko per la Commissione, che aveva ordinato a Bezos di dare 250 milioni al Lussemburgo: «Niente aiuti di Stato». Sempre nelle sabbie mobili il piano per creare un'imposta globale sui colossi online, sgradito alla Casa Bianca
Ko per la Commissione, che aveva ordinato a Bezos di dare 250 milioni al Lussemburgo: «Niente aiuti di Stato». Sempre nelle sabbie mobili il piano per creare un'imposta globale sui colossi online, sgradito alla Casa BiancaLa Corte di giustizia europea scagiona fiscalmente il Lussemburgo e la Web tax globale resta un miraggio. Ieri è arrivata un'altra sentenza che ha messo ko la Commissione: il tribunale ha infatti annullato l'ordine del 2017 nei confronti di Amazon che le imponeva di pagare circa 250 milioni di euro al Lussemburgo come risarcimento di tasse non pagate grazie a un tax ruling considerato a vantaggio della società. Secondo la Corte, Amazon non ha beneficiato di un vantaggio specifico e non è tenuto a risarcire i benefici che ne sono derivati. Il tribunale Ue ha infatti spiegato come «la constatazione principale del vantaggio si fonda su un'analisi errata sotto diversi profili». In pratica, ancora una volta la Commissione ha usato gli strumenti a sua disposizione male, rendendo la sua «condanna» nulla a distanza di quattro anni. Ma non è la prima volta che una decisione della Commissione viene messa ko dalla Corte Ue. Nel 2018 successe infatti la stessa cosa con il Lussemburgo e McDonald's e l'anno scorso ci fu la sconfitta più amara quando Apple vinse il ricorso contro l'Ue e venne annullata una multa da 13 miliardi. Una dopo l'altra le decisioni storiche prese dalla Commissione contro le multinazionali Usa sono dunque crollate. Poco conta il tweet di protesta del commissario alla Concorrenza, Margrethe Vestager per dire che l'Ue cambierà le sue leggi fiscali (per riuscire a incastrare le multinazionali), se si pensa ai vari insuccessi europei in campo di Web tax. È da anni che la Commissione cerca di trovare una soluzione sul tema. A fine 2019 stremata ha passato la palla all'Ocse che sarebbe dovuta arrivare a una sintesi globale entro fine 2020, ma così non è stato. La questione è poi passata di nuovo all'Ue che aveva provato a fare dei passi avanti non riuscendoci granché. Il problema ruota tutto intorno al fatto che le questioni fiscali devono essere approvate sempre all'unanimità. E dato che Lussemburgo, Malta, Olanda e Irlanda sarebbero svantaggiate dall'introduzione di una Web tax europea hanno sempre votato contro, bloccando di volta in volta le varie proposte. La discussione è infatti tornata all'Ocse che sta continuando i lavori e ha dichiarato, alcuni mesi fa, di essere a buon punto, tanto che per luglio potrebbe far uscire qualcosa. Resta da capire cosa, visto che le pedine al tavolo da gioco sono rimaste sempre le stesse. L'unico cambio è stato in chiave Usa con l'arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca al posto di Donald Trump. Ma il nuovo presidente americano la pensa allo stesso modo del suo predecessore in tema di Web tax. Biden starebbe infatti pensando di colpire ben sei giurisdizioni con tariffe che nel complesso potrebbero ammontare a circa 1 miliardo di dollari all'anno. E tutto questo perché dei Paesi hanno osato toccare i gioiellini americani del tech. Resta dunque da capire se effettivamente a luglio l'Ocse riuscirà a trovare una soluzione globale ma soprattutto di che portata. Perché se si arriverà a un compromesso al ribasso non si potrà di certo dirsi felici della soluzione trovata. Ma in tutto questo discorso si inserisce anche la proposta di Janet Yellen, segretario del Tesoro Usa, fatta a inizio aprile su una corporate tax minima globale. L'obiettivo è non fare uscire gli Stati Uniti dalla competizione fiscale mondiale, visto che nel loro progetto nazionale è previsto l'aumento delle tasse sulle imprese. Questa mossa senza un contrappeso renderebbe gli Usa poco interessanti dal punto di vista fiscale. E dunque si è ben pensato di chiedere la solidarietà internazionale (soprattutto europea) stabilendo una tassa minima globale. L'Unione europea e diversi membri della Commissione Ue si sono mostrati fin da subito entusiasti dell'idea dato che da soli non sono riusciti a tirare le somme neanche per una Web tax di stampo europeo. Resta il fatto che il momento il progetto Yellen non ha fatto passi avanti.
Diego Moretti (Ansa)
I dem che hanno sempre criticato l’ex sindaco Anna Maria Cisint firmano una mozione sul lavoro nei cantieri navali. Ora vogliono superare il modello di immigrazione a basso costo.
«Nella sua campagna permanente contro gli stranieri che a Monfalcone regolarmente lavorano, la Cisint aggiunge un nuovo tema: ora mette in discussione anche le rimesse economiche, annunciando misure per vietarle o limitarle. Una delle tante dichiarazioni che si aggiungono a quelle del passato, sicuramente buone per costruire narrazioni false e per alimentare odio nei confronti dello straniero».
Elly Schlein (Ansa)
La leader Pd dice che la manovra «favorisce solo i ricchi», come se avere un reddito da 50.000 euro lordi l’anno fosse da nababbi. In realtà sono fra i pochi che pagano tasse dato che un contribuente su due versa zero Irpef. Maurizio Landini & C. insistono con la patrimoniale. Giorgia Meloni: «Con me mai». Pure Giuseppe Conte non ci sta.
Di 50.000 euro lordi l’anno quanti ne finiscono in tasca a un italiano al netto di tasse e contributi? Per rispondere è necessario sapere se il contribuente ha moglie e figli a carico, in quale regione viva (per calcolare l’addizionale Irpef), se sia un dipendente o un lavoratore autonomo. Insomma, ci sono molte variabili da tener presente. Ma per fare un calcolo indicativo, computando i contributi Inps al 9,9 per cento, l’imposta sui redditi delle persone fisiche secondo i vari scaglioni di reddito (al 23 per cento fino a 28.000 euro, al 35 per la restante parte di retribuzione), possiamo stimare un netto di circa 35.000 euro, che spalmato su tre dici mensilità dà un risultato di circa 2.600 euro e forse anche meno. Rice vendo un assegno appena superiore ai 2.500 euro al mese si può essere iscritti d’ufficio alla categoria dei ricchi? Secondo Elly Schlein e compagni sì.
Elly Schlein e Vincenzo De Luca (Ansa)
Dopo aver sfidato lo «sceriffo di Salerno» il segretario dem si rimangia tutto. E per Roberto Fico conta sui voti portati dal governatore, che impone ricompense per il figlio. Sulla partita veneta, Ignazio La Russa apre a Luca Zaia nel governo.
«Vinciamo»: il coordinatore regionale di Forza Italia in Campania, Fulvio Martusciello, capodelegazione azzurro al Parlamento europeo, lo dice alla Verità e sembra convinto. L’ennesima manifestazione elettorale di Fi al centro di Napoli è un successo clamoroso: centinaia di persone, il ritratto di Silvio Berlusconi troneggia nella sala. Allora crede ai sondaggi più ottimisti? «No», aggiunge Martusciello, «credo a quello che vedo. Siamo riusciti a entrare in tutte le case, abbiamo inventato il coordinatore di citofono, che si occupa di curare non più di due condomini. Parcellizzando la campagna, riusciremo a mandare a casa una sinistra mai così disastrata». Alla remuntada in Campania credono tutti: da Giorgia Meloni in giù. Il candidato presidente del centrodestra, Edmondo Cirielli, sente aria di sorpasso e spinge sull’acceleratore.
Matteo Zuppi (Ansa)
Il cardinale Matteo Zuppi, in tv, svela la fonte d’ispirazione della sua dottrina sociale sui migranti: gli «industriali dell’Emilia-Romagna». Ai quali fa comodo la manodopera a buon mercato, che riduce le paghe medie. Così poi la sinistra può invocare il salario minimo...
Parafrasando Indro Montanelli, viene da pensare che la Chiesa ami talmente i poveri da volerne di più. Il Papa ha appena dedicato loro un’esortazione apostolica, ma le indicazioni di politica economica ai cattolici non arrivano da Leone XIV, bensì dai capitalisti. E vengono prontamente recepite dai vescovi. Bastava ascoltare, venerdì sera, il presidente della Conferenza episcopale italiana, Matteo Zuppi, intervistato a Propaganda live: l’immigrazione, ha insistito il cardinale su La 7, «è necessaria. Se si parla con qualsiasi industriale in Emilia-Romagna dice che non c’è futuro senza».






