2019-06-15
La Cgil si batte per l’utero in affitto alla faccia delle donne sfruttate
La settimana prossima il sindacato ospiterà un grande convegno a Roma dove saranno presentate due proposte per regolamentare la pratica. Che è già fuorilegge e condannata da Cassazione e Consulta.Il Guardian racconta l'orribile moda «Sono fertili, ma usano le surrogate».Lo speciale contiene due articoli La Corte costituzionale ha spiegato che l'utero in affitto «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane». A maggio, la Corte di cassazione ha ribadito il concetto e ha sentenziato che «non può essere trascritto nei registri dello stato civile italiano il provvedimento di un giudice straniero con cui è stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all'estero mediante il ricorso alla maternità surrogata ed un soggetto che non abbia con lo stesso alcun rapporto biologico». Cioè non si possono registrare come «figli di due madri» o «due padri» i cosiddetti «bimbi arcobaleno». Persino le Nazioni unite, nella persona di Maud de Boer-Buquicchio, rappresentante speciale per i diritti dell'infanzia, spiegano che la surrogazione è, né più né meno, compravendita di bambini. Eppure nel nostro Paese c'è chi non si rassegna. C'è chi ancora si ostina a presentare la maternità surrogata come un «diritto» da difendere. Tra questi testardi profeti dell'utero in affitto c'è pure la Cgil, in particolare l'ufficio «Nuovi diritti». Il prossimo 19 giugno, a Roma, il sindacato ospiterà nella sede nazionale un convegno intitolato «Fecondazione medicalmente assistita e gestazione per altri: la possibilità di un figlio nel 2019». Non sarà semplicemente un'occasione di discussione: durante l'incontro verranno presentate le proposte della Cgil (e di altri che ora vedremo) riguardo alla surrogazione. «Nei mesi scorsi, l'associazione Luca Coscioni, Famiglie Arcobaleno, l'associazione Certi diritti e l'ufficio Nuovi diritti della Cgil da un lato, e il portale di informazione giuridica Articolo29 dall'altro, hanno lavorato per predisporre due bozze di regolamentazione della gestazione per altre e altri», si legge sul sito del sindacato. «Due bozze non in contrapposizione tra loro ma complementari l'una all'altra. Nell'incontro del 19 i due articolati saranno presentati all'opinione pubblica e messi a disposizione dei e delle parlamentari che riterranno di farli propri avviando il conseguente iter nelle sedi istituzionali».Riassumendo: la Cgil si schiera con un'associazione Lgbt e con i rappresentanti radicali, ovvero con i maggiori tifosi dei presunti «diritti arcobaleno». L'obiettivo comune è evidente: rendere possibile il ricorso alla maternità surrogata. «Si partirà da alcuni presupposti ineludibili», spiegano gli organizzatori del convegno del 19. «In primo luogo la necessità di tutela delle bambine e dei bambini che già da anni vengono al mondo attraverso il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita e/o a percorsi di gestazione per altri, bambine e bambini che già esistono e necessitano del pieno riconoscimento dei propri diritti; in secondo luogo la consapevolezza del nesso causale esistente tra un cieco proibizionismo e la possibilità di abuso dei diritti, superabile solo attraverso una attenta regolamentazione nel rispetto del diritto alla salute, alla scienza e all'autodeterminazione di ogni essere umano». Sentite che belle parole: «Tutela dei bambini»; «diritto alla salute»; «autodeterminazione»... Dal sindacato ci si aspetterebbe di sentire termini come «sfruttamento» o «abuso», ma nel comunicato non se ne trova traccia. Strano davvero, visto che le madri surrogate sono, nella quasi totalità dei casi, lavoratrici senza diritti, persone costrette per denaro a noleggiare il proprio corpo e a vendere i bambini che hanno messo al mondo. Abbiamo raccontato, nei giorni scorsi, come i colossi della surrogazione stiano invadendo l'Africa alla ricerca di «manodopera» a costi ancora più bassi, e sarebbe compito del sindacato (che ha pure uffici nel Continente nero) prendere di petto situazioni come queste. Invece no, invece la Cgil, ancora una volta, appare completamente schiacciata sulla difesa dei «diritti Lgbt». Del resto, quando a maggio è uscita la sentenza della Cassazione sui «figli arcobaleno», il responsabile dell'ufficio Nuovi diritti, Sandro Gallittu, si è subito schierato a fianco delle coppie che hanno fatto ricorso alla maternità surrogata. «Siamo a fianco di quei minori e delle loro famiglie», ha detto il sindacalista, «proseguiremo la nostra battaglia in difesa dei loro diritti». Nel 2018, lo stesso Gallittu, assieme a Maria Gigliola Toniollo, arrivò a criticare gli attivisti del gay pride perché non si occupavano abbastanza di utero in affitto. I due esponenti della Cgil definirono la surrogazione «ormai da anni uno dei più importanti elementi delle nostre battaglie» e spiegarono che il tema doveva «essere assunto ed enfatizzato in tutta la sua importanza vitale». Pure Arcilesbica (non certo una congrega di bigottoni cattolici) si infuriò, rispondendo con una lettera rovente: «Sulla surrogazione di maternità c'è un silenzio di tanta sinistra che non è più giustificato: sono ormai note le implicazioni del fenomeno dal punto di vista della salute e della dignità delle donne oltre che di sfruttamento economico», scrissero le militanti lesbiche. «La surrogazione di maternità non è un nuovo diritto, ma un nuovo asservimento, un assoggettamento della gravidanza al mercato, in quanto sottomette la maternità alla produzione e fa della gestante stessa una materia prima». A quanto pare, però, il sindacato continua a battere sullo stesso tasto. Si vede che i diritti delle donne sfruttate vengono dopo quelli delle ricche coppie che possono permettersi di prendere in affitto una madre.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-cgil-si-batte-per-lutero-in-affitto-alla-faccia-delle-donne-sfruttate-2638867439.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="comprano-i-figli-per-non-rovinare-carriera-e-fisico" data-post-id="2638867439" data-published-at="1758137872" data-use-pagination="False"> Comprano i figli per non rovinare carriera e fisico Ogni volta che qualcuno associa la parola «diritti» alla maternità surrogata, bisognerebbe ripetergli le parole che pronuncia Vicken Sahakian. Questo signore è un medico specializzato nella fertilità, ha 25 anni di esperienza alle spalle e lavora al Pacific Fertility Center di Los Angeles, ovvero la clinica delle stelle di Hollywood. Il dottor Sahakian, da anni, si occupa sostanzialmente di far venire al mondo i figli delle celebrità. Nei giorni scorsi ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano britannico Guardian, nell'ambito di un'inchiesta sull'utero in affitto firmata da Jenny Kleeman, e le cose che ha raccontato fanno accapponare la pelle. Ecco la sua prima dichiarazione: «È una questione di soldi. Se hai i soldi, avrai un figlio. È triste, ma è così». A dirlo, vale la pena di tenerlo a mente, non è un battagliero attivista contrario alla surrogazione, ma uno specialista che se ne occupa quotidianamente. In California, per altro, la pratica è assolutamente legale, anzi le madri surrogate sono autorizzate ad affittare il proprio corpo in cambio di un guadagno. E infatti il dottore spiega sereno: «Credo nell'utilizzo di donatori di ovuli e donatori di sperma, questo è quello che faccio. Amo quello che faccio. L'obiettivo finale qui è portare felicità a qualcuno». Già: portare felicità a chi ha i soldi per comprarla sfruttando il corpo altrui. Se cinque anni fa le coppie che si rivolgevano a Sahakian per la surrogazione erano pochissime, oggi i casi sono almeno venti all'anno. Con 150.000 dollari circa di spesa, i ricchi americani si portano a casa un bambino fatto e finito. Che il mercato dell'utero esista, tuttavia, lo sapevamo da tempo. Dall'inchiesta del Guardian, però, emergono nuovi e spaventosi particolari. Si sta affermando una tendenza: le donne fertili e perfettamente sane ricorrono alle madri surrogate per non danneggiarsi il fisico e per non mettere a rischio la propria carriera. Fino ad ora pareva che questo genere di comportamento fosse riservato a personaggi come Kim Kardashian, che in questi giorni ha esibito per la prima volta sui social network il quarto figlio avuto da madre surrogata. Il fatto, però, è che la moda va diffondendosi anche al di fuori dei super vip. A ricorrere all'utero in affitto sono professionisti, attrici e modelle di secondo piano, in generale persone abbienti che vogliono un figlio risparmiandosi scocciature come il parto e la gravidanza. «Un numero crescente di donne va da Sahakian per la “social surrogacy"», scrive il Guardian. «Vogliono avere figli biologici, ma non vogliono portarli in gembo. Non ci sono ragioni mediche per scegliere la surrogata; semplicemente queste donne non vogliono restare incinte, quindi concepiscono i bambini attraverso la fecondazione in vitro e poi assumono un'altra donna per gestire e dare alla luce il loro bambino. È l'ultima frontiera del lavoro esternalizzato». Il dottor Sahakian non si scompone: «Non ho problemi con questa cosa. Se sei una modella di 28 anni o una attrice e rimani incinta, perdi il lavoro. Sì, succede così. Quindi se vuoi usare una surrogata, io ti aiuto». Si sfrutta la madre surrogata affinché il corpo della madre «biologica» possa essere a sua volta sfruttato meglio. Eccolo qui, il nuovo «diritto». Ogni volta che qualcuno vi presenta l'utero in affitto come una grande conquista di civiltà, ripensate alle parole del medico americano.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)