2022-08-15
La carica dei 101 simboli: c’è Draghi
Al Viminale come al solito è arrivato di tutto, anche un logo che cita il premier. Giuseppe Conte fa le Parlamentarie ma intanto blinda 18 fedelissimi. Accuse a Enrico Letta: «Copia la Meloni».Sono complessivamente 101 i simboli depositati al Viminale per concorrere alle elezioni del 25 settembre. A un rapido sguardo, si nota una certa nostalgia per i partiti della prima Repubblica e così compaiono i classici simboli degli anni Ottanta: scudocrociati, edera, garofano, falce e martello. Ma ci sono anche loghi e slogan più o meno fantasiosi, come «Rivoluzione sanitaria», «Follia creativa», «Movimento poeti d’azione», «Sacro romano impero cattolico». Epperò tra gli ultimi depositati ieri c’è anche «Italiani con Draghi - Rinascimento», con tanto di striscia tricolore, unico logo con il nome del premier. Da Palazzo Chigi è arrivato subito l’altolà: «Nessun avvallo dal presidente del Consiglio». Operazione nostalgia anche nella ricomparsa del «Sole nascente» del Psdi, il fu partito di Giuseppe Saragat, che di fatto non esisteva più e non si presentava da anni alle elezioni. Ci sono voluti Luigi Di Maio e Bruno Tabacci che con il loro Impegno Civico prendono tutto pur di superare l’uno virgola, per far confluire lo storico partito socialista nella neo formazione guidata da un ex grillino e un sempre democristiano. Oggi comunque sarà un ferragosto lavorativo al ministero dell’Interno che deciderà in prima battuta sui doppioni, i contrassegni troppo simili fra loro e per questo confondibili dagli elettori. Gli interessati avranno tempo fino a giovedì prossimo per adeguarsi e modificare il simbolo contestato oppure presentare ricorso all’Ufficio elettorale nazionale della Cassazione. Poi ci sarà un’altra settimana di tempo per compilare e presentare le liste, che per chi non ha una deroga dovranno essere accompagnate da almeno 750 firme valide per ogni collegio. Prossimo step il 20 e 21 agosto con la presentazione delle candidature. Il toto nomi è già partito ma l’attenzione è ancora tutta per il programma del Pd che pensa ai diritti e non alla gente e rilancia cannabis, ius scholae, Ddl Zan e fine vita. Il segretario Enrico Letta, convinto che il popolo di sinistra non pensi al carovita, carrello della spesa, bollette luce e gas e benzina come il resto del Paese reale, ha detto in direzione nazionale che tra i punti cardine c’è l’approvazione «subito» del ddl Zan e del matrimonio egualitario, perché «un Paese civile non esclude, non emargina, non ghettizza». Tra una priorità e l’altra, Letta ha pensato bene di copiare un’idea della «pericolosa» Giorgia Meloni e così si è messo in posa e ha registrato un bel video messaggio in tre lingue facendo ciò che gli riesce meglio, screditare l’avversaria politica. Ha raccontato quello che farebbe il centrodestra, chissà con quali prove, se andasse al governo sottolineando le «ragioni per cui la destra italiana non è credibile in Europa». A supporto della Meloni è arrivato un tweet di Guido Crosetto: «C’è chi fa discorsi in tre lingue per raccontare ciò che vorrebbe fare e lanciare un messaggio positivo all’estero e chi lo fa per dire che se vincerà l’avversario l’Italia uscirà da Ue, Nato, Onu, mondo, sistema solare. Il secondo non danneggia l’avversario ma l’Italia». Intanto ieri la leader di FdI ha rilanciato la proposta di riforma del presidenzialismo sui social: «Anni e anni al governo senza vincere un’elezione: per questo alla sinistra fa così paura il presidenzialismo. Ora per governare dovranno vincere. Noi, invece, non temiamo il giudizio degli italiani e vogliamo restituire forza alla volontà popolare». Mentre Silvio Berlusconi ha ribadito che «il Colle è fuori dalla mia testa e comunque non è possibile, da parte della sinistra, fare una campagna di scontri, attaccando e mentendo». Soliti contenuti nel programma del M5s che, alla vigilia delle Parlamentarie, è decisamente irritato contro il leader Giuseppe Conte e la sua decisione di inserire nella votazione anche un «listino del presidente». Il Movimento, infatti, eleggerà una trentina di parlamentari ma sarebbe facoltà del capo politico ritagliarsi lo spazio per 18 candidati, di cui 12 per la Camera e 6 per il Senato. Il rischio è che il voto stesso possa essere falsato, visto che potrebbe capitare che un candidato votato dagli iscritti possa essere scavalcato da uno dei paracadutati del presidente.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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