2024-02-14
La capa dell’Ilva parla e chiede soldi. «Subito 320 milioni o chiudiamo»
Lucia Morselli in audizione prova a smentire di aver svicolato sui dati dell’indotto: «Presentata lista dei fornitori a Sace». Ma contiene i nomi di 78 creditori (su oltre 4.000) senza cifre. Adolfo Urso: «Cambiare rotta ed equipaggio».All’Ilva servono «i danè». Perché senza soldi «non si produce acciaio», e all’azienda servono subito 320 milioni. E ancora: ArcelorMittal ha vinto la gara perché ha fatto un’offerta strepitosa. Se vuole chiudere un’acciaieria il più grande player del mondo ci impiega un pomeriggio e non ha bisogno di spendere 2 miliardi». Sono solo alcuni dei passaggi dell’audizione in Senato di Lucia Morselli, amministratore delegato di Acciaierie d’Italia, sul decreto relativo all'amministrazione straordinaria delle imprese di carattere strategico davanti la Commissione Industria e Agricoltura. «Il problema di Adi non sono gli strumenti per la crisi, il problema è la liquidità che è un diritto di tutte le aziende. Non possedendo l’attivo, non abbiamo accesso al credito. So che i soci stanno ancora lavorando per trovare una soluzione in accordo tra gli stessi», ha sottolineato. «Siamo un’azienda che affitta gli impianti e il nostro affitto scade tra 3 mesi. Con questi presupposti è impossibile, se non molto complicato, trovare accesso a finanziamenti bancari. Abbiamo chiesto ai soci di coprire il fabbisogno finanziario che permetterebbe all’azienda di diventare un’impresa normale, ovvero di possedere gli impianti che usa», ha proseguito Morselli. «Da allora abbiamo ripetutamente chiesto agli azionisti, con molte assemblee e consigli, di provvedere a questo fabbisogno per comprare l’attivo da chi li possiede». La manager ha poi sottolineato che «il piano industriale è stato approvato da entrambi i soci, Invitalia e ArcelorMittal, in assemblea. Dentro, c’erano dei fabbisogni finanziari, pari a 320 milioni e non sono arrivati e sono passati sei mesi», ha detto Morselli. Ricordando anche che l’Italia è stato l’unico Paese a interrompere il sostegno per l’acquisto di energia agli energivori e questo ci ha fatto aumentare i costi per l’energia di 350 milioni. Abbiamo prodotto per quello che potevamo comprare e siamo arrivati a 3 milioni e non 4 milioni di tonnellate, già mi sembra un miracolo». Sullo sfondo, le trattative tra Invitalia e ArcelorMittal stanno proseguendo in un clima di evidente stallo. E di scontro. Non a caso ieri Morselli ha anche chiosato sul fatto che «negli ultimi 15 giorni abbiamo ricevuto visite da parte delle più grandi acciaierie del mondo, ospitando due convegni, a settembre l’azienda è stata visitata da 300 clienti. Non so perché i commissari non abbiano voluto vederla». Prima che l’ad si recasse a Palazzo Madama, Acciaierie d’Italia aveva diffuso una nota comunicando di aver dato sin dalla giornata di lunedì «disponibilità ad inoltrare a Sace l’elenco delle aziende fornitrici interessate alle misure di sostegno del loro credito verso Adi, così come previsto dai provvedimenti del governo attualmente in discussione in sede parlamentare». Lunedì, viene dunque aggiunto, è stato ricevuto da Aigi (l’associazione che rappresenta le imprese dell’indotto) e «immediatamente trasmesso a Sace un elenco di 78 aziende. Ogni ulteriore riscontro da parte delle aziende fornitrici di Acciaierie d’Italia sarà inoltrato con la medesima tempestività». Alle 21 di lunedì è arrivato l’elenco che però risulta ancora parziale, ribattono da Sace, perché nel trasmettere circa 70 nominativi su oltre 4.000 dichiarati lunedì (1.500 sul sito Web) non è stata comunicata la composizione del debito e se effettivamente siano crediti certi liquidi ed esigibili, se eventualmente ci fossero cessioni già effettuate ad altri istituti, se insistono contestazioni/azioni legali eccetera. Ad essere stati inviati sono stati inoltre i numeri forniti dall’associazione e non informazioni estratte dalla contabilità di Adi. Insomma, la tensione sulle informazioni richieste resta. Tanto che il tema dell’elenco incompleto è stato sollevato anche in audizione e Morselli ha risposto così: «La definizione di indotto non esiste; è un’intuizione non una definizione giuridica. Per cui, a fronte di colloqui importanti con loro, ho proposto di chiedere direttamente ai fornitori - tramite associazioni e gruppi - se fossero interessati alle misure. In due ore abbiamo ricevuto 78 manifestazioni di interesse, che ho immediatamente inoltrato a Sace. Presumo che ne arriveranno di più». Morselli è stata poi incalzata sulla composizione del debito. «Quello di questa società è un po' meno di 700 milioni, per un fatturato di 3-4 miliardi. Di questo debito è scaduto solo la metà». Nel corso dell’audizione la manager ha più volte puntato il dito sul decreto cui sta lavorando il governo che, ha detto, «ha l’obiettivo di cancellare tutte le opportunità intermedie di gestione della crisi» gettando una grande incertezza sul piano di risanamento di AdI». In serata è arrivato un commento dal ministro dell’Imprese, Adolfo Urso, che in un’intervista a SkyTg24 ha replicato: «Dato che ArcelorMittal ci ha comunicato di non avere alcuna intenzione di mettere risorse e di investire in azienda, mi sembra chiaro che dobbiamo cambiare rotta ed equipaggio». Quanto a un possibile ingresso dello Stato al posto del socio privato, Urso ha risposto: «Assolutamente no. Il socio pubblico Invitalia ha in queste ore un confronto serrato con la società per per evitare l’amministrazione straordinaria ma altrimenti procederemo verso su questa strada salvando prima le imprese dell’indotto. Se l’azienda ce lo permette, perché Adi non fornisce le informazioni necessarie per salvare l'indotto», ha aggiunto il ministro.