
Nel bilancio 2018 di Euro-Ib ci sono depositi per meno di 200.000 euro e un patrimonio di appena 1,6 milioni. L'istituto di credito non aveva dato all'avvocato massone il mandato per trattare il petrolio russo.Sotto il Rubligate niente. Come raccontiamo da oltre una settimana in beata solitudine (salvo qualche tardiva resipiscenza e scopiazzatura di ieri) la spy story sui presunti fondi neri della Lega assomiglia sempre di più a un film comico. Infatti, se qualcuno ha davvero provato a spillare soldi ai russi a nome del Carroccio, l'ha fatto con una messinscena che nemmeno in Totòtruffa. E così chi ha tentato di spacciare la vicenda dei presunti finanziamenti al partito di Matteo Salvini come il nuovo Watergate, sta facendo i conti con la dura realtà, una specie di riedizione dei Soliti ignoti. I cui protagonisti sono un leghista con la passione per le spie e le russe (Gianluca Savoini), un avvocato massone in difficoltà economiche (Gianluca Meranda) e un ex sindacalista vicino al Pd (Francesco Vannucci). L'ultimo tassello (o forse la pietra tombale) a una storia che si sta trasformando in farsa, l'ha messo Mario Gerevini ieri sul Corriere della sera, con un articolo intitolato «La banca fantasma dell'italiano al Metropol», in cui ha raccontato che Euro-Ib, il veicolo con cui la cricca stava cercando di portare a casa un affare da 1,5 miliardi di dollari è una società «limited», la nostra srl, con «due dipendenti e un bilancio da pizzeria». Va detto che la Euro-Ib probabilmente in questa storia c'è finita senza volerlo. Come ha puntualizzato ieri il presidente Alexander von Ungern-Sternberg, con un passato in Deutsche bank (compresi quattro anni da tesoriere del gruppo) in un lungo comunicato ufficiale. Di certo il presunto affaire moscovita ha messo sotto i riflettori una società che un po' pomposamente si definisce banca boutique di investimenti «con uffici a Londra, Francoforte e ufficio di rappresentanza a Roma». A Londra la sede è stata trasferita dalla City al primo piano di un'anonima palazzina residenziale a un chilometro dal municipio londinese. A Roma l'«ufficio di rappresentanza» era nello studio di Meranda, che a giugno è stato sfrattato. Euro-Ib è regolamentata dalla Financial conduct authority, la Consob britannica, ma il rendiconto finanziario della società, che mostra debiti e crediti e misura le differenze patrimoniali da un anno all'altro, non è certificato, cosa impossibile per un istituto di credito italiano o svizzero. Il che fa assomigliare la Euro-Ib più a una società di promotori finanziari o a procacciatori d'affari. A Londra sono registrati solo due dipendenti, un analista e una segretaria. In Germania dovrebbero essercene altri due, tra cui Frank Eckertz, il responsabile dell'ufficio tedesco. L'Euro-Ib ha tre direttori: von Ungern-Sternberg, Roger Jones e il vercellese Glauco Claudio Gian Renato Verdoia. Verdoia non è dipendente, ma ha diritto a un rimborso spese e alle success fee. Il rendiconto mostra numeri modesti. Gli asset sono costituiti da 3,186 milioni di crediti (buoni o spazzatura?) e da 173.513 sterline di depositi bancari. In pratica il valore di un bilocale a Milano. Il cash in passato sarebbe stato più cospicuo, ma vista l'attività di «arranger» (organizzatore di operazioni finanziarie) e «advisor» (consulente) è stato impiegato. I responsabili della Euro-Ib ci tengono a precisare che per il tipo di lavoro che effettua la società non servono grandi capitali. Nel loro caso si parla di un'attività «back to back» dove i soldi vengono messi a disposizione dai clienti finali a cui viene proposto l'affare. Per esempio il trader che accetta di acquistare petrolio scontato firma una lettera di credito pari all'importo necessario per pagare prodotto e trasporto. La Euro-Ib si limita a mettere in contatto domanda e offerta. Eppure Meranda, nella registrazione del Metropol, contrabbandava questa piccola realtà come una banca di investimenti capace di gestire un'operazione da 1,5 miliardi di dollari.I numeri reali sono ben diversi: la Euro-Ib, dal 2017 al 2018, ha visto crescere i propri crediti di circa 835.000 sterline, pari a 930.000 euro, una cifra che potremmo considerare il fatturato della limited. Per dire la ditta di famiglia dei Renzi, negli anni d'oro, ha avuto entrate sette volte superiori. Dalla Euro-Ib ribattono che essendo quel denaro il corrispettivo di commissioni dell'1 o del 2% significa che la società ha gestito contratti del valore decine di milioni di euro. Ma nella rete è rimasto ben poco. A bilancio c'è anche un finanziamento soci da parte dell'azionista di 1,375 milioni di sterline, cresciuto nel 2018 di 228.000. Di conseguenza il patrimonio netto della società è di 1,673 milioni, suddivisi tra capitale sociale (241.761 sterline), sovrapprezzo delle azioni, riserve e dividendi non distribuiti. Torniamo all'incontro del Metropol. Nel suo comunicato il presidente von Ungern-Sternberg ha specificato di aver stipulato con Meranda, il 12 ottobre 2016, un contratto di soli nove mesi, scaduto, a causa della mancata proroga, il 12 luglio 2017. Il legale avrebbe dovuto attivarsi nei confronti di potenziali venditori di prodotti petroliferi. L'accordo prevedeva che Meranda agisse «nell'interesse» della Euro-Ib e non «per conto», come, invece, il professionista sostiene di aver fatto nell'incontro del Metropol. In ogni caso l'avvocato avrebbe dovuto agire sulla base di «istruzioni scritte» che non gli sarebbero mai state consegnate. Secondo il manager tedesco il massone al centro dello scandalo non aveva esclusive e i suoi guadagni erano solo «success fee», cioè legati a percentuali sui contratti conclusi. Euro-Ib non avrebbe pagato alcun rimborso a Meranda o al suo studio legale. La nota stampa evidenzia anche che l'avvocato sarebbe andato a Mosca di propria iniziativa. Al suo ritorno e «su suo suggerimento», la Euro-Ib ha inviato, il 29 ottobre 2018, non direttamente, ma attraverso Meranda, una richiesta di preventivo di prezzo e condizioni indirizzata alla compagnia petrolifera russa Rosneft per prodotti raffinati. Quanto alla successiva lettera dell'8 febbraio apparsa sull'Espresso, inviata da Meranda a Savoini su carta intesta di Euro-Ib, il presidente fa sapere che la sua società non ne era a conoscenza e che è stata firmata dall'avvocato senza delega. Euro-Ib non avrebbe saputo nulla neanche del fornitore, Gazprom, citato nella missiva, con il quale non ha mai avuto rapporti. Infine von Ungern-Sternberg precisa: «La Euro-Ib non ha mai conosciuto, incontrato o parlato con il signor Gianluca Savoini. Non ha mai conosciuto, incontrato o parlato con alcun membro, rappresentante o funzionario del partito italiano Lega. […] Nessuna transazione è mai stata conclusa tramite il signor Meranda in nessun settore». Infine annuncia possibili azioni legali «qualora le circostanze le richiedessero».
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Il conservatore americano era aperto al dialogo con i progressisti, anche se sapeva che «per quelli come noi non ci sono spazi sicuri». La sua condanna a morte: si batteva contro ideologia woke, politicamente corretto, aborto e follie del gender.