2022-04-15
Johnson fa il duro: blocco navale e rimpatri
La Border Force in azione nella Manica (Getty Images)
Giro di vite del governo inglese contro l’immigrazione clandestina: la Marina militare nel canale bloccherà il passaggio ai barconi (finora già 5.000 arrivi). I controlli dei titoli per l’asilo affidati al Ruanda. E così BoJo tutela pure i salari più bassi.Nei talk show italiani, un po’ tutti dicono di volere un sistema di immigrazione che consenta di «scegliere» chi arriva, in stretta correlazione con le reali esigenze del mercato del lavoro: a parole e in teoria, quindi, tutti d’accordo. Peccato che qui da noi non lo si faccia, mentre nel Regno Unito guidato dal governo conservatore di Boris Johnson, sì. E lo si fa con una pars destruens (varata ieri), volta a scoraggiare l’immigrazione illegale e il traffico di esseri umani, e una pars construens che era già in vigore.Punto di partenza: nemmeno i più feroci avversari di Johnson hanno mai osato descriverlo come uno xenofobo. Notoriamente, Johnson ha forti tratti liberali nel suo conservatorismo: detesta l’immigrazione incontrollata, mentre incoraggia l’immigrazione legale. Il suo stesso governo, su una linea che contraddistingue i conservatori da molti anni, ha figure chiave di origine non britannica: i nonni del 41enne cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak nacquero in Punjab (India), poi vissero in Africa orientale e arrivarono in UK negli anni ‘60; il presidente del Cop 26 e già Business secretary Alok Sharma, 52enne, è nato in India, ed è arrivato nel Regno Unito con i suoi genitori quando aveva 5 anni; l’Attorney general Suella Braverman è una signora 41enne nata da genitori indiani, a loro volta transitati in Kenya e alle Mauritius e poi arrivati in Uk negli anni ‘60. Tutte cose letteralmente impensabili in Italia, e testimonianza di un ascensore sociale che nel Regno Unito consente, anche in una generazione, carriere professionali e politiche eccezionali. Che cosa ha deciso il governo Johnson? Aperture identiche del Telegraph e del Times di ieri: «I migranti nella Manica verranno mandati in Ruanda con biglietto di sola andata». Con un annuncio di Johnson che fa seguito alle intese con il Ruanda raggiunte dalla dinamica Home secretary Priti Patel, si è infatti stabilito che l’analisi dei titoli dei richiedenti asilo avvenga non in Gran Bretagna ma in Ruanda, sull’esempio di quanto fa l’Australia (in quel caso la verifica avviene in Papua Nuova Guinea). Non solo: i migranti verranno comunque incoraggiati a stabilirsi in Ruanda, uno dei Paesi africani con l’economia maggiormente in crescita e con un «record positivo nell’accogliere e integrare gli immigrati», come sottolinea Downing Street.La decisione fa seguito all’incremento dei numeri di coloro che tentano un rischioso attraversamento della Manica su barconi e barchini (l’anno scorso sono stati 28.000; quest’anno, prim’ancora che inizi la buona stagione, sono già 5.000, e si teme una proiezione finale di 65.000 persone che potrebbero tentare la traversata). Johnson è stato nettissimo contro i trafficanti che «stanno trasformando la Manica in un cimitero d’acqua». E ha aggiunto, riferendosi agli immigrati: «Accetto che queste persone siano in cerca di una vita migliore, delle opportunità che il Regno Unito offre, e della speranza di un nuovo inizio. Ma sono queste speranze, questi sogni a essere stati sfruttati» dai trafficanti.Non solo: sempre nel suo discorso tenuto ieri sulla costa del Kent, Johnson ha ufficializzato la scelta di affidare alla marina militare il pattugliamento del canale della Manica. Quindi una sorta di blocco navale, più l’operazione aerea per trasferire in Ruanda i richiedenti. È bene tenere presente che queste misure giustamente severissime si accompagnano a una pars construens che già esisteva. Sulla base di un modello già usato in Australia e in Canada, il governo Uk adotta un programma «a punti». Per entrare legalmente, devi avere 70 punti: conoscere la lingua (10), avere un’offerta di lavoro (20), una specializzazione (20), un salario di un certo livello (20), e così via.Già ci sono degli elementi di flessibilità: il salario può essere più basso in settori dove serve personale, e il possesso di particolari competenze e titoli può assicurare altri punti. Ovviamente, con il tempo, gli elementi di flessibilità cresceranno ancora. E giovani non britannici potranno entrare anche senza avere già un’offerta di lavoro, sulla base di altri punti «extra»: passate esperienze lavorative e particolari qualificazioni sul piano dell’istruzione.Primo obiettivo? Il governo di Londra non ha paura di dichiararlo: vuole che i migliori di tutto il mondo vadano in Gran Bretagna. Non si tratta di chiudere le frontiere, ma di controllare chi arriva, e di cambiare il profilo dei lavoratori che arrivano mentre se ne riduce il numero.Secondo obiettivo? Evitare che i lavoratori stranieri a basso costo deprimano il livello dei salari. Lo ha spiegato mesi fa sul Telegraph sir Iain Duncan Smith, figura di spicco dei Tories: «In nessun’epoca della nostra storia abbiamo accolto così tanti in così poco tempo: 1 milione di persone ogni 3 anni». Ma attenzione: «L’immigrazione incontrollata ha depresso i salari, visto che il lavoro a basso costo significava che i lavoratori britannici con una casa e una famiglia a carico non potevano competere» con i nuovi arrivati. Morale: il governo conservatore fa bene una cosa «di destra» (nel senso che spinge per la competizione e l’attrazione dei migliori) e insieme una «di sinistra» (nel senso che tutela la working class britannica e le classi medie e medio basse). E soprattutto contrasta e scoraggia in modo efficace l’azione di scafisti e trafficanti di esseri umani. Esattamente ciò per cui la maggioranza degli elettori ha voluto Brexit e ha votato Johnson: riprendere il controllo (take control back) di alcuni dossier, immigrazione inclusa.
Ecco #DimmiLaVerità del 7 novembre 2025. Il deputato di Fdi Giovanni Maiorano illustra una proposta di legge a tutela delle forze dell'ordine.
Un appuntamento che, nelle parole del governatore, non è solo sportivo ma anche simbolico: «Come Lombardia abbiamo fortemente voluto le Olimpiadi – ha detto – perché rappresentano una vetrina mondiale straordinaria, capace di lasciare al territorio eredità fondamentali in termini di infrastrutture, servizi e impatto culturale».
Fontana ha voluto sottolineare come l’esperienza olimpica incarni a pieno il “modello Lombardia”, fondato sulla collaborazione tra pubblico e privato e sulla capacità di trasformare le idee in progetti concreti. «I Giochi – ha spiegato – sono un esempio di questo modello di sviluppo, che parte dall’ascolto dei territori e si traduce in risultati tangibili, grazie al pragmatismo che da sempre contraddistingue la nostra regione».
Investimenti e connessioni per i territori
Secondo il presidente, l’evento rappresenta un volano per rafforzare processi già in corso: «Le Olimpiadi invernali sono l’occasione per accelerare investimenti che migliorano le connessioni con le aree montane e l’area metropolitana milanese».
Fontana ha ricordato che l’80% delle opere è già avviato, e che Milano-Cortina 2026 «sarà un laboratorio di metodo per programmare, investire e amministrare», con l’obiettivo di «rispondere ai bisogni delle comunità» e garantire «risultati duraturi e non temporanei».
Un’occasione per il turismo e il Made in Italy
Ampio spazio anche al tema dell’attrattività turistica. L’appuntamento olimpico, ha spiegato Fontana, sarà «un’occasione per mostrare al mondo le bellezze della Lombardia». Le stime parlano di 3 milioni di pernottamenti aggiuntivi nei mesi di febbraio e marzo 2026, un incremento del 50% rispetto ai livelli registrati nel biennio 2024-2025. Crescerà anche la quota di turisti stranieri, che dovrebbe passare dal 60 al 75% del totale.
Per il governatore, si tratta di una «straordinaria opportunità per le eccellenze del Made in Italy lombardo, che potranno presentarsi sulla scena internazionale in una vetrina irripetibile».
Una Smart Land per i cittadini
Fontana ha infine richiamato il valore dell’eredità olimpica, destinata a superare l’evento sportivo: «Questo percorso valorizza il dialogo tra istituzioni e la governance condivisa tra pubblico e privato, tra montagna e metropoli. La Lombardia è una Smart Land, capace di unire visione strategica e prossimità alle persone».
E ha concluso con una promessa: «Andiamo avanti nella sfida di progettare, coordinare e realizzare, sempre pensando al bene dei cittadini lombardi».
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Francesco Zambon (Getty Images)