2023-11-07
L’ipotesi dei due Stati è fantasia, il 7 ottobre ha cambiato la storia
Il presidente del Jewish economic forum Jonathan Pacifici
Il sangue ha svegliato gli ebrei dal sogno del dialogo. Nessun Paese armato nascerà al confine. E non ci saranno altre Shoah.Mentre l’esercito israeliano ha iniziato la bonifica totale di Gaza, nelle cancellerie occidentali ci si comincia a interrogare sul futuro della Striscia e più in generale dei palestinesi e di ciò che resta degli Accordi di Oslo. Molti si sono sbrigati a rispolverare il mantra «due popoli, due Stati», senza rendersi conto di cosa abbia rappresentato per Israele il 7 ottobre.Ci sono già due popoli e due Stati: l’Israele e gli israeliani prima del 7 ottobre e l’Israele e gli israeliani dopo il 7 ottobre. Questa data segna uno spartiacque storico che cambia tutto in Medio Oriente perché cambia fondamentalmente la percezione di sé che hanno gli israeliani. È stato un orribile reality check che ha svegliato in un istante un Paese. Israele ha capito in maniera inequivocabile che non solo dall’altra parte non c’è un partner, come ormai si dice da anni, ma non esistono e non esisteranno i presupposti identitari per un accordo politico. Gli israeliani hanno capito improvvisamente che non c’è nessuna questione territoriale nel conflitto, nessuna rivendicazione politica, nessun elemento che in qualsiasi altro contesto sarebbe gestibile con gli strumenti del dialogo, della diplomazia o della politica. L’Israele laica dei kibutzim e del processo di pace a tutti i costi si è svegliata nel sangue del 7 ottobre e ha dovuto accettare obtorto collo la dura realtà intuita ormai da anni da molte altre anime del Paese. Ci siamo ritrovati con gli orrori della Shoah dentro i più pastorali dei kibutzim. Il conflitto è esistenziale e fonda le sue radici sul più profondo antisemitismo. Non ci vogliono qui, dove qui è inteso come pianeta terra. E allora cosa ne sarà di Gaza, dei palestinesi? Difficile dirlo oggi. Certo nell’Israele del dopo 7 ottobre, si può già dire cosa non sarà. Gli israeliani non consentiranno mai più a nessun governo di tollerare a pochi metri dai propri bambini entità straniere armate. Mai più. Ogni singolo centimetro di territorio dal quale Israele si sia ritirata nella sua storia è diventato più prima che poi una base terroristica. Quand’anche questo è stato fatto lasciando spazio a entità apparentemente «moderate» come la Anp, in breve tempo ci siamo ritrovati con attentati suicidi, cecchini, accoltellatori nel migliore dei casi, e con un vero e proprio stato del terrore, come Gaza, nel peggiore. Gaza, liberata completamente dalla presenza israeliana (compreso il dissotterramento dei morti ebrei dai cimiteri) e diventata Hamastan, è quindi l’archetipo di ciò che succede quando Israele si ritira: una Shoah sui nostri figli che nessuno in Israele tollererà mai più. Questo preclude definitivamente ogni Stato palestinese, con buona pace delle cancellerie occidentali. L’unico interesse degli israeliani da ora in poi sarà solo ed esclusivamente quello della propria sicurezza. È per questo che interessa molto poco in Israele ciò che sarà dei palestinesi. Chiunque incontri per strada ti dirà che la qualità della loro vita sarà inversamente proporzionale al rischio che rappresentano per l’incolumità dei nostri figli. Gaza verrà demilitarizzata e messa in condizione di non nuocere. Non entrerà mai più un solo lavoratore dentro Israele. Vogliono farci uno Stato demilitarizzato, facciano pure, ma Israele continuerà a monitorare attentamente ciò che avviene ai confini. Come si può chiedere a Israele di fidarsi del controllo egiziano che ha permesso l’ingresso di decine di migliaia di missili, bombe ed esplosivi di tutti i tipi? È tutto materiale passato sotto i tunnel di Rafah con la connivenza del Cairo. Ci sarà probabilmente un cuscinetto di qualche chilometro e una separazione totale tra Gaza e Israele. Dubito che qualcuno voglia continuare a fornire gratis acqua ed elettricità al popolo del 7 ottobre. E nei territori? In Giudea e Samaria, finite le ostilità a Gaza, sarà necessaria una bonifica delle sacche terroristiche nei principali centri per evitare che il 7 ottobre si ripresenti in altre aree del Paese. La geografia, per chi la conosce (quindi non per la gran parte dei politici occidentali), rende impossibile qualsiasi spartizione territoriale. È semplicemente impossibile. Quando le cancellerie capiranno ciò pur di ottenere qualche risultato torneranno a chiedere accordi ad interim, una Anp maggiorata e altre formule che possono funzionare solo su qualche mappa nelle capitali europee. «Pensano che abbiamo a che fare con gli svizzeri o i finlandesi», mi confidava esasperato un politico di vecchia data. L’unica vera cosa che avrebbe un senso per migliorare la vita dei palestinesi, mi disse una volta un leader arabo a Hebron, sarebbe estendere lo status dei residenti arabi di Gerusalemme Est su tutti i territori. Diritti civili, ma non politici, come un qualsiasi europeo residente in un altro Stato membro. Possibilità di lavoro, previdenza sociale, libertà di spostamenti e pieni diritti in tutti i sensi, ma non il voto. Non, quindi, l’unica cosa che purtroppo interessa alla maggior parte di loro: la distruzione di Israele tramite la creazione di un altro Stato fallimentare come il Libano o la Siria. Questo gli israeliani del post 7 ottobre non lo permetteranno mai.
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