I titoli alternativi permettono di avere buoni guadagni, sono personalizzabili e compensano fiscalmente altre minusvalenze. Restano comunque strumenti complessi: «Attenti alla distorta percezione del rischio».
I titoli alternativi permettono di avere buoni guadagni, sono personalizzabili e compensano fiscalmente altre minusvalenze. Restano comunque strumenti complessi: «Attenti alla distorta percezione del rischio».Visti inizialmente come strumenti finanziari complessi, i certificati stanno sempre più destando l'interesse di tutte le fasce di investitori. «I certificati», spiega alla Verità Giacomo Chignoli, consulente finanziario di Gamma capital markets, «sono strumenti di investimento altamente personalizzabili e che stanno riscuotendo un discreto interesse negli ultimi anni anche grazie al miglioramento dell'efficienza dei mercati di riferimento. Consentono un'esposizione a un sottostante collegato, che può essere un indice, un paniere di titoli, una valuta, un tasso o anche una singola azione».Il bello è che possono essere usati per compensare a livello fiscale le minusvalenze. «Sia i profitti generati da una vendita in plusvalenza sia i flussi cedolari fanno parte della categoria dei redditi diversi, a eccezione delle cedole di quei certificates che offrono un flusso cedolare non condizionato e una protezione del capitale, in quanto viene a mancare l'aleatorietà del rendimento. Tale caratteristica li rende molto attrattivi per compensare minusvalenze pregresse», dice Chignoli. Certo, mette in guardia l'esperto, «è sempre opportuno verificare presso il proprio intermediario il meccanismo contabile di compensazione, perché abbiamo rilevato che alcune banche lo applicano in maniera differente solo alla scadenza del certificato».Tuttavia l'ampia possibilità di personalizzazione, che è oggettivamente un plus per i risparmiatori, espone ai pericoli di una non adeguata comprensione della complessità dello strumento. «C'è la possibilità di una non corretta percezione del rischio: se la probabilità che non accada un evento è del 99% non è detto che non si verifichi. Anche investitori con ingenti patrimoni, allettati da cedole sostanziose, sono rimasti con il cerino in mano a seguito del verificarsi di un “cigno nero", un evento raro e di difficile previsione», spiega Chignoli.Nella selezione proposta in tabella per La Verità, spiegano gli esperti di Cedlab, piattaforma di analisi del mondo dei certificati, «è possibile trovare idee d'investimento per tutte le esigenze di diversificazione settoriale e geografica del proprio portafoglio. Per l'investitore dotato di una maggiore propensione al rischio vi sono possibilità di alto rendimento annuo, comprese fra l'11% e il 19%, su interessanti basket tematici: il Cash collect memory di Vontobel legato all'andamento di titoli tecnologici cinesi, il Phoenix memory airbag di Ubs con esposizione sul settore turistico globale, il Cash collect plus di Sogen e i due Cash collect memory decreasing coupon di Bnp paribas e Smartetn, composti da titoli, rispettivamente, appartenenti al settore automobilistico e delle energie rinnovabili», dicono. «Certamente la categoria di certificati maggiormente apprezzata dagli investitori, che offre l'opportunità di incassare cedole con cadenza mensile o trimestrale, è quella dei Phoenix memory e Cash collect memory, in alcune occasioni dotati di caratteristiche altamente difensive che permettono di attutire le perdite in caso di forti discese dei sottostanti», ricorda Cedlab.
L’aumento dei tassi reali giapponesi azzoppa il meccanismo del «carry trade», la divisa indiana non è più difesa dalla Banca centrale: ignorare l’effetto oscillazioni significa fare metà analisi del proprio portafoglio.
Il rischio di cambio resta il grande convitato di pietra per chi investe fuori dall’euro, mentre l’attenzione è spesso concentrata solo su azioni e bond. Gli ultimi scossoni su yen giapponese e rupia indiana ricordano che la valuta può amplificare o azzerare i rendimenti di fondi ed Etf in valuta estera, trasformando un portafoglio «conservativo» in qualcosa di molto più volatile di quanto l’investitore percepisca.
Per Ursula von der Leyen è «inaccettabile» che gli europei siano i soli a sborsare per il Paese invaso. Perciò rilancia la confisca degli asset russi. Belgio e Ungheria però si oppongono. Così la Commissione pensa al piano B: l’ennesimo prestito, nonostante lo scandalo mazzette.
Per un attimo, Ursula von der Leyen è sembrata illuminata dal buon senso: «È inaccettabile», ha tuonato ieri, di fronte alla plenaria del Parlamento Ue a Strasburgo, pensare che «i contribuenti europei pagheranno da soli il conto» per il «fabbisogno finanziario dell’Ucraina», nel biennio 2026/2027. Ma è stato solo un attimo, appunto. La presidente della Commissione non aveva in mente i famigerati cessi d’oro dei corrotti ucraini, che si sono pappati gli aiuti occidentali. E nemmeno i funzionari lambiti dallo scandalo mazzette (Andrij Yermak), o addirittura coinvolti nell’inchiesta (Rustem Umerov), ai quali Volodymyr Zelensky ha rinnovato lo stesso la fiducia, tanto da mandarli a negoziare con gli americani a Ginevra. La tedesca non pretende che i nostri beneficati facciano pulizia. Piuttosto, vuole costringere Mosca a sborsare il necessario per Kiev. «Nell’ultimo Consiglio europeo», ha ricordato ai deputati riuniti, «abbiamo presentato un documento di opzioni» per sostenere il Paese sotto attacco. «Questo include un’opzione sui beni russi immobilizzati. Il passo successivo», ha dunque annunciato, sarà «un testo giuridico», che l’esecutivo è pronto a presentare.
Luis de Guindos (Ansa)
Nel «Rapporto stabilità finanziaria» il vice di Christine Lagarde parla di «vulnerabilità» e «bruschi aggiustamenti». Debito in crescita, deficit fuori controllo e spese militari in aumento fanno di Parigi l’anello debole dell’Unione.
A Francoforte hanno imparato l’arte delle allusioni. Parlano di «vulnerabilità» di «bruschi aggiustamenti». Ad ascoltare con attenzione, tra le righe si sente un nome che risuona come un brontolio lontano. Non serve pronunciarlo: basta dire crisi di fiducia, conti pubblici esplosivi, spread che si stiracchia al mattino come un vecchio atleta arrugginito per capire che l’ombra ha sede in Francia. L’elefante nella cristalleria finanziaria europea.
Manfred Weber (Ansa)
Manfred Weber rompe il compromesso con i socialisti e si allea con Ecr e Patrioti. Carlo Fidanza: «Ora lavoreremo sull’automotive».
La baronessa von Truppen continua a strillare «nulla senza l’Ucraina sull’Ucraina, nulla sull’Europa senza l’Europa» per dire a Donald Trump: non provare a fare il furbo con Volodymyr Zelensky perché è cosa nostra. Solo che Ursula von der Leyen come non ha un esercito europeo rischia di trovarsi senza neppure truppe politiche. Al posto della maggioranza Ursula ormai è sorta la «maggioranza Giorgia». Per la terza volta in un paio di settimane al Parlamento europeo è andato in frantumi il compromesso Ppe-Pse che sostiene la Commissione della baronessa per seppellire il Green deal che ha condannato l’industria - si veda l’auto - e l’economia europea alla marginalità economica.




