2020-07-29
Intesa si prende Ubi senza i supplementari
Carlo Messina (Mikhail Metzel/Tass/Getty Images)
Nonostante le barricate, Carlo Messina raggiunge quota 71,9% con due giorni di anticipo rispetto all'extra imposto dalla Consob. L'audio di una filiale imbarazza gli sconfitti e dà il via a un'inchiesta. Ca' de Sass guida il settimo colosso Ue. Il terzo polo è la prossima sfida.Game, set, match. Intesa Sanpaolo chiude la partita su Ubi senza aver bisogno di vedere il risultato dei supplementari decisi dalla Consob allungando di due giorni, ovvero a domani, il termine dell'offerta. Già ieri, infatti, le adesioni hanno raggiunto quota 71,9 per cento dal 43,4 di lunedì. Superando di slancio il 66,7 per cento necessario per controllare l'assemblea straordinaria e procedere alla prevista fusione con la conseguente cessione delle oltre 500 filiali Ubi a Bper, come richiesto dall'Antitrust. Quando l'ad di Intesa, Carlo Messina, ha annunciato l'operazione - lo scorso 17 febbraio, dunque prima del lockdown - numerosi soci storici dell'istituto bresciano-bergamasco hanno subito alzato le barricate. Che sono saltate quando Ca' de Sass ha aggiunto i 57 centesimi cash al concambio da 1,7 azioni per ogni azione Ubi, facendo passare il premio dal 28 per cento iniziale al 44,7 e salire il controvalore monetario complessivo dell'offerta a 4,12 miliardi. Il fronte del no ha così cominciato a perdere pezzi. Dopo il sì già espresso da Cattolica per il suo 1 per cento, il primo azionista istituzionale di Ubi, la Fondazione Crc (al 5,9%), ha aderito all'offerta pubblica di scambio. Lo stesso hanno fatto Fondazione Banca del Monte di Lombardia (al 4) e il Sindacato azionisti Ubi Banca (all'8). D'altronde, le fondazioni erano state chiare: non apprezzavano le condizioni offerte in quanto pensavano non valorizzassero la banca, il suo patrimonio, i suoi soci e il territorio. E alla fine il ritocco ha cancellato le ultime perplessità. Ieri a cambiare idea è stato, infatti, anche il Car, ovvero il patto di consultazione che riunisce circa il 19% del capitale di Ubi. Aggiungendosi alle adesioni arrivate dal retail, dai fondi azionisti e dagli investitori istituzionali. Come «ultimi giapponesi» sono dunque rimasti l'ad di Ubi, Victor Massiah e la presidente, Letizia Moratti, insieme al board che ha bocciato l'offerta fino alla fine. E che, con la fusione, è destinato a fare le valigie. Intanto ieri è apparso sul sito di Repubblica l'audio di una conversazione tra il dipendente di una filiale Ubi nel Bergamasco e un azionista (Roberto Bonfanti, dell'Associazione azionisti Ubi): «L'Ops di Intesa conveniva al 14 febbraio, ma ora in Borsa ci si perde… da noi in filiale non ha aderito nessuno, io le azioni me le terrei», diceva il consulente nella registrazione consegnata insieme a un esposto alla Consob. Che il 26 luglio ha chiesto all'istituto guidato da Victor Massiah di integrare le informazioni relative al calcolatore della quotazione delle sue azioni sul sito Web della banca (richiesta eseguita lunedì, a ridosso della scadenza dell'offerta). La stessa Commissione ha così deciso di allungare di due giorni il periodo di adesione spostando il termine dal 28 al 30 luglio, ovvero domani, per «consentire al mercato e agli azionisti di Ubi di disporre di un quadro informativo idoneo a effettuare scelte consapevoli». Manca ancora un giorno alla conclusione dell'offerta e potrebbero aggiungersi altri fondi facendo salire le adesioni all'80 per cento. Di certo, Messina può procedere con il piano di creare un gruppo da 5 miliardi di utile al 2022, con sinergie che a regime raggiungeranno i 700 milioni, circa 460 miliardi di euro di impieghi e 21 miliardi di ricavi. Parliamo del settimo colosso bancario nella zona euro per proventi operativi alle spalle di Santander (50 miliardi), Bnp Paribas (45), Bbva (25), Bpce (25), Société Générale (25) e Deutsche Bank (22). Il gruppo sarà inoltre terzo per capitalizzazione di Borsa con un valore di 48 miliardi, alle spalle di Bnp Paribas (67 miliardi) e Santander (65). Parte così il consolidamento bancario invocato a più riprese dalla Bce. Attorno ai due pianeti del credito - Intesa e Unicredit - nel nostro Paese potrebbe infatti nascere un terzo polo che accoglierebbe le reduci del mondo Popolare, come il Banco Bpm e Bper o l'eterna promessa sposa Mps, liberata dalla presenza ingombrante dello Stato. Che nella ricerca di marito, magari con la dote rafforzata da un aumento di capitale, è assistita dai consulenti di Mediobanca (advisor anche di Intesa nell'operazione Ubi). Il risiko è solo all'inizio. E forse non solo in Italia. In vista di una nuova stagione di acquisizioni, operazioni come quella su Ubi aiutano a tenere lontane quelle ostili. O a muovere carri armati più forti, se oltreconfine vecchi cacciatori diventeranno prede. «È interesse di Intesa raggiungere dimensioni che le consentano di svolgere un ruolo proattivo nel panorama bancario europeo», ha del resto ribadito più volte Messina.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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