2024-08-27
«Cantai in diretta Rai i rischi della pedofilia sul Web. Da allora solo porte chiuse»
Danilo Amerio, cantautore
L’artista Danilo Amerio: «Ho scritto testi per un sacco di big. Di “Donna con te” di Anna Oxa sono molto fiero. Era nato per Patty Pravo, ma lo rifiutò. Adesso produco come autore».Danilo Amerio è stato un enfant prodige della musica leggera. Era poco più che adolescente quando compose una canzone per Nicola Di Bari, Chi va visto Elena?, che il noto interprete foggiano propose al pubblico spagnolo con il titolo ¿Quién viò a Elena una noche?. Poi scrisse e collaborò alla composizione di brani diventati popolari, da Donna con te a Gente di mare. Decise allora di cantare i suoi testi e ciò avvenne dal 1992 al 1996 sul palcoscenico dell’Ariston, dove, grazie a voce originale e stazza alla Demis Roussos, ottenne vasti consensi. Avendo un’indole visionaria, nel 1999 incise un album profetico che ammoniva sugli snaturamenti indotti dalla tecnologia, come la fecondazione in vitro e, con la Rete ai suoi prodromi, preconizzava la solitudine digitale e paventava i pericoli del commercio on line della pedofilia. Il paradosso che fa pensare è che il picco di ascolti ottenuti su Rai 1, quando il cantautore, classe 1963, nato e residente ad Asti, interpretò, un sabato sera, Il mercato degli angeli, canzone-denuncia sul traffico di contenuti pedo-pornografici su Internet, quel possibile trampolino di lancio si trasformò nella causa del suo allontanamento da ospitate televisive e circuiti della musica che muove ascolti. Com’è nata la sua vocazione per diventare cantautore?«Ho iniziato a suonare a tre anni, un piccolo pianoforte che mi regalò papà. Suonavo, a orecchio, le prime note di Carosello. Allora mia madre intuì che ero portato per la musica. Mi comprarono un pianoforte più grande. A 6 anni facevo concorsi canori e poi andai al conservatorio». Ha scritto brani per noti artisti. «Quello di cui vado più fiero è Donna con te, cantato da Anna Oxa. Ho iniziato con Nicola Di Bari nel ’78 con Chi ha visto Elena, vincendo il primo Disco d’oro - ero un ragazzino -, poi ho scritto per Morris Albert a 15 anni una canzone, altro Disco d’oro, ho collaborato a Gente di mare - Umberto Tozzi e Raf -, agli album di Marco Masini e di Giorgio Faletti, inclusa Signor tenente. Queste opportunità mi sono state date da Giancarlo Bigazzi. Iniziai a collaborare da giovanissimo con questo grande produttore».La Oxa cantò Donna con te all’Ariston. Giunse quarta e fu un successo commerciale. S’immedesimò nella mente di una donna per scrivere quel testo che raccontava quei pensieri d’amore? «Sì, ma non mi sono immedesimato in Anna Oxa. Il brano è nato per Patty Pravo. Abbiamo fatto il provino e, lavorando per portarlo a Sanremo, abbiamo litigato. Allora mi tolsi sia dalla produzione sia dalla casa discografica. Ma eravamo già iscritti a Sanremo con Patty Pravo. Ricorremmo a uno stratagemma per presentare un altro artista con lo stesso brano, perché la produzione di Sanremo lo voleva a tutti i costi. L’abbiamo proposto ad Anna Oxa e gli piacque subito».Perché quella canzone non piaceva a Patty Pravo?«Riteneva volgare il verso: «Le tue mani su di me stanno già forzando la mia serratura». Secondo me, la realtà è che volesse farsi scrivere la canzone da un altro». Al Cantagiro 1992 cantò Buttami via, brano del suo primo album composto e cantato, Lato latino. «Buttami via / se io fossi in te, ti giuro, lo farei». Fu una sua vicenda sentimentale a ispirare questo testo?«Io, all’epoca, ero abbastanza discolo e, quando avevo delle relazioni, cercavo di essere il più possibile onesto. Questa è una delle frasi che ho detto realmente a una mia ex-fidanzata. Le dissi «buttami via tu, perché io non ci riesco»».Si è definito «un cantante non solo di spessore, ma anche di peso». Circola voce che lei sia molto cercato dalle donne. Ha messo la testa a posto? «(ride) Adesso ho smesso. Incredibilmente, quando pesavo tanto, avevo comunque molte donne che mi seguivano e mi volevano. Lì ho capito che non è tanto la bellezza che conta, quanto, probabilmente, la personalità. Da grande non hai più voglia di avere casini e magari t’innamori, come in questo momento è, della mia fidanzata». A Sanremo 1994 cantò Quelli come noi, brano sulla mobilità generazionale. «Figlio di figli di operai / Diceva sempre mio padre a noi / Io più lavoro / E più i soldi non bastano mai». Arrivò terzo. Lei è figlio di operai?«Mio papà era un elettricista e mia mamma, casalinga. Questa è una canzone autobiografica. Sono cresciuto in una famiglia semplice, dove poter darmi una mano artisticamente era molto complicato. Ho avuto la fortuna di incontrare qualcuno che mi ha aiutato come Giancarlo Bigazzi e di avere genitori intelligenti che non mi hanno mai costretto a fare cose che non volevo». Incontrò Little Tony, in ospedale, reduce da un infarto in Canada. Nacque la canzone che portò a Sanremo. «Era il 2006. Stavo lavorando a dei brani per il suo album. Mi chiamò il suo manager informandomi di ciò che era successo in Canada e raccontandomi di volerlo ricoverare in Italia. Andai a trovarlo a Monza e quanto l’ho visto, seduto sul letto, mi fece molta tenerezza: «A Danì, nun po’ fini’ così». Andai in studio ad Asti e, in un paio d’ore, cosa che non accade mai, mi uscì tutto. Glielo feci sentire al telefono - era appena rincasato - e si mise a piangere: «Questo sono proprio io, dobbiamo portarlo a Sanremo». Così lo proponemmo a Baudo. Little Tony cantò Non finisce qui all’Ariston nel 2008 e si classificò nono».Poi duettò con Mietta a Sanremo ma anche con Pierangelo Bertoli in 301 guerre fa. Che volevate dire con questo brano? «L’ho scritta io con Luciano Boero, era un brano che parlava della guerra, dell’ultima guerra futura in cui si sarebbe combattuto con i bastoni, un punto di non ritorno dopo quella atomica. L’abbiamo proposta a Pierangelo e ci ha messo qualche frase. L’abbiamo cantata insieme, lui una voce molto bassa e io molto alta, gli piacque questo contrasto». Fece altri album. Poi compose Ali digitali. Abbiamo letto i testi, pregevoli. «È un concept album uscito nel 2002 che parla della tecnologia quando non era ancora così avanzata. Ho scoperto questo negli Stati Uniti, nel 1999, quando in Italia usavamo il computer per poche cose. Vidi una signora che ordinava il pane in Internet. Poi chattava con una sua amica… Mi posi un sacco di domande: cosa succederà? Come diventerà il mondo con questa tecnologia? L’album ha avuto poca promozione perché non è stato capito». Un verso di Ali digitali: «Ho mille incontri al giorno e non incontro nessuno […] / Un milione di cuori legati alla Rete». Uno di Milioni di soli: «Ci illudiamo di comunicare da una stanza singola / milioni di soli / noi no, non ci scaldiamo più».«Ci si convince di essere insieme a tante persone. Chatto con un mio amico in Giappone che non ho mai incontrato e probabilmente non conosco neanche il mio vicino di casa. Lo dicevo nel 1999 e devo dire che sono stato abbastanza profeta». Pelle di vetro: «Se nascerò questa notte / avrò attorno a me solo vetro / come pelle fredda addosso». Un brano sulla fecondazione in vitro. «Sì, perché tutto l’album era improntato sulla tecnologia, la fecondazione in vitro era una delle cose più fantascientifiche, ora sono arrivati quasi alla clonazione».All’utero in affitto sicuramente. «Penso che la natura debba essere rispettata in tutti i sensi. Io amo la tecnologia, ma uso il computer solo per registrarla la musica, che deve venire dall’essere umano, dal cuore, dai sentimenti. Credo che la natura debba essere rispettata anche per fare figli». La copertina raffigura un uomo come fosse in croce. È credente? «Sì, sono credente ma non è questo il problema. Il problema è che la tecnologia mette in croce l’essere umano. Era questo il senso di quell’immagine, la tecnologia in quel momento stava cominciando a mettere in croce l’essere umano, adesso l’ha totalmente flagellato». Il mercato degli angeli denunciava la pedo-pornografia su Web: «Sotto un cielo di coriandoli / coi vestiti da angeli già gli somigliate un po’ / […] Ma chi sono quei demoni / travestiti si collegano e / abili si nascondono / e a volte impuniti rimangono…». «L’essere umano ha due facce e, spesso, quella più terribile è nascosta. La pedofilia c’era anche prima. Ho immaginato però cosa sarebbe potuto accadere con il Web, e siamo arrivati a questo. Si vendono armi, droga, bambini e ciò significa che ci sono persone che li acquistano». Già un film del 1999, Delitto a luci rosse, con Nicholas Cage, parlava del commercio di snuff movie, video con violenze reali fino all’omicidio, nel deep web. Propose il brano su Rai 1. «In un varietà del sabato sera, Amore mio (diciamo così), del 2003, condotto da Claudio Amendola. Rischiarono e me lo dissero subito: «cerchiamo di fare un’operazione che non si sa come andrà a finire»». Come andò a finire? «Me l’hanno fatta fare alle 11 di sera. La trasmissione, in diretta, aveva circa 6 milioni di telespettatori e, quando sono passato io con il brano, ci fu un picco di 10 milioni. Quindi, probabilmente, chi di dovere e non so chi, si è spaventato così tanto che mi hanno chiuso tutte le porte e non sono più riuscito a entrare da nessuna parte. Poi Claudio mi disse «guarda è successo un casino»».C’è anche da dire che l’argomento è delicato e qualcuno, in teoria, avrebbe potuto male interpretarlo. Adesso cosa fa?«La mia parentesi da cantante è durata circa dal 1992 al ’96. Poi ho continuato a produrre come autore, magari per ragazzi giovani, quello che ho sempre fatto. Lo faccio ancora, ma ho voglia di tornare anche come cantante. Nel 2024 ho partecipato a The voice senior per far capire a tutti il mio desiderio e stiamo lavorando a questo».Secondo lei, un artista, in Italia, è libero di esprimersi?«Esprimersi in Italia è difficile, perché devi aver a che fare con un sacco di ostacoli che sono le case discografiche, le tv, le ideologie. Sono le ideologie a bloccare di più gli artisti».
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