2024-12-08
Ingerenze in Romania? Sì, ma dall’Occidente
Calin Georgescu (Getty Images)
La decisione della Consulta di Bucarest di ripetere le elezioni non è stata influenzata da Mosca, ma dalle élite liberal-progressiste che hanno imposto il loro colonialismo culturale. E se la gente è stufa e si ribella nelle urne, intervengono per modificare i risultati.Da qualche tempo sembra che sia diffusa a sinistra una notevole - e sorprendente - preoccupazione per le sorti dell’Occidente. Maurizio Molinari, illustre firma di Repubblica, ha appena dato alle stampe un saggio in cui spiega come le autocrazie (dell’Est soprattutto) stiano minacciando le democrazie liberali, provando a inquinarle. Ieri, sulla Stampa, l’autorevole politologo Marc Lazar spiegava che dalle nostre parti «si torna a criticare la democrazia come negli anni Trenta del 1900» e che «il malcontento ricorda i tempi del comunismo e del fascismo», mentre «il rigetto del mondo occidentale è lo stesso teorizzato in Russia e in Cina».Tutto ciò è estremamente curioso per varie ragioni. La prima è di carattere storico. Ad angustiarsi per la democrazie e le presunte ingerenze russo-asiatiche sono esponenti di una cultura politica che fino all’altro ieri si è retta sull’ingerenza straniera. Le sinistre europee sono (non soltanto, ovvio, ma in larga parte) eredi dei partiti comunisti che hanno prosperato grazie ai finanziamenti delle dittature rosse, dall’Urss alla Ddr passando per Cecoslovacchia e Romania. Pur non avendo mai affrontato a fondo questo legame e non avendolo mai elaborato storicamente e psicologicamente, oggi si sentono in diritto di fare la morale ai loro avversari i cui rapporti con i governi stranieri sono decisamente meno dimostrabili e rilevanti.C’è, poi, una questione decisamente più importante, di carattere culturale e politico. Per comprenderla bisogna porsi una domanda fondamentale: che cos’è, esattamente, l’Occidente? Quello che si fonda sul retaggio europeo, edificato sulle fondamenta romane e cristiane oppure la caricatura in cui lo hanno trasformato decenni di decostruzione? I liberal e i progressisti che oggi si struggono per le sorti della civiltà occidentale sono gli stessi che brigano da tempo immemore per distruggerla, smantellandola pezzo dopo pezzo.Sì, probabilmente è tutto vero: ci sono autocrazie che diffondono messaggi propagandistici; esistono Stati-civiltà asiatici che alimentano l’astio nei riguardi dell’Occidente e di ciò che rappresenta. Posto che anche le democrazie occidentali si basano sulla propaganda e alimentano il disprezzo dell’altro (e non da oggi), dovremmo piuttosto chiederci per quale motivo questi messaggi attecchiscano così facilmente. La risposta è che larghe fette della società occidentale condividono un profondo rigetto non della democrazia e dell’Occidente, ma di ciò che essi sono diventati.I primi nemici dell’Europa sono le élite liberal-progressiste che hanno snaturato l’idea di Occidente, che ne hanno calpestato i valori antichi e che hanno imposto una sorta di totalitarismo soft basato sull’affermazione di alcune parole d’ordine riguardanti l’ecologismo, i presunti «nuovi diritti», le guerre da combattere, la scienza eccetera. Sono le stesse élite che cercando di osteggiare ogni forma di critica, che utilizzano il controllo sociale e tentano di colpire quanti si fanno portatori di un pensiero differente. I primi a sostenere queste élite traditrici sono i partiti e i movimenti di sinistra, che si fingono preoccupati per la democrazia solo quando le poche procedure democratiche rimaste premiano i loro rivali.Un esempio clamoroso di questo cortocircuito è fornito da quanto sta succedendo in queste ore in Romania. Călin Georgescu, una sorta di conservatore con tratti destabilizzanti in stile Donald Trump, ha vinto al primo turno delle elezioni ed ecco che la Corte costituzionale le ha annullate paventando «ingerenze russe». È un copione che si ripete da qualche mese ogni volta che si va al voto nell’Est Europa: le élite europeiste si mobilitano per bloccare i politici sgraditi accusandoli di intelligenza con il nemico.Ora, può ben darsi che Georgescu sia una figura discutibile. Ma è illuminante è ciò che scrive di lui il grande intellettuale cristiano Rod Dreher. Egli spiega che il politico romeno «ha beneficiato del diffuso disgusto degli elettori romeni nei confronti delle élite politiche del paese. Ora», continua Dreher, «nel disperato tentativo di prevenire la resa dei conti per il loro cattivo governo, le élite stanno cercando di scavalcare la democrazia per mantenere il potere con, ovviamente, il sostegno di Washington».Dreher ha chiesto alle sue fonti romene chi sia a rappresentare i cittadini che si sentono traditi dai loro leader. Forse la destra locale? «Mi hanno risposto che il partito di destra romeno è fondamentalmente a favore degli affari, a favore di Bruxelles e socialmente liberale». I lettori di Dreher - cristiani, conservatori legati alle proprie tradizioni e alla cultura profondamente europea - «non hanno voce in Parlamento». O, almeno, non l’avevano e probabilmente l’hanno trovata in Georgescu. «Da quello che ho sentito», scrive Dreher, «Georgescu ha il sostegno della Chiesa ortodossa romena. Rappresenta il profondo risentimento che la maggior parte dei romeni nutre nei confronti dell’Occidente per aver spinto (in parte attraverso politici rumeni compiacenti) l’ideologia Lgbt in un Paese conservatore. […] Nell’Europa centrale e orientale, la gente comune si risente a morte per questa offensiva di guerra culturale da parte degli Stati Uniti, di Bruxelles e delle Ong occidentali. Sin dal primo mandato di Barack Obama, la promozione dei diritti Lgbt è stata una parte fondamentale della politica estera degli Stati Uniti e ha profondamente alienato i popoli delle nazioni alleate dell’Europa orientale. Lo vedono, giustamente, come una forma di colonialismo culturale».Il colonialismo culturale è esattamente quello che ha subito la nostra fetta di Europa nella seconda metà del Novecento. Questo colonialismo ha cambiato il volto dell’Occidente e provoca rigetto in una fetta consistente dei popoli europei. Per questo alcune forme di propaganda straniera hanno tanto successo: perché questo Nuovo mondo è molto facile da criticare, persino da odiare. Perché la prima minaccia alla democrazia viene dal nostro interno e non da fuori. O, certo, può anche darsi che i russi facciano propaganda. Ma non è Mosca a ostacolare le elezioni: sono i sedicenti democratici a cui la libertà piace soltanto se è libertà di fare i loro comodi.
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