2022-12-17
Infrastrutture vecchie e inefficienti. Così abbiamo perso 77 miliardi di export
Secondo la ricerca promossa da Consorzi agrari, tutti i settori produttivi pagano dazio per gli scarsi investimenti nei trasporti.Mettiamola così: nelle mani di Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture, c’è la tenuta o meno del sistema economico italiano. Lo spiega una ricerca di Divulga, il think tank di studi economici che ha tra i suoi partner Consorzi agrari d’Italia (Cai), il maggior player nei servizi all’agricoltura, che ha fatto i conti delle inefficienze del sistema logistico, infrastrutturale e dei trasporti. La rete scassata e vecchia ci è costata quest’anno oltre 77 miliardi di mancato export. Una spia rossissima per un governo come quello di Giorgia Meloni che punta molto, se non tutto, sul made in Italy. Qualcosa, per la verità, nel mese di ottobre si è mosso. L’Istat ha misurato un disavanzo commerciale di 2,123 miliardi. Considerando il peso della bolletta energetica, è un risultato non disprezzabile, tenendo conto che a settembre lo sbilancio era stato negativo per 6,5 miliardi. Se paragonato, invece, ai dati dell’ottobre di un anno fa che erano positivi per 2,216 miliardi si deve registrare un persistente arretramento del valore prodotto dall’export. C’è, dunque, la necessità di rilanciare le nostre vendite all’estero che sono - evidenzia la ricerca di Divulga - zavorrate proprio dal sistema logistico che ha pesato per il 15% del valore delle nostre esportazioni pari, cioè, a oltre 77 miliardi di mancati introiti. Frenati da questi ritardi logistici sono tutti i settori: la moda ci rimette 8,22 miliardi, l’agroalimentare 7,8 miliardi, il settore dei macchinari oltre 20 miliardi, la chimica paga 13 miliardi e il comparto dei metalli ci rimette oltre 9 miliardi di euro. Ce n’è abbastanza per caricare sul Pnrr (oltre il 20% del pacchetto è destinato alle infrastrutture) forti aspettative e per sperare che il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini appunto, dia un colpo di acceleratore alla modernizzazione delle reti in Italia. La ricerca di Divulga è partita da un dato, quello del World economic forum, che indica il nostro Paese in diciassettesima posizione tra quelli più industrializzati per consistenza ed efficienza della logistica e del sistema di trasporto. Siamo tra gli ultimi in Europa, distantissimi da Singapore, Paesi Bassi e Hong Kong che sono i leader. Ma in fortissimo ritardo rispetto anche a Giappone e Stati Unti, che sono nostri competitor in molti segmenti merceologici. Ciò che emerge dall’elaborazione del centro studi Divulga è l’asimmetria del nostro modello di trasporto, tutto sbilanciato sulla gomma con l’88% delle merci movimentate attraverso le strade. È un dato molto superiore alla media Ue (77%). Non tenendo conto dei Paesi piccoli come Cipro, Malta, Irlanda, Grecia e Danimarca, che oltretutto hanno una geografia particolare, l’Italia è al secondo posto in Europa dopo la Spagna per quantità di merci movimentate su gomma. Gli elementi di criticità sono peraltro quelli che la cronaca economica ci offre di continuo. Se c’è un punto di crisi in forte accentuazione è quello del trasporto aereo. Siamo scivolati al diciannovesimo posto per efficienza e consistenza del trasporto aereo e certo la vicenda senza fine di Alitalia diventata Ita non aiuta. Paradossale è, invece, il dato del trasporto marittimo tenendo conto che abbiamo oltre 7.500 chilometri di coste. Ebbene, in questa classifica, noi che siamo una sorta di pontile piazzato in mezzo al Mediterraneo da dove transita gran parte delle merci proveniente da Oriente - non è un caso che i cinesi stiano puntando sul porto di Taranto dopo aver conquistato quello del Piero in Grecia e che i tedeschi si siano presi le banchine di Trieste dove Cisco, il colosso di Pechino, aveva tentato il blitz che sta portando avanti in Puglia -, siamo addirittura ventiquattresimi. Non è un caso che il viceministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Edoardo Rixi, abbia annunciato al Forum dello shipping che si è tenuto nei giorni scorsi a Genova, che il governo vuole, entro il prossimo anno, varare la riforma dei porti. Già il 21 dicembre ci sarà «il primo tavolo con i presidenti delle autorità di sistema portuale per individuare la migliore soluzione in grado sia di fare crescere i traffici sia di dare alle Authority la governance migliore». Ciò detto per superare il gap logistico e tentare di recuperare parte di quei 77 miliardi persi, pare indispensabile accelerare sull’ammodernamento del trasporto ferroviario dove siamo al quindicesimo posto nella classifica del World economic forum e attraverso cui movimentiamo appena il 12% delle merci contro una media europea del 17%. L’intervento da fare è il raddoppio delle «corsie» (solo il 47% della rete è a doppio binario) per recuperare un ritardo complessivo accumulato soprattutto negli ultimi dieci anni in cui - ha misurato Divulga - «gli investimenti in infrastrutture hanno subito una battuta di arresto media annua del 2,8% (superiore ai Paesi dell’Eurozona dove la contrazione è stata dell’1,8%) che ha portato a un calo di oltre un terzo della spesa annua». Da qui al 2026 si stima, però, un possibile recupero con investimenti in crescita del 2,6% l’anno tenendo conto che il 20% dei 190 miliardi del Pnrr è destinato alle infrastrutture, dove si dovrebbe arrivare a un investimento complessivo che supera i 100 miliardi. Facendo il conto della serva in un anno e mezzo di export sarebbe ripagato.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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