2022-12-17
Influenza peggio del Sars-Cov-2? Si sa da mesi
Giorgio Palù (Imagoeconomica)
Ammissioni di Giorgio Palù tardive e insufficienti, dopo che l’immunità è stata compromessa da lockdown e richiami.Oncologo alla SapienzaPer Giorgio Palù, presidente dell’Aifa, il Covid «non è più una pandemia», è «meno letale dell’influenza». Verrebbe da dire: meglio tardi che mai. Eppure la cosa lascia l’amaro in bocca, considerato che questa tardiva ammissione non può bastare. Perché tardiva? Perché era evidente già dai primi mesi del 2022 che il profilo clinico ed epidemiologico della malattia era profondamente mutato con l’emergere della variante Omicron. In questa prospettiva, il Covid non dovrebbe essere più un’emergenza collettiva, ma un problema specifico di alcune categorie affette da gravi patologie. Ed è solo nei confronti di costoro che avrebbe senso parlare di un richiamo vaccinale, purché eseguito con un vaccino vero, prodotto con virus attenuato, volto a coprire l’intera gamma dei coronavirus. Dispiace ricordare che scrivevo quanto sopra già da aprile 2022, sfidando le ire del mainstream. Oggi sembra che ne convengano tutti, anche se alcuni talebani persistono nel voler diffondere paura a piene mani, quando non scadono nel parossismo ridicolo di affermare che «comunque, se siamo influenzati, è bene restare a casa al caldo». Perciò non è più ammissibile che la verità esca fuori a singhiozzo. Non basta dire che il Covid oggi preoccupa meno dell’influenza. Bisogna andare fino in fondo all’analisi critica del fenomeno che ha stravolto le vite di milioni di cittadini nel corso degli ultimi tre anni. E ricordare che la protezione offerta dai vaccini della Pfizer e di Moderna è temporanea ed evanescente, dato che crolla al 50% già del terzo/quarto mese, mentre il beneficio a carico anche dei fragili è stato assicurato solo grazie a ripetute somministrazioni. Una strategia che, come ha sottolineato Jama in questi giorni, non è più sostenibile. I dubbi sull’efficacia sono quindi ampiamente confermati e non si capisce perché ostinarsi lungo questa strada, prenotando scorte di vaccino che, come ha giustamente ricordato l’attuale ministro della Salute, devono essere decise in autonomia dai singoli Stati. Escono altresì avvalorate le preoccupazioni circa gli eventi avversi. Dovremo attendere ancora, prima che anche questo doloroso aspetto venga finalmente riconosciuto e si decida non solo di affrontarlo sotto il profilo medico, ma di studiarne la consistenza epidemiologica, che va molto al di là di quanto segnalato a tutt’oggi. Il continuo richiamo vaccinale ha verosimilmente compromesso in tanti casi il sistema immunitario, come suggerito dallo stesso andamento che sta assumendo l’influenza stagionale. Interrogato sul punto, Palù ha fornito una risposta criptica. Diciamolo con parole semplici: le misure di protezione fisica (lockdown e mascherina), unitamente allo stimolo ripetuto del vaccino, hanno indebolito il sistema immune che oggi si trova «disarmato» anche rispetto a una comune influenza. Pensare di imbrigliare l’immunità, nella presunzione di sapere tutto su un apparato che fino a pochi decenni fa ci era ancora del tutto sconosciuto, è una attestazione di sicumera foriera di guai. Anche per questo l’aver addossato ai «non vaccinati» la responsabilità degli insuccessi nel contrasto alla diffusione dell’epidemia è stato non solo un gesto vigliacco, ma un errore strategico grave finalizzato a coprire ben altri problemi. La situazione sanitaria sta deragliando perché mancano investimenti, medici e infermieri. Mentre ci si preoccupa ancora di istruire processi ideologici contro i medici che sollevano dubbi e critiche - e magari a questi andrebbe chiesto scusa! - la medicina di base e ospedaliera va a rotoli. È venuto il tempo di ripensare criticamente quanto è stato fatto in Italia, e passare al setaccio l’impianto su cui si sono articolate la gestione dell’epidemia e le misure che ne sono scaturite. Ulteriori misure non potranno essere accettate se non a valle di un confronto con l’intera comunità scientifica e nell’alveo di un dibattito realmente democratico, che deve investire il Parlamento e altre istituzioni. Il tempo delle ammissioni parziali è finito.
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