2025-01-31
Tutte le incredibili coincidenze del caso Almasri
Il generale libico Osama Almasri Habish Najeem (Ansa/Courtesy Fawaselmedia.com)
Sono davvero numerose le coincidenze che ruotano intorno al caso che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di mezzo governo. La prima della serie l’abbiamo raccontata ieri e riguarda il curioso braccio di ferro sui voli di Stato fra il procuratore di Roma che ha firmato la comunicazione a Giorgia Meloni e il sottosegretario Alfredo Mantovano, pure lui finito sotto inchiesta per la liberazione dell’aguzzino libico.Da quanto abbiamo appreso, il capo della Procura di Roma era solito volare tra la Capitale e Palermo su un aereo dei servizi segreti, probabilmente per ragioni di sicurezza. Ma da quando al governo c’è il centrodestra, quella «navetta» privilegiata tra casa e ufficio non è stata più concessa e il magistrato che guida il pool di pm romani a quanto pare non ha gradito, appellandosi contro la decisione di Mantovano perfino al presidente della Repubblica. Ovviamente la questione non ha nulla a che fare con la scarcerazione e il recente rimpatrio di Almasri. Tuttavia, colpisce che i protagonisti siano gli stessi: da un lato chi indaga e dall’altro, nella veste di accusato, colui che ha negato il volo di Stato al procuratore che ora contro di lui esercita l’azione penale. Ma quella tra Lo Voi e Mantovano non è la sola curiosa coincidenza. Anche Luigi Li Gotti, l’avvocato che con il suo esposto ha provocato l’iscrizione nel registro degli indagati di Meloni, Mantovano, Piantedosi e Nordio, è in qualche modo collegato al magistrato che dirige la Procura di Roma e al sottosegretario della Meloni. Infatti, nella sua lunga carriera, il legale ed ex sottosegretario alla Giustizia del governo Prodi ha difeso alcuni importanti pentiti di mafia, che a quanto pare erano seguiti proprio da Lo Voi, che ebbe poi a scontrarsi con Mantovano per la parcella che pretendeva come patrocinante di Giovanni Brusca, l’uomo che sciolse nell’acido il piccolo Giuseppe Di Matteo. Pure in questo caso non c’è un legame con la vicenda del carceriere libico messo frettolosamente su un aereo e rispedito a Tripoli e però c’è un sottile legame, ma si può chiamare anche lontana conoscenza, tra chi ha denunciato il presidente del Consiglio, unitamente ai suoi ministri, e chi quella denuncia l’ha ricevuta.Qualcuno potrebbe pensare che tutto ruoti intorno all’ufficio giudiziario della Capitale e il minimo comune denominatore sia sempre Francesco Lo Voi, ovvero colui che lo guida. Ma invece le curiose coincidenze riguardano anche la Corte penale internazionale, o meglio, la sua Procura. Karim Khan è l’avvocato inglese che davanti al tribunale dell’Aja rappresenta l’accusa ed è dunque colui che ha chiesto di arrestare il torturatore del carcere di Tripoli. Tuttavia Khan, che di recente ha fatto spiccare un mandato di cattura contro Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu, oltre a essere chiacchierato per alcune accuse di molestie sessuali, ha anche un sorprendente passato. Infatti, prima di assumere il ruolo di procuratore e di perseguire dittatori e i crimini contro l’umanità, Khan a quanto pare difendeva i dittatori e pure alcuni soggetti accusati di crimini contro l’umanità. Una contraddizione? No, perché, come ci è stato spiegato a proposito della denuncia di Luigi Li Gotti, un conto è fare l’avvocato di delinquenti che ammazzano un bimbo sciogliendolo nell’acido, un altro è indignarsi contro i delinquenti se si sta dall’altra parte, ovvero non più da quella del difensore ma dell’accusatore. Sta di fatto che Khan, dopo essere stato il legale di un dittatore keniota e del figlio di Gheddafi, Saif (del cui processo presso la Corte penale peraltro si è persa traccia), ora si occupa di inseguire un torturatore libico, che probabilmente ha fatto apprendistato nelle galere di Tripoli quando ancora c’era il rais. Un inseguimento un po’ particolare perché, come abbiamo scritto, per giorni, mentre Almasri si aggira per l’Europa, nessuno si dà molto da fare ma poi, dopo aver manifestato dubbi sulle prove fornite dalla Procura, la Corte penale ha un sobbalzo ed essendo arrivato in Italia finalmente emette un mandato di cattura contro quello che Li Gotti chiama boia. Tutto chiaro? Tutto regolare? Ovvio. Con la sola curiosa fretta di arrestare Almasri appena mette piede nel nostro Paese e di iscrivere Giorgia Meloni e i suoi ministri appena il carceriere libico viene restituito a Tripoli. «Il nostro non era un atto dovuto», pare abbia detto Lo Voi, «ma obbligato». Chissà che cosa sono, se sono dovute, obbligate o facoltative, quelle risposte di cui parliamo in questa pagina che, sollecitate dalla commissione Covid, dopo essere state inviate allo stesso Lo Voi a metà novembre, hanno ricevuto risposta solo ieri. Beh, certo, in questo caso stiamo parlando di una faccenda che ha riguardato milioni di italiani e non solo Almasri. Dunque, meglio andarci con i piedi di piombo. Anzi, forse è meglio non andarci affatto.