2018-10-10
In mezzo alle rivolte, poche e disarmate. In carcere le guardie sono i veri detenuti
In due anni i feriti sono passati da 921 a 1.175 I prigionieri sono 8.600 di troppo, un terzo dei quali stranieri. È stato un settembre di vera violenza: troppi sono gli agenti penitenziari finiti in ospedale per episodi simili, da Trieste ad Agrigento.Che cosa sta accadendo nelle prigioni italiane? Due giorni fa, a Lucca, un agente della polizia penitenziaria è stato aggredito da un detenuto brasiliano solo perché non gli aveva permesso di uscire dalla saletta ricreativa mezz'ora prima dell'orario regolare. Sempre lunedì, a Cosenza, un recluso che (al contrario) non voleva tornare dall'infermeria nella sua cella ha spedito all'ospedale un agente con 15 giorni di prognosi. In effetti, ottobre è cominciato proprio male. Già nei primi giorni del mese c'erano state due aggressioni violente: il 3 a Cassino, dove un detenuto africano ha sfregiato un agente con la lametta da barba, proibitissima in cella, che il poliziotto stava cercando di sottrargli; e il 6 a San Gimignano (Siena), dove tre agenti di custodia sono stati feriti mentre tentavano di sedare una rissa tra maghrebini armati di lamette e di bastoni. Ma il mese precedente non era andato meglio. Anzi, settembre forse ha segnato il record dell'anno: dall'arcipelago carceri sono emerse 24 aggressioni in 21 istituti, per una cinquantina di agenti feriti. E questo solo a scorrere i casi più eclatanti, quelli denunciati dai sindacati di categoria. Gli episodi di violenza quotidiana, sostengono, sono in realtà molto più numerosi e continuano ad aumentare: «Nel 2015», conferma alla Verità Donato Capece, segretario del Sappe, Sindacato autonomo della polizia penitenziaria, «avevamo subito 921 ferimenti, saliti a 949 nel 2016 e poi cresciuti ancora a 1.175 nel 2017. Alla fine di giugno, quest'anno, eravamo già a 571 feriti. Il 2018 sarà il peggiore della storia».In settembre lo stillicidio è stato a dir poco impressionante. Il primo del mese, nel carcere La Dogaia di Prato, un sudamericano ha aggredito con una lametta quattro agenti, ferendone gravemente uno alla gola. Il giorno dopo, nella prigione cagliaritana di Uta, un detenuto doveva essere riaccompagnato dall'infermeria all'isolamento ma per protesta si è scagliato con una lametta contro due poliziotti. Il giorno ancora dopo, a Campobasso, un agente è stato aggredito da un recluso che pretendeva integratori alimentari fuori orario: il poliziotto, cadendo, ha battuto la testa ed è stato ricoverato in prognosi riservata. Nel carcere di Lanciano, vicino a Chieti, sono rinchiusi 260 detenuti: dovrebbero essere sorvegliati da 135 agenti, ma raramente il loro organico supera i 90. Il 4 settembre un magrebino ha cercato di scavalcare il muro del cortile del passeggio. I pochi poliziotti presenti sono accorsi, ma sono stati ostacolati e malmenati dagli altri detenuti. Solo per miracolo l'evaso è stato fermato in tempo, alla porta carraia. A Foggia otto agenti l'11 settembre sono finiti all'ospedale, perché intossicati dal fumo dei materassi bruciati dai detenuti dopo un giorno di violenze: «Lì solo per un caso non c'è scappato il morto», dice Aldo Di Giacomo, a capo dello Spp, Sindacato di polizia penitenziaria. Due giorni dopo, sempre a Foggia, uno dei 550 reclusi ha rotto a pugni e calci tre costole a un agente. È stato un settembre di vera violenza: troppi sono gli agenti penitenziari finiti in ospedale per episodi simili, da Trieste ad Agrigento. Certo, l'aggressività è fomentata dall'affollamento. Alla fine del mese sorso, nelle 190 prigioni italiane c'erano 59.275 detenuti e per la fine dell'anno quota 60.000 quasi certamente verrà superata. È una tendenza che dura almeno dal gennaio 2017, quando i detenuti erano 55.381. I reclusi stranieri, spesso i più aggressivi, sono 20.098: più di un terzo del totale. La «capienza regolamentare», cioè la formula che indica i posti davvero disponibili, è ferma a quota 50.622. Insomma, i reclusi in soprannumero sono 8.653. Davanti a questo esercito che cresce, gli agenti in campo sono sempre meno: «Prima della riforma Madia eravamo 45.000», calcola Capece del Sappe, «oggi siamo 36.500 e solo 17.000 sono di guardia negli istituti». Per ogni agente ci sono più di tre detenuti, insomma. «E ormai sono i padroni delle carceri», protesta il sindacalista. A sentir lui, «troppi direttori non applicano più nemmeno le flebili sanzioni previste per le violazioni dei regolamenti. È una politica scellerata, i detenuti fanno quel che vogliono e sono impuniti. A noi brucia la pelle, non siamo stati assunti per prendere botte».Nel programma di governo, firmato lo scorso giugno da Luigi Di Maio e Matteo Salvini, si leggeva che «bisogna provvedere alla preoccupante carenza di personale di polizia penitenziaria con un piano straordinario di assunzioni». È questo, forse, che brucia: gli agenti si sentono abbandonati. Il 19 settembre 2017, quando ancora non era ministro dell'Interno, Salvini s'era infilato in una loro protesta, davanti a Montecitorio, e aveva firmato un volantino nel quale i sindacati chiedevano più organici e migliori condizioni di lavoro: «Io», aveva dichiarato il segretario della Lega, «mi preoccupo per voi, che siete i veri detenuti, in balìa di delinquenti per 1.300 euro al mese». E aveva promesso: «Ci diamo appuntamento il giorno dopo le elezioni, e se andiamo a governare facciamo quel che nel vostro volantino c'è scritto su organici e strumenti difensivi».L'altra partita aperta è proprio quella dei taser, le pistole elettriche che le altre forze di polizia sperimentano da un mese. Lo scorso 2 settembre - stavolta dal Viminale - Salvini ha dichiarato: «Da parte mia non c'è nessun problema a estendere alle carceri la sperimentazione del taser: deve però decidere il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, perché la polizia penitenziaria dipende da lui». Alla Verità, fonti vicine a Salvini fanno sapere che il ministro oggi non ha cambiato idea e insisterà. Finora però i taser in carcere non sono mai arrivati, e per gli agenti penitenziari il decreto Sicurezza non li prevede proprio. Leo Beneduci, segretario dell'Osapp, un altro sindacato della categoria, scuote la testa: «I detenuti invece hanno a disposizione un arsenale di spranghe, lamette, fornellini, coperchi di scatolette…».