2021-08-23
«In Europa non si sono fermati perché il trattamento funziona»
L'ematologo del San Matteo di Pavia, Cesare Perotti : «Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna hanno allargato la sperimentazione alle Rsa. Da noi il ministero tace e l'Aifa non si è ancora pronunciata ufficialmente».«Non abbiamo interrotto la somministrazione e tanto meno la sperimentazione. Abbiamo creato una banca del plasma e siamo pronti a fornirlo a chi ce lo chiede e a usarlo nelle emergenze. La terapia funziona e non ha effetti collaterali. Chi dice il contrario è forse perché ha seguito metodologie di somministrazione diverse». Cesare Perotti è direttore del Servizio immunotrasfusionale del policlinico San Matteo di Pavia, che per primo con il Poma di Mantova ha sperimentato la terapia del plasma iperimmune per curare i malati di Covid. A marzo 2020 l'American society of hematology telefonò a Perotti chiedendo il protocollo per la cura del plasma iperimmune elaborato a Pavia. Negli Stati Uniti la pandemia non era ancora cominciata ma le istituzioni sanitarie sapevano che sarebbe arrivata presto. Perotti ha risposto subito alla richiesta e di lì a poco la Food and drug administration, l'ente governativo Usa che regolamenta i prodotti alimentari e farmaceutici, ha autorizzato la terapia.In Italia la cura con il plasma iperimmune è stata scandita da numerose polemiche sulla sua efficacia. Ora l'ennesima battuta d'arresto. Qual è la situazione?«Il policlinico di Pavia ha raccolto plasma fino a fine maggio 2021 e poi ci siamo fermati perché non c'era più richiesta dei nostri reparti e da altri ospedali. I vaccini hanno cominciato a dare effetto anche se ora notiamo, con la variante Delta, un aumento dei casi. Abbiamo comunque 210 unità di plasma a disposizione se ce ne fosse bisogno». La sperimentazione si è fermata?«Assolutamente no. Noi continuiamo a lavorare essendo capofila di un gruppo di studio dell'Ue, con tedeschi, francesi e spagnoli, che si occupa di analizzare tutti i lavori scientifici che stanno uscendo riguardo all'utilizzo di plasma iperimmune. Sono più di 8.000 e stiamo studiando materiali e metodi di raccolta del plasma. L'obiettivo è definire linee guida comuni europee per un utilizzo corretto del plasma. Magari non servirà per questa pandemia ma per future emergenze. Non ci siamo fermati nemmeno nello scambio di informazioni con gli Stati Uniti: la Vanderbilt university ci ha invitato alla presentazione del loro studio sulla terapia».In tutto il mondo, le polemiche maggiori sono state in Italia dove la terapia ha visto la luce. Alcuni studi sostengono che non abbia efficacia.«La polemica è spesso sollevata da cattedratici che prendono una posizione preconcetta. Il plasma iperimmune per funzionare deve avere un'elevata quantità di anticorpi neutralizzanti e dev'essere dato con tempestività. Il fattore temporale è determinante. Faccio un esempio. Se diagnostico una meningite e somministro un antibiotico il malato guarisce, ma se lascio passare 15 giorni può anche morire. Allora di chi è la responsabilità? Della medicina o del medico? Lo studio della Vanderbilt university dice che il problema dell'inefficacia del plasma iperimmune rilevato in alcuni casi dipende dal metodo di raccolta. Se il plasma utilizzato ha pochi anticorpi, è anche poco efficace. La comunità scientifica per arrivare a conclusioni valide deve parlare la stessa lingua. Non si deve difendere una tesi a ogni costo, ma analizzare i punti forti e quelli deboli. Noi non ci siamo fermati. Nella seconda e terza ondata del virus, abbiamo trattato oltre 200 pazienti. Stiamo analizzando i dati raccolti in quel periodo e quelli retrospettivi degli ospedali che hanno seguito questa terapia in tutta Italia».Quando saranno pronti i risultati di questo studio?«Penso tra ottobre e novembre».Che efficacia ha il sangue con anticorpi raccolto da pazienti guariti contro la variante Delta?«Lo stiamo verificando. Sta per uscire uno studio americano che nel verificare l'efficacia del plasma iperimmune tiene presente anche il luogo in cui è stato prelevato. Non è ininfluente se il paziente donatore vive in un'area dove i casi di Delta sono pochi. Questo ragionamento dovrebbe essere considerato da chi critica facilmente».Tra gli scettici sull'efficacia della terapia c'è anche l'Aifa. Il suo studio nazionale dice che «non è stata osservata una efficacia statisticamente significativa nell'end-point primario tra il gruppo trattato con il plasma e quello trattato con terapia standard». «Innanzitutto vorrei precisare che i risultati dello studio non sono stati ancora pubblicati su una rivista scientifica. Abbiamo solo un comunicato dell'8 aprile 2021. Io non avendo chiaro alcuni punti dello studio e della metodologia dei dati raccolti, ho declinato la mia partecipazione». E la posizione del ministero della Salute?«Non c'è una posizione ufficiale».Come mai tutto è fermo?«Semplicemente perché il vaccino sta dando risultati e ci sono poche richieste per la terapia. Dobbiamo vedere che cosa succederà a settembre e ottobre per effetto degli spostamenti estivi. Noi abbiamo le scorte e siamo pronti a ricominciare. Per correttezza le dosi di plasma vanno testate anche contro la variante Delta». Quanto ci si mette?«Otto-dieci giorni».Gli altri Paesi procedono?«Francia, Germania, Inghilterra e Spagna non si sono mai fermati. Anzi, hanno avviato protocolli di infusione anche nelle Rsa. Attendiamo i risultati».