2018-04-24
Gli scafisti non fanno le consultazioni. In appena due giorni oltre 1.400 sbarcati
Le Ong hanno ripreso a fare servizio taxi, gli accordi con la Libia stanno franando. Risultato: il circo migratorio riparte da capo.Aprile è il più crudele dei mesi, diceva il poeta. Di sicuro è quello che, con i suoi accenni di estivo tepore, favorisce la ripresa in grande stile dell'invasione. Che, in realtà, non è mai cessata, ma almeno sul versante libico aveva rallentato un po'. Nel fine settimana appena trascorso, tuttavia, l'argine si è rotto di nuovo: quasi 1400 sbarchi in due giorni, un naufragio con 11 morti, 263 migranti recuperati e riportati al punto di partenza dalla guardia costiera libica. In una parola: il caos. A tutto questo dobbiamo aggiungere gli arrivi di nordafricani sulle coste della Sardegna, quasi quaranta persone giunte qui attraverso la rotta algerina. Nulla che non si potesse prevedere. Con la bella stagione, da sempre, il traffico nel Mediterraneo si intensifica. Da settimane, poi, fonti di vario genere continuano a ripetere che in Libia ci sono migliaia e migliaia di persone in attesa di partire per l'Europa. Soprattutto, però, quel che è accaduto nei giorni scorsi certifica il fallimento pressoché totale delle politiche migratorie portate avanti dai governi italiani in questi anni, in particolare quelle orchestrate dal ministro dell'Interno Marco Minniti. Le Ong, nonostante le polemiche e le indagini portate avanti con grande difficoltà da alcune Procure dotate di grande coraggio, hanno ripreso a scorrazzare liberamente per il mare, riprendendo a pieno regime la consueta funzione di taxi. Tra sabato e domenica, la nave Aquarius di Sos Mediterranée ha preso a bordo 538 persone; la Proactiva Open arms, da poco dissequestrata, ne ha prese a bordo 134; altre 94 sono salite sulla Sea Watch. Un recupero, quest'ultimo, particolarmente drammatico. Secondo gli attivisti della Ong, infatti, i migranti si sarebbero gettati in acqua all'arrivo di una motovedetta libica, gridando «No Libia!». È facile immaginare che questo episodio servirà a rafforzare la campagna, in corso ormai da parecchie settimane, contro la guardia costiera libica. L'imbarcazione dell'organizzazione spagnola Proactiva era stata sequestrata dopo che gli attivisti si erano rifiutati di lasciare i migranti nelle mani dei libici, sostenendo che costoro violino regolarmente i diritti umani. Gli accordi fra Italia e Libia, del resto, fin da subito sono stati presi di mira, non soltanto dagli operatori delle associazioni «umanitarie», ma pure dalle istituzioni internazionali. Poco importa che il nostro Paese abbia investito energie e denaro nella formazione della guardia costiera locale: la volontà comune è che gli stranieri in partenza dalle coste africane arrivino qui, che lo vogliamo oppure no. La decisione del gip di Ragusa che una settimana fa ha rimesso in mare la nave di Proactiva va esattamente in questa direzione. Secondo il giudice, la Libia è «un luogo in cui avvengono gravi violazioni dei diritti umani (con persone trattenute in strutture di detenzione in condizioni di sovraffollamento, senza accesso a cure mediche e a un'adeguata alimentazione, e sottoposte a maltrattamenti e stupri e lavori forzati)». Nei fatti, dunque, il gip stabilito che le Ong possono, anzi devono, portare in Italia tutte le persone recuperate in mare. Ciò significa che i profeti dell'accoglienza possono dormire sonni tranquilli: il grande circo dell'invasione è destinato a riprendere esattamente come un anno fa. Le elezioni sono dietro le spalle, e il governo a trazione Pd non ha più bisogno di salvare le apparenze e non è più in grado di bloccare le partenze con qualche gabola. Tanto più che, in Libia, la situazione è ancora più complicata di prima. La morte del generalissimo Khalifa Haftar ha gettato ulteriore scompiglio in un territorio già funestato da bande di ogni tipo. Se gli accordi con i libici erano traballanti già mesi fa, ora sono aria fritta, e il flusso di questi giorni lo dimostra. I tentativi di arginare i taxi del mare si sono infranti sul muro dell'ideologia, si sono sbriciolati sull'inossidabile retorica immigrazionista. Questa mattina, per altro, si dovrebbe conoscere la decisione della Cassazione sulla Iuventa, la nave della Ong tedesca Jugend Rettet bloccata dall'agosto scorso. Se anche quella tornasse a solcare le acque, il disastro sarebbe completo. I risultati li abbiamo sotto gli occhi: in due giorni, quasi 1.500 persone arrivate sulle nostre spiagge. Circa un quarto di quelle giunte in tutto il resto dell'anno. E la situazione non è certo destinata a migliorare. Mentre la Francia manda altri agenti alla frontiera del Monginevro e rafforza i controlli, sembra che a noi tocchi rassegnarci a restare terra di conquista. Il fatto è che la crisi migratoria non si può risolvere per via giudiziaria, anche se il lavoro di pm come Carmelo Zuccaro è stato fondamentale, perché, se non altro, ha scoperchiato il calderone dell'ipocrisia. Non bastano nemmeno gli accordi friabili con le tribù libiche o con qualche governo con poca (o nessuna) autorità. Serve un'azione politica a vari livelli, che tenga conto dell'Europa, dell'Africa e dell'affollatissimo Mediterraneo. Insomma: serve un governo determinato. Cosa che, per ora, rimane un sogno.
Jose Mourinho (Getty Images)