2018-11-23
Le élite spaventate scavano
trincee contro i populisti
Studio del «Guardian» sul fenomeno in 31 Paesi. L'ascesa delle destre è globale. E le élite per difendersi zittiscono Steve Bannon.I populisti sono in rapida ascesa in tutta Europa. Negli ultimi 20 anni non hanno fatto che crescere, passando da forza marginale a elemento che rischia di essere maggioritario nelle prossime elezioni europee. Ciò sta mettendo in subbuglio anche i maggiori centri di ricerca e think tank internazionali. Cominciano a essere ora presentati i risultati, raccolti da accurati studi del quotidiano britannico The Guardian, sulle elezioni politiche nazionali degli ultimi 20 anni in 31 Paesi europei con la collaborazione di 20 scienziati politici di primo piano. Vent'anni fa i populisti erano ancora una forza marginale ma nelle ultime elezioni hanno conquistato un voto ogni quattro, e una posizione centrale nel quadro politico. Ma secondo le proiezioni sono ancora in crescita, e ciò non tranquillizza affatto la maggior parte dei centri studi, legati in un modo o nell'altro a quelli dei poteri tradizionali. «Oggi è difficile capire la politica senza tener conto del populismo», ammette il professor Matthijs Rooduijn, sociologo della politica dell'università di Amsterdam, che ha guidato il progetto di ricerca del Guardian. «Molti dei più significativi sviluppi politici, come il referendum per la Brexit e l'elezione di Donald Trump sono ormai incomprensibili al di fuori di esso. Il suo terreno di crescita è sempre più fertile e i partiti populisti sempre più capaci di ottenere riconoscimenti». Ma quale è la ragione di questo sviluppo? I sostenitori del populismo sostengono che esso difende l'uomo della strada nei confronti dei diritti consolidati e dalle posizioni di rendita, e quindi è una forza vitale della democrazia. Ma i suoi critici sostengono che il populismo al potere spesso sovverte le regole democratiche o indebolendo l'informazione, o calpestando i diritti delle minoranze. Di fronte allo scenario di continuo sviluppo di voti e influenza del campo populista comunque il Guardian, tradizionalmente laburista ma anche con una forte e qualificata componente popolare, lancia sei mesi di studi e ricerche per capire meglio e approfondire il fenomeno: chi siano i populisti, cosa li ha portati al potere e come lo esercitano. Dal materiale raccolto fino a ora molti prevedono che dalle prossime Europee uscirà alla Camera dei 751 parlamentari europei un numero di deputati delle destra populista maggiore di quanto si sia mai visto fino a ora. E già si predispongono - come vedremo fra poco - attenzioni e misure giuridiche e istituzionali per cercare di evitare che ciò possa accadere. Uno sguardo panoramico sul fenomeno mostra comunque che a un primo sviluppo del populismo «di sinistra», cresciuto soprattutto nel periodo immediatamente successivo allo scoppio della crisi economica, ma oggi lontano da posti di comando al di fuori della Grecia, è succeduto quello della destra populista, guidata da Matteo Salvini e Viktor Orbán, figure oggi alla guida del populismo internazionale. Nel frattempo il populismo non si è affermato comunque solo in Europa. Oggi leader populisti sono stati eletti - come ricorda lo studio del Guardian - ai posti di comando di cinque delle sette maggiori democrazie del mondo: l'India, gli Stati Uniti, le Filippine, il Brasile e il Messico.È anche per questo che c'è una grande agitazione nel mondo politico internazionale per cercare di privare intanto i populisti europei della consulenza e partecipazione di Steve Bannon, già consulente di Donald Trump e fondatore nell'ultimo anno a Bruxelles del movimento The Movement di ispirazione populista. Bannon è molto interessato a coordinare e supportare le numerosissime formazioni populiste presenti nel continente. Ma sempre il Guardian, nella sua inchiesta ad ampio raggio sulle prospettive del populismo oggi, avrebbe appurato che in nove dei 13 Paesi in cui Steve Bannon vorrebbe operare, ne sarebbe impedito dalle istituzioni: i comitati elettorali e importanti ministeri. La ragione addotta per impedire la collaborazione tra i partiti populisti e Bannon sarebbe l'interferenza di Stati esteri nelle elezione dei vari Stati. Ma io non sono uno Stato, sostiene Steve Bannon, molto «cool», senza scomporsi. Ha dichiarato al Guardian: «Non c'entro nulla con la Russia, i cinesi, o altra gente che cerchi di influenzare la situazione. Sono un privato cittadino. E non sono un uomo della Casa Bianca».I due soli Paesi dove Bannon potrebbe operare liberamente, secondo la versione del Guardian, sarebbero l'Olanda, dove Geert Wilders si è dichiarato molto interessato, e l'Italia, dove però l'accesso sarebbe impedito (per lo meno ad aiuti economici) dall'approvazione della nuova legge sul finanziamento ai partiti. Bannon ha comunque dichiarato che non intende fare nulla che violi le leggi di vari Paesi, anche se rimane molto interessato ad aiutare in tutti i modi possibili e leciti i movimenti populisti. È certo però che anche il nervosismo sulle mosse di colui che è stato certamente uno dei principali attori della vittoria di Donald Trump rivela l'attuale insicurezza (e anche aggressività) delle strutture di potere precedenti ai successi del movimento populista.